Euronote – Cambiamenti climatici: servono interventi concreti

Milano, 2.10.2019

Grandi annunci, ma azioni reali e concrete tutte da verificare: questo in estrema sintesi il risultato ottenuto al Vertice sul Clima delle Nazioni Unite conclusosi a New York il 23 settembre scorso. L’annuncio che 66 Paesi, 102 città e 93 imprese si sono impegnati a raggiungere zero emissioni entro il 2050, mentre altri 70 Paesi promettono entro il 2020 obiettivi di riduzione più ambiziosi di quelli presi con gli Accordi di Parigi (2015), si scontra con una realtà in cui grandi Paesi, quali Stati Uniti e Brasile, non prendono impegni e altri con produzione energetica basata sulle centrali a carbone, come Cina, India e Turchia, evitano di affrontare il problema. Un’apertura l’ha fatta la Russia, il quarto più grande inquinatore al mondo, decidendo di attuare gli Accordi di Parigi pur senza averli ratificati e soprattutto senza spiegare come intenda tagliare le emissioni della propria industria petrolifera. Tutto ciò mentre l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) rendeva noto che il quinquennio 2014-2019 è stato il più caldo mai registrato, con un aumento di 0,2 gradi rispetto al 2011-2015, mentre la temperatura media globale è aumentata di 1,1°C rispetto al periodo preindustriale, lasso di tempo con crescita record dei gas a effetto serra. «Sono stati fatti alcuni importanti annunci di trasformazione sulla decarbonizzazione a lungo termine, sulla trasformazione nei settori finanziario, alimentare e del raffreddamento. Ma è deludente che i Paesi che più di tutti sono responsabili delle emissioni non abbiano fatto di più» ha commentato il Wwf secondo cui l’azione per contrastare i cambiamenti climatici deve aumentare esponenzialmente da tre a cinque volte per mantenere il riscaldamento al di sotto di 1,5°C: questa è la soglia oltre la quale, secondo la comunità scientifica, gli impatti dei cambiamenti climatici saranno devastanti.

L’Ue conferma il suo impegno per il clima

Dal canto suo l’Ue ha ribadito l’impegno a favore di «un’ambizione accelerata sul clima» con una comunicazione della Commissione in preparazione del Summit dell’Onu, ricordando di essere «in prima linea nell’azione globale» sia negoziando un quadro internazionale inclusivo sia «agendo a livello nazionale con unità, velocità e risolutezza». L’Ue, ha sottolineato la Commissione, pur incidendo solo per il 9% sulle emissioni globali è la prima grande economia a mettere in atto un quadro giuridicamente vincolante per mantenere gli impegni assunti ai sensi dell’Accordo di Parigi e «sta passando con successo verso un’economia a basse emissioni, al fine di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050». L’azione a favore del clima, poi, «gode di forte sostegno democratico» osserva la Commissione: secondo l’ultimo Eurobarometro sui cambiamenti climatici, infatti, il 93% degli europei ritiene che il cambiamento climatico sia un problema serio. L’Ue e i suoi Stati membri si stanno preparando a comunicare entro l’inizio del 2020 una strategia a lungo termine per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. La comunicazione sottolinea poi che l’Ue dispone del quadro legislativo più completo e ambizioso in materia di azione per il clima e sta procedendo con successo verso un’economia a basse emissioni: tra il 1990 e il 2017 le sue emissioni di gas serra sono state ridotte del 23% mentre l’economia è cresciuta del 58%.

IPCC: oceani e criosfera a forte rischio

Intanto, un nuovo Rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc), pubblicato il 25 settembre, sottolinea l’urgenza di stabilire le priorità per un’azione «tempestiva, ambiziosa e coordinata» in grado di affrontare cambiamenti «senza precedenti e duraturi» negli oceani e nella criosfera (le parti congelate del pianeta), che svolgono un ruolo fondamentale per la vita sulla Terra. Un totale di 670 milioni di persone nelle regioni di alta montagna e 680 milioni di persone nelle zone costiere dipendono direttamente da questi sistemi, 4 milioni di persone vivono permanentemente nella regione artica, mentre gli Stati in via di sviluppo delle piccole isole ospitano 65 milioni di persone. Il riscaldamento globale, osserva il Rapporto, ha già superato di 1°C il livello preindustriale e ciò sta portando a profonde conseguenze per gli ecosistemi e le persone: l’oceano è più caldo, più acido e meno produttivo, mentre lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali sta causando l’innalzamento del livello del mare con conseguenti eventi estremi costieri sempre più gravi. Mentre il livello del mare è aumentato a livello globale di circa 15 cm nel corso del 20° secolo, attualmente l’aumento ha una velocità più che doppia (3,6 mm all’anno) e in accelerazione, evidenzia il Rapporto secondo cui il livello del mare continuerà a salire per secoli: potrebbe raggiungere i 30-60 cm entro il 2100 anche con un riscaldamento globale limitato sotto i 2°C, ma circa 60-110 cm se le emissioni continuano ad aumentare. Ad oggi l’oceano ha assorbito oltre il 90% del calore in eccesso nel sistema climatico, spiega l’Ipcc secondo cui entro il 2100 l’oceano conterrà da 2 a 4 volte più calore rispetto al 1970 se il riscaldamento globale sarà inferiore a 2°C e fino a 5-7 volte di più a emissioni più elevate. Il riscaldamento dell’oceano riduce la miscelazione tra gli strati d’acqua e, di conseguenza, l’apporto di ossigeno e sostanze nutritive per la vita marina. Il Rapporto nota come le ondate di calore marine siano raddoppiate in frequenza dal 1982 e siano destinate ad aumentare ulteriormente in frequenza, durata, estensione e intensità: la loro frequenza sarà 20 volte più elevata rispetto ai livelli preindustriali con un riscaldamento globale inferiore ai 2°C, di 50 volte se le emissioni continuano ad aumentare fortemente. C’è poi il problema dell’estensione del ghiaccio marino artico che sta diminuendo e si sta assottigliando: con un riscaldamento globale a 1,5°C l’oceano artico sarebbe libero da ghiaccio a settembre (il mese con meno ghiaccio) una volta ogni cento anni, mentre con un riscaldamento di 2°C ciò accadrebbe anche ogni tre anni. Il Rapporto dell’Ipcc rappresenta un contributo scientifico chiave per i leader mondiali che si riuniranno a dicembre a Santiago del Cile per la Conferenza COP25.