Milano, 26.9.2016
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La vicenda riguarda un lavoratore licenziato per aver tenuto un comportamento litigioso con il personale che lui stesso aveva il compito di formare. La questione risale al 2013 . M.Z. da 5 anni dipendente dell’azienda della Valle Seriana , veniva licenziato per l’ennesimo scontro con altri colleghi. Assistito dall’Ufficio Vertenze della Cisl, i primi tre gradi di giudizio hanno dato ragione alle tesi sostenute dal lavoratore, che ha sempre sostenuto di aver subito pratiche di demansionamento, ottenendo la reintegra in servizio. L’azienda ha fatto ricorso in cassazione con la certezza che al massimo avrebbe corrisposto un’indennità risarcitoria al lavoratore. Invece, secondo la Suprema Corte, il comportamento del lavoratore non può essere considerato causa di licenziamento. “Secondo la Cassazione – continua Catalano – è dunque sbagliata la tesi secondo cui, dimostrato il comportamento contestato, al dipendente spetta sempre e solo il risarcimento. Bisogna anche vedere se tale comportamento può definirsi illecito. Ebbene, se il lavoratore è semplicemente scontroso con i colleghi o con i clienti, dovrebbe essere punito solo con una sanzione conservativa e non con il licenziamento: in tal caso scatta la reintegra. Ma l’interpretazione della Suprema Corte è andata ben oltre, visto che permetterà l’ampliamento della tutela normativa nei confronti dei lavoratori. Grazie a una nostra causa – conclude orgoglioso Catalano -, la giurisprudenza supera i limiti delineati dalla riforma in senso favorevole al lavoratore”.