Cinema e lavoro nel 1978

Anno ricco di filmografia americana sul lavoro; meno in Europa dove la riflessione è più condizionata dall’emergenza del terrorismo.
Non va dimenticato infatti che nella primavera di quell’anno avvenne il sequestro Moro che si ripercosse anche in campo cinematografico
con il ritiro dalla circolazione di un film come quello di Faenza Forza Italia! assai critico nei confronti della
Dc. L’unica grande riflessione nostrana sul lavoro si ha nell’opera di Ermanno Olmi, anche se si parla di lavoro della terra alla fine
dell’ottocento. Si tratta de L’albero degli zoccoli uno dei grandi film degli anni ’70.
Ma partiamo, come al solito,
dal panorama cinematografico dell’anno.
Negli Stati Uniti esplode il caso Cimino che con Il cacciatore riprende
il tema della guerra del Vietnam. Tra l’altro i protagonisti del film sono tre operai e le sequenze iniziali mostrano il lavoro in
una acciaieria. Si tratta comunque di un film insolito, che affronta l’incubo della guerra all’interno delle vicende personali dei
tre protagonisti.
Altre opere degne di nota del cinema oltre oceano sono Un matrimonio di Altman e La sera
della prima
di Cassavetes.
Oltre la cortina di ferro, a parte il cinema ungherese del quale parleremo dopo, si segnala
Cinque serate del sovietico Nikita Michalkov.
Nel vecchio continente il cinema di riferimento continua ad essere
quello tedesco anche se non vanno dimenticate opere che provengono da altri paesi come L’australiano di Jerzy Skolimowski prodotto
in Gran Bretagna.
Del cinema tedesco sono notevoli film quali Il matrimonio di Maria Braun di Rainer Werner Fassbinder
, Nosferatu il principe della notte e Woyzeck di Werner Herzogh ed ha una notevole influenza anche
sul dibattito politico il film collettivo Germania in autunno, una specie di radiografia del paese alle prese col
terrorismo ma anche con la degenerazione dello stato di diritto.
Dalla Francia arriva un’opera piuttosto difficile di Rohmer che
affronta, tra l’altro, le condizioni degli operai e della borghesia nel medioevo. Si intitola Perceval le gallois
e sarà distribuito in Italia solo 6 anni dopo. Sempre dalla Francia arriva una bella riflessione sul rapporto con la morte di François
Truffaut in La camera verde ed una rappresentazione della vita del grande autore di teatro ma anche della vita contadina
del seicento in Molière della regista Ariane Mnouchkine.
Della produzione italiana vanno segnalati Ciao
maschio
di Marco Ferreri ma anche il film di animazione Il flauto magico che Emanuele Luzzati trae da Mozart.

"CinemaMa, a parte le citazioni già svolte,
veniamo al nostro tema: il lavoro e l’economia.
E partiamo proprio dagli Usa dove si producono alcuni dei film più critici sul sindacato
di quel paese. Uno di questi è Tuta blu di Paul Schrader, ambientato in una fabbrica di automobili, che segue le vicende
di tre operai alle prese con dei sindacalisti corrotti. Ne esce un film sulla condizione operaia necessariamente duro dai risvolti
thriller che affronta anche i temi dello scontro razziale, oltre che di classe. "Mettono i vecchi contro i ragazzi, gli anziani contro i nuovi, i neri contro i bianchi: fanno qualsiasi cosa per tenerci alla catena"
è una delle frasi fondamentali che racchiudono la filosofia del film.
Due pellicole invece parlano degli autotrasportatori; l’uno
(Convoy – Trincea d’asfalto di Sam Peckinpah ) della solidarietà della categoria contro i soprusi della polizia stradale
mentre F.I.S.T. di Norman Jewison ed interpretato da Sylvester Stallone entra nell’ambiente sindacale per raccontarne
sia le lotte che le influenze mafiose.
Il primo rappresenta la penultima regia di Peckinpah ed è un film ben diretto che miscela
commedia ed avventura con minor violenza rispetto agli altri film del regista.
Il secondo, co-sceneggiato dallo stesso Sylvester
Stallone, risulta un buon film dedicato all’ambiente e alle lotte del sindacato degli autotrasportatori americani degli anni ’30 e
’40 che riesce a coinvolgere lo spettatore. L’ambiente operaio è ben raccontato anche da Robert Mulligan in Una strada chiamata
domani
anche se il film è solo parzialmente riuscito. Di diverso spessore invece I giorni del cielo, opera
seconda di Terrence Malick, che ci porta nel Texas dei primi anni del novecento tra i braccianti nomadi che lavorano nelle piantagioni.
Un dramma che ricostruisce una intensa storia d’amore e che si avvale di una interpretazione che lancerà Richard Gere nonostante il
parziale fallimento al botteghino. Il film si avvale di una splendida fotografia con riferimenti alla pittura americana e di una delle
migliori colonne musicali del nostro Ennio Morricone.
Lasciamo le praterie americane per spostarci tra i pastori dell’Anatolia
in viaggio verso Ankara per vendere Il gregge che dà il titolo al film di Zeki Ötken ma in realtà scritto da Yilmaz
Güney. E’ un’opera che rappresenta le condizioni di vita di quella popolazione alle prese con un lavoro duro.
Veniamo dunque a parlare
del cinema ungherese che consegna, nel 1978, due opere importanti che trattano del lavoro in una fattoria e la storia di una infermiera.
Ciò che li accomuna è l’oppressione durante il periodo stalinista. Il primo film si intitola Il recinto ed è diretto
da András Kovács mentre il secondo, con la regia di Pál Gábor, è Angi Vera.
Si tratta di due delle opere che caratterizzano
il rinnovamento del cinema ungherese.
Tra il lavoro in un asilo nido in crisi, abbandonato dopo una rapina per finanziarlo, e quello
in una comune agricola si svolge la vicenda di Christa in Il secondo risveglio di Christa Klages della allora esordiente
Margarethe von Trotta. Il film, caratterizzato per la tesi politica e la scelta di stare dalla parte delle donne, ebbe un buon successo
di pubblico che lanciò la regista tedesca.
Dall’Inghilterra arriva invece una commedia "finanziaria" avente al centro l’acquisto
di una banca svizzera da parte del crimine organizzato per riciclare il denaro sporco. Si tratta de Uomini d’argento
di Ivan Passer.
 
"CinemaE veniamo alla bellissima opera di Olmi. L’albero degli zoccoli. Il film racconta dei sacrifici delle famiglie
dei mezzadri bergamaschi ma anche della loro dignità. E’ un affresco della vita contadina in un’epoca di scontri sociali (siamo tra
l’autunno del 1897 e l’estate del 1898 ) che però vengono relegati nell’ombra con solo alcuni accenni. La storia si concentra sulle
vicende di quattro famiglie contadine in una cascina della campagna bergamasca. Famiglie che costituiscono una comunità di condivisione
sia delle gioie che dei drammi della vita. Tra questi ultimi lo sfruttamento di un padrone che si incamera i due terzi dei prodotti
agricoli. Poi, un giorno al figlio si rompe uno zoccolo e papà Batistì taglia una pianta del padrone per ripararlo; quanto basta per
perdere il lavoro e la casa….. Visto come il contraltare di Novecento di Bertolucci il film è un’opera poetica di alto livello che
colpisce per la sua forza e fa del rispetto umano degli ultimi la filosofia del film.
 
Purtroppo, a parte la vetta toccata
da Olmi, niente di significativo sul mondo del lavoro esce dal nostro cinema.