Cinema e lavoro nel 1965

A metà degli anni ’60 il tema del lavoro non era molto frequentato dal cinema ed il 1965, come l’anno precedente, non fa eccezioni.
Altri temi come quelli più "borghesi" della solitudine o dell’incomunicabilità sono alla base di film che pure hanno per protagonisti
attori del sistema economico. Si veda ad esempio il film di Marco Ferreri "L’uomo dei cinque palloni" che, pur avendo come protagonista un industriale del cioccolato, in realtà parla della alienazione nella società moderna. L’anno, cinematograficamente parlando, non presenta capolavori assoluti ma offre buone speranze, fosse solo per la registrazione di uno degli esordi più impressionanti del nostro cinema: quello di Marco Bellocchio col film "I pugni in tasca". Ad un esordiente di talento purtroppo si affiancava l’epilogo di un grande regista come Pietro Germi che firmava l’ultimo suo film, "Signore e signori", un’opera satirica sull’ipocrisia di una società cattolicissima ove ognuno pensa ai fatti propri nascondendone i tradimenti. Anche il panorama internazionale non brilla particolarmente: tra le opere veramente significative vanno segnalate "Sierra Charriba" di Sam Peckinpah, opera violenta ma anche innovatrice del western moderno, l’incompiuto "Simone del deserto" di Luis Buñuel, il surreale "Non tutti ce l’hanno" di Richard Lester, il primo lungometraggio di Roman Polanski fuori dal suo paese, "Repulsion", il manifesto della rivolta sociale "Pierrot le fou" di Jean-Luc Godard, una commedia brechtiana come "Una vecchia signora indegna" di René Allio, e forse niente altro se non qualche film che in qualche modo c’entra con il nostro tema. "LocandinaUn chimico che perde la memoria è il protagonista di "Mirage", regia di Edward Dmytryk, un film alla Hitchcock che lavora sul filo dell’amnesia mentre la figura di un usuraio ebreo scampato alle persecuzioni naziste è quella descritta da Sidney Lumet nel film "L’uomo del banco dei pegni". Il cinema americano di qualità non offre altro. Bisogna portarsi in Russia per trovare l’opera di un autore siberiano innamorato della terra che si occupa di vita nella campagna e vita nella città. Si tratta di Vasilij Šukšin ed il suo film è "Vostro figlio e fratello". Dalla Cecoslovacchia arrivano invece due film interessanti aventi come protagonisti lavoratori o lavoratrici. Si tratta di uno dei primi film di Milos Forman, Gli amori di una bionda (Loves of a Blonde), ambientato in una cittadina operaia, e de "Il negozio al corso" di Jan Kadár ed Elmar Klos che racconta della tragedia di un falegname durante l’occupazione tedesca. "LocandinaIl direttore di un’azienda è il protagonista di un film non particolarmente riuscito come "Morianna" dello svedese Arne Mattson, mentre un marito che eredita un’azienda da parte del suocero è il protagonista dell’inglese "Flagrante adulterio" di Ted Kotcheff, un film che, pur nella sua dispersività, ebbe un certo successo tanto da dare inizio ad una serie televisiva. Un operaio irredentista è anche protagonista de "Il magnifico irlandese", opera inglese minore di John Ford che dovette pure interrompere causa malattia, mentre forse il film più importante di quel paese, ambientato nel mondo tutto americano delle pompe funebri, è Il caro estinto (The loved one) di Tony Richardson. "LocandinaL’amore tra un falegname ed una portalettere è il tema di Il verde prato dell’amore (Le Bonheur) della francese Agnès Varda, film poetico e tenero mentre il computer come grande programmatore entra di prepotenza nel film di Jean-Luc Godard "Agente Lemmy Caution: missione Alphaville". Anche il nostro paese non brilla eccessivamente nel presentare storie di operai o di protagonisti della realtà economica che pure sta trasformando l’Italia. Del già citato film di Ferreri va detto che esso ebbe vita travagliata, più volte rimontato, e che ha come centro della storia l’ossessione di questo industriale verso il comportamento dei palloncini pubblicitari sollecitati fino a rompersi. Il film uscì anche col titolo "Break-up" nel 1979. "LocandinaLe illusioni del successo e la serie di lavori per raggiungerlo da parte di una bella ragazza rappresentano la trama de Io la conoscevo bene per la regia di Antonio Pietrangeli. E’ questo forse il film più critico verso la nuova società uscito nell’anno e rappresenta anche l’esordio della giovanissima Stefania Sandrelli. Quattro rappresentanti della "mascolinità", tra i quali un industriale in crisi che spinge la moglie a diventare ladra, sono invece le figure del graffiante "Questa volta parliamo di uomini" di Lina Wertmüller, mentre "Made in Italy" di Nanni Loy fa il punto sui difetti degli italiani, compresi quelli al lavoro. Si tratta dell’ennesimo film ad episodi non particolarmente significativo così come non lo è "Una moglie americana" di Gian Luigi Polidoro sulle vicende di un lavoratore a New York alla ricerca di una moglie per ottenere la cittadinanza americana. Ma questo è tutto in un anno piuttosto stanco che però prepara una stagione di riflessione sulla crisi della rivoluzione e del proletariato.