Cinema e lavoro nel 2001

Milano, 1.9.2016
 
Le maggiori opere che parlano di lavoro nell’anno in esame provengono da autori già affermati nell’affrontare temi sociali come Ken Loach od il francese Leonard Cantet ai quali affiancare una coppia di registi anomali come Danièle Huillet e Jean-Marie Straub.
Ma iniziamo dando uno sguardo alla stagione cinematografica che premia al botteghino, oltre ai soliti cinepanettoni di scarsa qualità (Merry Christmas di Neri Parenti) anche film di indubbio interesse come Il favoloso mondo di Amelie di  Jean-Pierre Jeunet o Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco di Steven Soderbergh. Scontata invece la buona performance di film come Monsters & Co. di Pete Docter (un ottimo cartoon) od il nuovo episodio de Il signore degli anelli ( La compagnia dell’Anello ). Buoni risultati anche per film che sono apprezzati dalla critica come La stanza del figlio di Moretti mentre alcune delle pellicole più belle, a partire dalla riedizione di Apocalypse Now Redux di Coppola o de Il mestiere delle armi di Olmi, non vanno oltre ad un risultato sufficiente. Risultati simili li ottengono Hayao Miyazaki con il bel film di animazione La città incantata o Robert Altman con Gosford Park.
 
Ma veniamo ai film che affrontano, magari un po’ tangenzialmente, il tema del lavoro. La nostra carrellata come al solito inizia negli Stati Uniti dai quali arrivano pochi film del genere se si escludono Baby Boy – Una vita violenta o The Shipping News – Ombre dal profondo.
Il primo, diretto da John Singleton, ha come protagonista un giovane di colore disoccupato e mette in evidenza la difficoltà di diventare adulti dei giovani americani senza prospettive.
Ombre dal profondo vede la regia di Lasse Hallström che mette in scena la storia di un tipografo che ritorna al suo villaggio d’origine riconvertendosi come giornalista.
 
Ci trasferiamo in Asia che si caratterizza per 3 interessanti opere: il cinese Le biciclette di Pechino, il giapponese Acqua tiepida sotto un ponte rosso e l’iraniano Baran. Le biciclette di Pechino si rifanno al nostra Ladri di biciclette di DeSica e racconta di un ragazzo che fa il fattorino e subisce il furto della bicicletta, strumento indispensabile per il suo lavoro. La ritrova in possesso di uno studente suo coetaneo che l’ha acquistata usata ed è l’occasione per il regista Wang Xiaoshuai per mettere in evidenza le psicologie dei due ragazzi, l’uno immigrato dalla campagna in cerca di conferma in quanto cittadino e lo studente ossessionato dal possesso come simbolo di successo.
Dal giappone arriva il bel film di Shohei Imamura  Acqua tiepida sotto un ponte rosso che parla di un’altra ricerca personale: quella di Yosuke, impiegato disoccupato, che si avventura alla ricerca di un tesoro per poi trovare un nuovo lavoro come pescatore oltre alla felicità. Un film fiabesco e surreale che è un inno alla vita.
Baran vede la regia di Majid Majidi e racconta la storia di due giovani clandestini  in un cantiere edile dei quali uno è una ragazza che si traveste da uomo per poter lavorare sostituendo il padre vittima di un incidente  di lavoro.
Nonostante questo sarà licenziata a seguito di una ispezione.
 
Dall’Asia alla Gran Bretagna per il classico bel film del cantore della classe operaia e degli ultimi che risponde al nome di Ken Loach. Il film dell’anno si intitola Paul, Mick e gli altri ed è una coproduzione con Germania e Spagna. Questa volta il regista si occupa di una squadra di operai addetti alla manutenzione nelle ferrovie private inglesi con tutti i problemi legati al mondo del lavoro: ristrutturazioni, licenziamenti, flessibilità, precariato ecc. Un film amaro ma realista che si rifà ad una sceneggiatura scritta da uno di loro morto di cancro prima della fine delle riprese.
 
Dalla Germania arriva invece una gradevole commedia che parla del lavoro nella cucina di un ristorante in modo molto preciso e che riesce a rendere bene le psicologie dei personaggi. Si tratta di Ricette d’amore  di Sandra Nettelbeck che segue le vicende di una chef piuttosto chiusa ma protagonista del successo di un ristorante raffinato di Amburgo. Dovrà cambiare quando sarà  alle prese con una nipotina ed un cuoco italiano interpretato dal nostro Sergio Castellitto.
 
La Francia ci consegna l’altro bel film sul lavoro dell’anno. Si tratta di A tempo pieno di  Leonard Cantet, il regista che si era già distinto due anni prima con Risorse umane. Questa volta affronta il dramma di un consulente finanziario che non ha il coraggio di confessare in famiglia di aver perso il lavoro con tutte le menzogne che ne conseguono. Si tratta di una potente riflessione sul lavoro come identità e sull’impatto psicologico della disoccupazione fino a trasformare il film in una specie di thriller. Il film, ispirato ad un fatto reale finito tragicamente,  ottiene il Leone d’oro a Venezia con il plauso di tutta la critica.
 
 
 
 
 
 
Di tutt’altro tenore il film che batte bandiera italo-francese Operai – Contadini della coppia Danièle Huillet, Jean-Marie Straub, una delle coppie registiche più rigorose ed anticommerciali del cinema mondiale. La loro sperimentazione ora si concentra su 12 personaggi che leggono brani dai libri di Elio Vittorini che parlano delle condizioni di lavoro nel dopoguerra di operai e contadini. Il tutto ambientato in una radura boschiva seguiti da una intensità registico-poetica rilevante ma poco adatta allo spettatore medio. Infatti il film è, come spesso succede per lo loro opere, un insuccesso commerciale e verrà ripreso solo dalla TV in orari notturni.
Per terminare questa cavalcata ricordiamo un film minore della nostra cinematografia nazionale: La precisione del caso che rappresenta l’esordio, non molto felice in verità, di Cesare Cicardini che cerca di capire le ragioni del viaggio e dell’abbandono del lavoro per ricercare se stessi.