Milano, 26.09.2016
La trentenne documentarista torinese Irene Dionisio esordisce sul grande schermo con un film originale: la lettura della povertà attraverso le vicende delle persone che sono costrette ad impegnare i loro beni per sopravvivere. Laureata in filosofia ed allieva di registi quali Daniele Segre e Marco Bellocchio si era dedicata sino ad ora al documentario sociale affrontando temi come quelli dell’emigrazione e della diseguaglianza di genere; ora manda sui nostri (pochissimi) schermi Le ultime cose, ambientato nei locali del banco dei pegni di Torino e presentato a Venezia nell’ambito della settimana della critica. Conosciamo in questo modo Stefano che vi lavora con il compito di attribuire i prezzi appunto a quelle ultime cose che la gente non può più permettersi di possedere e Sergio che si occupa burocraticamente delle aste. Ma seguiamo anche le vicende di personaggi che si aggirano nel sottobosco come pensionati, approfittatori, o transessuali. Per definizione un simile film viene definito neorealista e tale lo diventa non solo per la pochezza dei mezzi a disposizione ma anche per l’intelligenza con il quale il film è girato. Ambienti e luci che ben rendono la tragicità, quasi funerea, delle vicende ma anche riflessione sulle nuove povertà e sulle diseguaglianze di questa nostra società. Non ci resta che augurare il successo ad una giovane regista che esordisce con un film coraggioso e l’invito ad andare al cinema e sostenerlo.