Alaska

Milano, 18.11.2015

Presente da una quindicina di giorni sui nostri schermi l’opera di Claudio Cupellini non riesce a sfondare pur essendo un film umano che racconta della caoticità dei nostri tempi. Lo abbiamo scelto anzitutto perché ricorda Parigi come città dell’amore (ed in giorni come questi dove l’associazione della città al terrorismo è costante, rammentare che esistono altre dimensioni è importante). La storia infatti parte dall’incontro tra Fausto e Nadine, ambedue alla ricerca della felicità, in un albergo della capitale francese per poi vivere una serie di eventi tutt’altro che felici, resi attraverso il racconto delle loro vite parallele. Il film è stato inserito nel genere thriller ma in realtà è una drammatica rappresentazione (seppur molto cinematografica) delle fortune e delle sfortune che possono capitare in questi anni dove l’Alaska rischia di essere lo stato d’animo prevalente e dove la freddezza si accoppia con l’avidità. Infatti il possibile aspetto sentimentale dell’inizio viene totalmente abbandonato per far precipitare i nostri eroi in vicende dove la fortuna si ribalta e la criminalità ha il sopravvento. Un film così romanzesco naturalmente tiene solo se si avvale di una sceneggiatura ben scritta ed Alaska è tra questi. Un film drammatico sull’amore che racconta come la ricerca della felicità spesso coincide con l’ambizione ed il dramma ma anche come  le persone che ci condizionano sono  la ricchezza in tempi così confusi.