Cinema e lavoro nel 1946

L’immediato dopoguerra è un periodo fecondo nella storia del cinema. Non solo per l’imporsi del neorealismo italiano ma anche per
l’affacciarsi di nuove tematiche sociali in contesti diversi, alcune legate alla fine di un conflitto doloroso che ha lasciato strascichi
nel corpo delle nazioni.
Negli Stati Uniti ad esempio si registrano alcuni film che affrontano la tematica del reinserimento dei
reduci, alcuni notevoli come nel caso di "I migliori anni della nostra vita" di William Wyler o "Anime ferite"
di Edward Dmytryk.
Persino un film di genere come "La dalia azzurra", unico giallo scritto direttamente da Raymond
Chandler per lo schermo e diretto da George Marshall, parla della scoperta da parte di un reduce di guerra del tradimento della moglie.
Da
un libro dello stesso Chandler nello stesso anno, questa volta grazie all’apporto di un grande scrittore come William Faulkner, Hawks
gira uno dei suoi capolavori: "Il grande sonno".
Sempre negli USA si registrano altri film notevoli come "Notorious"
diretto da Alfred Hitchcock e "Sfida infernale" di John Ford.
Il cinema britannico ci consegna uno dei grandi film
"Grandi Speranze" che David Lean trae dal romanzo di Charles Dickens al quale si affianca la notevole fantasia visionaria
de "Scala al Paradiso" (A Matter of Life and Death) della coppia Michael Powell ed Emeric Pressburger.
In Francia
Renè Clair gira "Il silenzio è d’oro" e Jacques Becker mostra la vita quotidiana di una coppia ( lui operaio e lei
commessa) a Parigi in " Antoine et Antoinette" tradotto in Italia con "Amore e fortuna", premiato a Cannes come miglior
film psicologico.
Ma il film principale che affronta il tema del lavoro proveniente dal paese transalpino è "Farrebique"
di Georges Rouquier.
Si tratta della descrizione della vita dei contadini della fattoria Farrebique nel sud della Francia ed è interpretato
da attori non professionisti, anch’essi contadini.
Nello stesso anno René Clément rievoca la lotta dei ferrovieri francesi contro
l’invasore tedesco in "Operazione Apfelkern", film anch’esso interpretato da veri ferrovieri.
Come si vede un modo
di girare tipico del neorealismo è presente anche oltralpe ma è in Italia che si assiste alla edizione di due capolavori come "Paisà"
di Rossellini e "Sciuscià" di Vittorio De Sica.
Quest’ultimo mette in scena l’Italia della disperazione e dei sogni
(in questo caso un cavallo) attraverso le vicende di due giovanissimi napoletani i quali "lavorano" come lustrascarpe. Il film ebbe
anche un Oscar col quale si premiò "lo sforzo produttivo dell’Italia" appena uscita dalla guerra disastrosa.
Altri film aventi carattere
sociale girati nella nuova Italia ed aventi per protagonisti dei lavoratori sono "Mio figlio professore" di Renato
Castellani e "Le miserie del signor Travet" di Mario Soldati.
La commedia di Castellani, interpretata da un ottimo
Fabrizi, è la storia di un bidello vedovo che dedica tutta la sua esistenza all’educazione dell’unico figlio. Nel film sono presenti
interessanti notazioni sulla vita romana nell’immediato dopoguerra.
Il film di Soldati invece parla dell’antipatia di un caposezione
nei confronti di un funzionario regio sotto forma di commedia. Si direbbe un film antelitteram sul mobbing.
Tornando in Francia
va segnalato, per quanto meno riuscito, "Tragico incontro" di Henri Calef, ambientato in un villaggio di minatori
mentre vanno segnalate, anche se non interessanti il nostro tema, altre tre pellicole americane come "La scala a chiocciola"
di Robert Siodmak (un folle che uccide giovani donne che hanno un handicap fisico), un efficace film drammatico girato da Fritz Lang
come "La strada scarlatta" ed il film natalizio per antonomasia "La vita è meravigliosa" di Frank
Capra che ben illustra come nessun uomo sia inutile su questa terra.

Le foto
A
sinistra, dall’alto verso il basso:

  • Farrebique, di Georges Rouquier
    Locandina originale
  • Paisà, di
    Roberto Rossellini
    Locandina originale

  • Sciuscià, di Vittorio De Sica
    Locandina originale