Birdman

Milano, 2.3.2015

Dopo il trionfo agli Oscar (Miglior film,  miglior regia a Alejandro González Iñárritu, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia) prosegue il cammino di Birdman. Il film è anzitutto un capolavoro di virtuosismo tecnico dimostrando cosa può fare oggi, con la tecnica digitale, il piano-sequenza (sostanzialmente una unica ripresa senza stacchi) che dura per quasi tutto il film. Con la pellicola ci aveva provato Alfred Hitchock con Nodo alla gola girato apparentemente senza stacchi ma tutto girato all’interno di un solo ambiente. Iñárritu invece vaga con la videocamera per le strade, sui tetti e nel cielo, oltre che all’interno di un teatro, luogo privilegiato dell’azione del film. Assistiamo infatti al tentativo di un attore apprezzato per i film spettacolari (interpretava appunto “l’uomo uccello”) di affermarsi come grande attore teatrale mettendo in scena un lavoro tratto da un racconto di Carver  “ Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” e già questa scelta ci avvicina ad un grande autore cinematografico come Altman che, appunto ispirandosi a Carver, aveva girato America oggi. Di Altman assume anche lo sguardo critico verso la società dello spettacolo ma vi aggiunge una riflessione sui nuovi media (conta più facebook che la prestigiosa testata della stampa) oltre alla critica all’ego dei divi che si sentono protagonisti di una vita recitata più che vissuta. Molte le tematiche di un film avvenieristico nella tecnica ma anche denso di contenuti (i rapporti familiari, la vita degli artisti e la loro vulnerabilità, la società dello spettacolo, ecc.) che si avvale non a caso di un attore che ha al suo attivo appunto l’interpretazione nel ruolo del primo Batman (Michael Keaton). Non un capolavoro ma certamente un film interessante e stimolante.