Euronote – I rischi per l’economia dell’Ue

Guerra, costi delle materie prime e inflazione incidono sulle previsioni economiche

Milano, 22.7.2022

In pochi mesi si sono materializzati vari rischi negativi, più o meno prevedibili, per l’economia europea e mondiale, creando un quadro economico generale piuttosto preoccupante in prospettiva. Le previsioni economiche di estate 2022 della Commissione europea delineano così una situazione decisamente incerta e di forte rallentamento della crescita per l’Ue e l’area dell’euro. Dopo la grave crisi pandemica, infatti, la guerra in Ucraina ha provocato ulteriori pressioni sui prezzi dell’energia e delle materie prime alimentari, che erano già in una fase di forte rialzo. Questi fattori, osserva la Commissione europea, «alimentano le pressioni inflazionistiche a livello mondiale, erodendo il potere d’acquisto delle famiglie e innescando una risposta di politica monetaria più rapida di quanto ipotizzato in precedenza». Oltretutto, la situazione globale è influenzata negativamente anche dalla decelerazione della crescita negli Usa e dall’impatto della rigorosa politica anti-Covid della Cina, mentre l’economia europea resta molto vulnerabile agli sviluppi dei mercati energetici a causa della sua elevata dipendenza dai combustibili fossili russi. Tutto ciò sta causando un aumento dell’inflazione sia energetica che alimentare, con i costi energetici che vengono progressivamente trasferiti ai servizi e agli altri beni. La ripercussione su imprese e famiglie, soprattutto quelle a basso reddito, è devastante perché crea un clima negativo rispetto al futuro che frena decisamente la ripresa dei consumi. «In Europa lo slancio della riapertura delle nostre economie è destinato a sostenere la crescita annua nel 2022, ma per il 2023 abbiamo rivisto notevolmente al ribasso le nostre previsioni» ha dichiarato il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, prevedendo un picco record per l’inflazione nel corso di quest’anno e una graduale diminuzione nel 2023. Tuttavia, ha aggiunto, «poiché l’andamento della guerra e l’affidabilità delle forniture di gas non sono noti, questa previsione è soggetta a un’elevata incertezza e a rischi di revisione al ribasso. Per navigare in queste acque agitate, l’Europa deve dimostrare leadership: solidarietà, sostenibilità e sicurezza sono le tre parole che devono definire le nostre politiche».

Riviste al ribasso le previsioni di primavera

Le previsioni della Commissione indicano una crescita del Pil nell’Ue del 2,7% quest’anno e un rallentamento della crescita all’1,5% nel 2023, andamento analogo nell’area dell’euro con crescita del 2,6% nel 2022 e dell’1,4% nel 2023. «Il tasso di crescita annuale previsto per quest’anno è sostenuto dallo slancio raccolto con la ripresa dell’anno scorso e un primo trimestre più forte di quanto precedentemente stimato» osserva la Commissione, prevedendo per il 2023 un nuovo slancio della crescita economica «sulla scia di un mercato del lavoro resiliente, una moderazione dell’inflazione, il sostegno del dispositivo per la ripresa e la resilienza e ancora una grande quantità di risparmio in eccesso». Tuttavia, su base annua c’è una revisione al ribasso di quasi un punto percentuale rispetto alle previsioni di primavera.

A complicare la situazione è soprattutto l’inflazione, che nell’area dell’euro dovrebbe raggiungere un nuovo massimo storico dell’8,4% nel terzo trimestre del 2022, per poi scendere costantemente entro la fine del 2023 fino al di sotto del 3% man mano che le pressioni sui prezzi dell’energia e i vincoli di fornitura svaniranno. I tassi annui del 7,6% nel 2022 (8,3% nell’Ue) e 4% nel 2023 (4,6% nell’Ue) implicano revisioni al rialzo di oltre un punto percentuale rispetto alle previsioni di primavera.

Ovviamente, spiega la Commissione, i rischi per l’attività economica e l’inflazione dipendono fortemente dall’evoluzione della guerra e, in particolare, dalle sue implicazioni per l’approvvigionamento di gas in Europa. Nuovi aumenti dei prezzi del gas potrebbero far aumentare ulteriormente l’inflazione e frenare la crescita. Gli effetti di secondo impatto potrebbero a loro volta amplificare le spinte inflazionistiche e determinare un inasprimento delle condizioni finanziarie che non solo peserebbe sulla crescita, ma comporterebbe anche maggiori rischi per la stabilità finanziaria. Infine, sottolinea la Commissione, non si può escludere che la recrudescenza della pandemia provochi nuove perturbazioni dell’economia.

Ces: ancora una volta i lavoratori vittime della crisi

Il principale motore dell’inflazione è costituito dall’aumento dei prezzi, in particolare dell’energia, e non dai salari: un’affermazione contenuta nelle previsioni economiche della Commissione europea, sottolineata dai sindacati europei in quanto conferma la loro posizione. La Commissione infatti, osserva la Confederazione europea dei sindacati (Ces), ha affermato sia che «l’aumento dei prezzi dell’energia rimane il principale motore dell’inflazione», sia che ritiene «improbabile che si sviluppi un persistente ciclo di feedback tra salari e inflazione» poiché la crescita dei salari in termini reali è rimasta negativa. Situazione oltretutto confermata dai dati Eurostat, secondo cui le aziende europee hanno aumentato la loro quota di profitto dall’inizio della pandemia, e dalla Banca centrale europea che recentemente ha evidenziato come «molte aziende potrebbero espandere i propri profitti, il che spesso implica che i consumatori, piuttosto che gli azionisti, hanno subito il peso maggiore dello shock inflazionistico». Per queste ragioni i sindacati europei chiedono l’attivazione di alcune politiche ritenute prioritarie: una tassa sugli utili in eccesso realizzati, soprattutto dalle grandi compagnie energetiche, i cui proventi dovrebbero essere utilizzati per alleviare la crescente disuguaglianza e creare posti di lavoro di qualità; l’aumento del salario minimo legale (ove esistente) e il rilancio delle contrattazioni collettive, al fine di ottenere incrementi salariali equi; il rifinanziamento e il prolungamento del meccanismo di sostegno di emergenza Sure dell’Ue, in modo da stabilizzare l’economia e proteggere i posti di lavoro. Questo perché, ha affermato la segretaria confederale della Ces, Liina Carr: «Ancora una volta i lavoratori sono costretti a pagare per una crisi nella cui creazione non hanno avuto alcun ruolo. Il risultato è che i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. È ora di fermare questa truffa con una tassa speciale sugli utili in eccesso, aumenti salariali equi e il rinnovo del meccanismo di sostegno al lavoro Sure».