Cinema e lavoro – Tutta la vita davanti

Milano, 23.7.2019

Regia: Paolo Virzì Sceneggiatura: Paolo Virzì, Francesco Bruni Fotografia: Nicola Pecorini Montaggio: Esmeralda Calabria Musiche: Gabriella Conti, Marco Streccioni Interpreti: Isabella Ragonese, Sabrina Ferilli, Massimo Ghini, Valerio Mastandrea, Elio Germano, Micaela Ramazzotti, Laura Morante, Valentina Carnelutti, Paola Tiziana Cruciani, Mary Cipolla, Tatiana Farnese, Caterina Guzzanti, Niccolò Senni, Edoardo Gabbriellini, Lele Vannoli Produzione: Motorino Amaranto Distribuzione: Medusa film, Durata: 117’.

Marta, appena laureata con lode in filosofia, partecipa a un concorso per ottenere un posto come ricercatrice; nell’attesa cerca un lavoro part-time. Mentre il fidanzato parte per gli Stati Uniti con un assegno di ricerca, Marta riesce a trovare solo un impiego come baby-sitter; si trasferisce quindi in una stanzetta dell’appartamento di Sonia, una ragazza all’incirca della sua età, con una vita disordinata e una bambina, Lara, a cui non sembra in grado di badare. Tra Marta e la bimba si instaura presto un legame molto forte: lei le racconta spesso degli scritti dei grandi filosofi al posto delle favole. Marta ha però bisogno di guadagnare di più e Sonia le consiglia di rivolgersi alla Multiple Italia, dove anche lei lavora. L’azienda commercializza un costoso elettrodomestico multifunzione tramite ragazze addette al call center e ragazzi che si occupano delle dimostrazioni a domicilio e delle vendite vere e proprie. Marta diventa così una telefonista, mescolando gli schemi imposti alla sua spigliatezza e inventiva riesce a ottenere molti appuntamenti; le sue colleghe sono perlopiù ragazze ingenue, che sull’autobus parlano dei reality show, che Marta nemmeno conosce; i venditori sono ragazzi in cerca di successo e di autostima. Le tecniche di motivazione dell’azienda vanno dai messaggi sul cellulare da parte della capo telefonista alle canzoncine motivazionali, dalle premiazioni con futili gadget alle pubbliche ramanzine alla fine di ogni mese: Marta, pur risultando fin dall’inizio tra le più brave a fissare appuntamenti, mantiene sempre un lucido e ironico distacco. Il primo serio turbamento etico la colpisce quando, dopo aver fatto credere ad una cliente di essere una vecchia amica della nipote per ingraziarsela, scopre che quest’ultima si è tolta la vita perché non riusciva a trovare lavoro; è intenzionata a non molestare ulteriormente l’anziana, ma questa, commossa, la cerca più volte per aiutarla nel suo lavoro, vedendo nel suo caso la ristrettezza di prospettive che è stata fatale per la nipote. La bravura di Marta nel lavoro la fa entrare molto presto nelle grazie di Daniela, l’invasata capo telefonista, che si dice abbia una relazione con Claudio, il capo dell’azienda. Marta rivela a Giorgio, sindacalista della Nidil, i criteri di licenziamento e le tecniche di motivazione e mobbing di cui è quotidianamente testimone, a cui il primo non può assistere sia perché ignorato dagli impiegati sia perché boicottato dall’azienda. Quando sembra che tra i due stia nascendo un sentimento, Marta lascia il suo fidanzato con un messaggio di posta elettronica, ma scopre immediatamente dopo che Giorgio ha avuto un’avventura con Sonia. Come per ripicca, Marta va a letto con l’esaltato Lucio, senza però voler iniziare con lui alcun tipo di relazione. Quando il comportamento antisindacale dell’azienda è reso pubblico, all’interno si scatena una caccia alla spia, che si conclude con il licenziamento di Sonia, poiché viene vista parlare con Giorgio. Sonia, dalla vita squinternata ma di buon cuore, voleva solo dire a Giorgio che lo avrebbe lasciato, pensando di aver ferito i sentimenti di Marta. L’azienda, dopo