Cinema e lavoro – Bread and roses

Milano, 28.11.2016
 
REGIA: Ken Loach   SOGGETTO: Paul Laverty  SCENEGGIATURA: Paul Laverty  FOTOGRAFIA: Barry Ackroyd  MUSICHE: George Fenton  MONTAGGIO: Jonathan Morris  SCENOGRAFIA: Martin Johnson  COSTUMI: Michelle Michel (Michele Michel) INTERPRETI : Adrien Brody , Pilar Padilla, Elpidia Carrillo , Jack McGee, Monica Rivas , Lillian Hurst , Frank Davila, Mayron Payes , Melody Garrett, Maria Orellana, Gigi Jackman, Beverly Reynolds, Eloy Méndez, Elena Antonenko, Olga Gorelik , Sherman Augustus , Alonso Chavez, Blake Clark, José Jiménez, George Lopez, Estela Maeda , Julian Orea, Javier Torres, Jesus Perez, Roscio Saenz , Vanessa Angel  (non accreditata), Lara Belmont  (non accreditata), Robin Tunney  (non accreditata), Stephanie Zimbalist (non accreditata), William Atherton (non accreditato), Cooper Campbell  (non accreditato), Benicio Del Toro  (non accreditato), Oded Fehr  (non accreditato), Stuart Gordon  (non accreditato), Rick Otto  (non accreditato), Ron Perlman  (non accreditato), Chris Penn  (non accreditato), Tim Roth  (non accreditato), Samuel West (non accreditato), Tony Rizzoli, Clement Blake, Richard Bravo, Neal Baer, Ted Baer, Terry Anzur, Pepe Serna, Tom Gilroy, Tom Michael Bailey, Greg Montgomery, David Steinberg. PRODUZIONE Parallax Pictures, Alta Films S.A., Alta Producción S.L. Unipersonal, Bim, Bskyb, Bac Films, British Screen Productions, Cinart, Degeto Film, Filmfour, Filmcoopi Zürich, Filmstiftung Nordrhein-Westfalen, La Sept-Arte, Road Movies Filmproduktion, Tornasol Films S.A., Westdeutscher Rundfunk, Arte DISTRIBUZIONE: Bim DURATA: 110’
Clandestinamente e dopo non poche difficoltà, la giovane messicana Maya riesce ad entrare negli Stati Uniti. Qui si ricongiunge alla sorella maggiore Rosa, impiegata come donna delle pulizie in un grattacielo dove si trovano gli uffici delle più importanti compagnie d’affari di Los Angeles. Rosa vive in città da anni ed è sposata con figli, ma il marito sta molto male e necessita di cure costose che lei non sempre può permettersi. Rosa accompagna Maya a parlare con il responsabile dei dipendenti, un uomo senza scrupoli che impone il pugno di ferro, orari senza limite e salari ridotti all’osso. Nessuno protesta per paura di essere licenziato, e anche Maya a queste condizioni prende servizio. Non riesce però ad accettare tutto in silenzio, e così quando negli uffici si affaccia il sindacalista Sam, ritiene di doverlo seguire nel suo operato. Sam fa opera di mobilitazione presso gli altri lavoratori, ma le reazioni sono contrastanti: se alcuni sono d’accordo, in molti la paura di perdere il posto prevale su possibili rivendicazioni e tra questi c’è anche Rose. Tra le sorelle la situazione comincia a farsi tesa. Quando sei lavoratrici vengono licenziate, Maya scopre che è stata proprio Rose a denunciarle e la rabbia reciproca esplode con forza. Poco dopo Maya ruba in un negozio i soldi che servono a mandare all’università un giovane del gruppo di lavoro. Intanto il corteo dei lavoratori, organizzato da Sam, sfila compatto davanti agli uffici, chiedendo garanzie e giustizia. Arriva la polizia e i manifestanti vengono arrestati. Quando è il turno di Maya, si scopre che su di lei pesa l’accusa di furto…
“L’operaia deve avere il pane, ma deve avere anche le rose”. Questo lo slogan di uno sciopero dei lavoratori dell’industria tessile svoltosi nel 1912 a Lawrence. Loach si è rifatto a quella espressione nel girare un film che arriva al cuore per il modo nel quale sottolinea gli aspetti umani rinunciando anche in parte allo humor che lo caratterizza.
 
LA CRITICA
“Loach continua a dirigere come sempre in maniera straordinaria gli attori ai quali si crede dalla prima all’ultima scena. Non che questo film aggiunga granché alla carriera di un regista che come Woody Allen può permettersi ogni tanto anche film meno incisivi, eppure alcune sequenze, come quella in cui Rosa confessa a Maya di essersi prostituita per sfamare l’intera famiglia, sono di una tragicità che lascia il segno“. (Alessandra De Luca, ‘Avvenire’, 12 maggio 2000)
 
“Ken Loach, grande autore inglese e ultimo dei trotzkisti, ritorna sul tema prediletto (e negletto) dello scontro di classe, dando fuoco all’odiata America. La sua regia pende più dalla parte nell’ideologico ‘Terra e Libertà’ che verso capolavori come ‘Piovono pietre’. (…) Per chi non si arrende ed ha nostalgia del caro vecchio cinema d’impegno. Con il tocco originale di un autore come Loach”. (Piera Detassis, ‘Panorama’, 24 agosto 2000)
 
“Il regista, per il suo primo film girato negli Stati Uniti, mette sullo stesso set attori professionisti e non: alterna un punto di vista orizzontale, da documentario televisivo di qualità, a una drammaturgia più strutturata e didattica: mette in scena dialoghi emotivamente densi. Loach è convinto che inquadrare un corteo sia ancora bello e importante, che ripetere un vecchio slogan degli anni ’10 ‘Vogliamo il pane e anche le rose’, da cui anche il titolo del film, sia ancora di grande attualità, e che il cinema possa essere solo di lotta e mai di governo”. (‘Carnet’, Settembre 2000)

 

Ken Loach attraversa per la prima volta i confini degli Stati Uniti per proporre una vicenda che trae origine da una protesta avvenuta a Los Angeles. La terra della libertà per eccellenza diviene così oggetto di una lettura non certo tenera nei confronti dei processi di coercizione a cui vengono sottoposti coloro i quali ancora credono al ‘sogno americano’ partendo da posizioni decisamente svantaggiate. Il titolo è di per sé già un manifesto: si tratta dello slogan che contrassegnò la lotta degli operai tessili nel 1912. Essi reclamavano per sé non solo il pane quotidiano ma anche il diritto a poter godere della bellezza senza che quest’ultimo venisse annullato da una vita in cui contasse solo il lavoro. Loach, anche in questa occasione, ci vuole ‘vicini’ ai suoi personaggi e per far questo utilizza tecniche che lascino al contempo spazio interpretativo agli attori e prossimità allo spettatore. Perché il suo stare a fianco degli umili di (per noi) manzoniana memoria respinge la retorica in favore di uno sguardo carico di umanità. Lui e Laverty (sceneggiatore d’elezione) non portano sullo schermo dei personaggi ma delle persone. Questo fa la differenza. (Giancarlo Zappoli – MyMovies)