la cattiva pubblicità, entra in crisi; Marta litiga con Giorgio, furiosa sia per aver constatato la sua scorrettezza (scopre infatti che ha moglie e figlio) nei confronti di Sonia, sia per la questione sindacale da lui aperta, accusandolo di aver tolto i mezzi di sussistenza a tante persone: tra le altre Sonia, che – avendo bisogno di soldi – entra nel giro delle escort. Nel frattempo Daniela comunica a Marta di aspettare un figlio da Claudio e di attendere il suo imminente divorzio, mentre Claudio coinvolge Marta nelle sue questioni familiari facendole intendere che Daniela si fa troppe illusioni e che lui è legatissimo ai suoi figli. L’improvvisa confidenza, peraltro niente affatto ricercata, di Marta con i capi dell’azienda le attira presto l’astio delle colleghe; in più riceve un’altra telefonata dell’anziana signora con la nipote suicida, che le comunica che Lucio, saputo che la signora non poteva permettersi di acquistare l’elettrodomestico, ha avuto degli scatti d’ira, danneggiando una porta e forse portando via i 300 euro della sua pensione, che si trovavano in vista su un tavolo. L’ingenuità, l’estrema gentilezza e persino la difesa di Lucio della signora commuovono Marta e la fanno sentire terribilmente in colpa. Il momento per lei è pessimo, si ritrova ad essere senza alcun punto di riferimento. Quando Lucio, depresso per non essere riuscito a conquistare Marta e per essere poco incisivo nel lavoro, risulta il peggior venditore del mese, gli viene richiesto di subire la punizione goliardica prevista, ovvero scrivere sulla propria fronte la parola “sfigato” con un pennarello indelebile; ma si rifiuta, litiga per questo con i colleghi e viene prima rincorso, poi umiliato e in preda ad un raptus si licenzia. Sconvolto e in lacrime, se ne va in macchina ma ha un grave incidente stradale. L’episodio provoca da parte dei sindacalisti l’istruzione di una causa per mobbing, che tuttavia non viene intentata perché nel frattempo accade un grave fatto di sangue che mette definitivamente in ginocchio l’azienda. Daniela comunica infatti a Claudio la propria gravidanza; la reazione di lui cancella la sua illusione d’amore e, già provata dalla probabile perdita del lavoro, in un raptus lo uccide, scivolando poi nella follia e facendosi arrestare dalla polizia di stato la mattina dopo davanti al luogo di lavoro. L’azienda viene chiusa del tutto, e tutti gli impiegati, in una sorta di catarsi, si recano insieme al centro commerciale, ridono e si divertono, maschi e femmine non più in reparti separati, ansia e invidie di colpo spazzate via. Proprio in quel momento a Marta giunge la notizia della morte dell’amata madre, da tempo malata di cancro.
Tornata a Roma, dopo il funerale a Palermo, Marta trova Lara per strada, in attesa che l’appartamento si liberi dai clienti della madre; indignata, decide di portare via la bambina e darla in custodia alla nonna, ma Sonia le raggiunge, e la bambina, pur molto legata a Marta, non vuole separarsi da sua madre. Marta chiede allora di essere accompagnata a casa dell’anziana signora, a cui restituisce i soldi della pensione giustificando con un errore il comportamento del suo collega. I soldi erano in realtà il compenso corrispostole da una pubblicazione accademica inglese che aveva accettato il suo scritto riguardante il confronto tra la filosofia di Heidegger, le dinamiche di relazione tra le telefoniste di un call center e quelle dei protagonisti di un reality show. La signora, ben lieta, abbraccia Marta che scoppia in un pianto liberatorio. Il film si conclude con Marta, Sonia e Lara che pranzano con l’anziana signora e la piccola alla domanda su cosa farà da grande risponde che studierà anche lei filosofia.

Una film che affronta molti problemi attuali legati al tema del lavoro: le prospettive post-laurea, il lavoro precario in questo caso in un call center, l’alienazione di alcuni colleghi ma anche dei dirigenti ed il ruolo e le difficoltà del sindacato in una commedia grottesca e surreale ispirata al libro “Il mondo deve sapere” di Michela Murgia.

LA CRITICA

Nel bel mezzo di una corale apertura onirica a suon di Beach Boys, la voce narrante di Laura Morante ci introduce cautamente nella favola nera di Marta, ventiquattrenne siciliana trapiantata a Roma neolaureata con lode, abbraccio accademico e pubblicazione della tesi in filosofia teoretica.
Umile, curiosa e un poco ingenua, Marta si vede chiudere in faccia le porte del mondo accademico ed editoriale, per ritrovarsi a essere “scelta” come baby-sitter dalla figlia della sbandata e fragile ragazza madre Sonia (interpretata con struggente intensità da Micaela Ramazzotti). È proprio questa “Marilyn di borgata” a introdurla nel call center della Multiple, azienda specializzata nella vendita di un apparecchio di depurazione dell’acqua apparentemente miracoloso.
Da qui inizia il viaggio di Marta in un mondo alieno, quello dei tanti giovani, carini e “precariamente occupati” italiani: in una periferia romana spaventosamente deserta e avveniristica, isolata dal resto del mondo come un reality, la Multiple si rivela pian piano al suo sguardo ingenuo come una sorta di mostro che fagocita i giovani lavoratori, illudendoli con premi e incoraggiamenti (sms motivazionali quotidiani della capo-reparto), training da villaggio vacanze (coreografie di gruppo per “iniziare bene la giornata”) per poi punirli con eliminazioni alla Grande fratello. Un mondo plasticamente sorridente e spaventato, in cui vittime (giovani precari pieni di speranze come il fragile Lucio 2 di Elio Germano) e carnefici (Ghini e Ferilli, di nuovo insieme diretti da Virzì dopo La bella vita) sono accomunati da una stessa ansia per il futuro che si tramuta in folle disperazione. Non c’è scampo per nessuno all’interno di queste logiche di sfruttamento, e a poco servirà il tentativo dell’onesto ma evanescente sindacalista Giorgio Conforti (Valerio Mastandrea) di cambiare idealisticamente un mondo che difficilmente può essere cambiato.
Prendendo spunto dal libro della blogger sarda Michela Murgia, “Il mondo deve sapere”, Virzì esplora con gli occhi di Marta, attraverso il viso curioso della fresca Isabella Ragonese (per adesso solo una piccola parte in Nuovomondo), l’inferno di questo precariato con tutta la vita davanti; e lo fa con lo spirito comico e amaro che da sempre lo contraddistingue. Accentuando stavolta i toni tragicomici e grotteschi da commedia nera, il regista toscano dà vita a un’opera corale, matura e agghiacciante, che rivisita (attualizzandola) la miglior tradizione della commedia amara alla Monicelli, costruendo – grazie anche all’apporto del fido sceneggiatore Francesco Bruni – personaggi complessi e sfaccettati, teneri e feroci, comici e tragici a un tempo, ma tutti disperatamente umani e autentici. Con la stessa umiltà e onestà intellettuale di Marta, Virzì si muove tra le spaventose dinamiche del mondo moderno senza mai cadere nel facile giudizio, nel pietismo o – vista l’attualità del tema – nella trappola del film a tesi, mantenendo sempre in primo piano il suo amore per gli ultimi e una compassione per le sue creature disperate e perfide, figlie di una società malata, ma forse non ancora in fase terminale. E se Marta può ancora sognare un mondo migliore per sé e per la bambina cui fa da baby-sitter, un mondo che balla spensierato ascoltando i Beach Boys e si affeziona a una voce telefonica, tutto attorno resta un ritratto allarmante dell’Italia di oggi, che Virzì svela sapientemente sotto una patina di sinistra comicità. Un’Italia dolce e amara quella di Tutta la vita davanti, che commuove e angoscia lasciandoci con un groppo in gola, come quell’ovosodo che non andava né su né giù. (Chiara Renda – MyMovies)

Laureata in filosofia cum laude , l’animosa e fulva Marta assaggia le delizie del lavoro precario a tempo indeterminato. Si rassegna a fare la baby-sitter per un’amica che la presenta al call center Multiple, purgatorio dei precari, dove lo sfruttamento e la dissimulazione si svolgono in un clima di allegro entusiasmo imposto dall’alto. Poiché è anche volitiva e tosta, fa carriera come telefonista venditrice. Grazie anche a un sindacalista simpatico e casinista, si ribella. Dal romanzo Il mondo deve sapere della sarda Michela Murgia, sceneggiato con Francesco Bruni. Da un tema sociale di scottante attualità si può cavare un dramma o una commedia satirica. Ambizioso e attento al vento che tira, Virzì prende una terza via: il grottesco spinto con risvolti da musical all’aria aperta. La cifra stilistica è la solita: una assidua ridondanza anche nel becero da maledetto toscano per far passare un discorso di sinistra, aggiungendo due ardenti coiti, uno spiritoso nudo della Ramazzotti e nel finale la dispendiosa canzone “Que sera sera” di Jay Livingstone e Ray Evans. All’attivo, però, la recitazione. Bravi tutti, ma il migliore è ancora il poliedrico Germano. Finalmente promossa a protagonista, la Ragonese si distingue per la camminata. Se Virzì avesse preso il suo ritmo veloce e risoluto, il film ne avrebbe guadagnato. Medusa distribuisce. Globo d’oro della stampa estera al miglior film e alla Ferilli. (Morando Morandini)

Narrato come una favola metropolitana da Laura Morante, Tutta la vita davanti combina realismo acre e cinico con toni leggeri e quasi ‘luminosi’. Un film importante, sospeso tra musical e cinema di denuncia, tra storia di persone ordinarie e il racconto di scelte straordinarie, in cui commozione e divertimento vanno di pari passo. Merito del regista e dello sceneggiatore Francesco Bruni, che prendono spunto dalla realtà attuale e trasformano l’epopea urbana di una ragazza qualunque in uno specchio drammaticamente fedele, piacevolmente irriverente, dell’Italia di oggi. Una sorta di “elogio della razionalità e del buon senso” raccontato attraverso una trama intrigante, impreziosita dal talento di tutti i suoi protagonisti a partire dall’esordiente Isabella Ragonese, che porta sullo schermo rigore morale e voglia di leggerezza di una neolaureata in filosofia. In Tutta la vita davanti vengono distillate le nefandezze e le storture del nostro paese, opponendo ad esse una figura emblematica come quella di una giovane donna forte, capace di affrontare la vita con un certo piglio etico, senza ambire a diventare una santa: è questa la grande forza del film, che lo riconduce idealmente alle grandi commedie del passato come Una vita difficile.  (Marco Spagnoli – Rivista del Cinematografo)