Euronote – La difficile ricollocazione nell’Ue dei richiedenti asilo

Milano, 31.7.2017

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La difficile ricollocazione nell’Ue dei richiedenti asilo

Pubblicata la quattordicesima Relazione su ricollocazione e reinsediamento

L’applicazione del sistema di ricollocazione dei richiedenti asilo all’interno dell’Ue è migliorato negli ultimi mesi, con un maggior numero di Stati membri che finalmente hanno assunto impegni e procedure più o meno regolari, tuttavia sono necessari maggiori sforzi per accelerare i trasferimenti soprattutto dall’Italia, alla luce della situazione nel Mediterraneo centrale. È quanto reso noto dalla Commissione europea nella quattordicesima Relazione sui progressi compiuti dall’Ue in materia di ricollocazione e reinsediamento di richiedenti asilo e rifugiati provenienti da Paesi terzi, pubblicata il 26 luglio. «Se esiste la volontà politica, il sistema di ricollocazione funziona. Ora c’è bisogno di un ultimo sforzo per realizzare il nostro comune obiettivo di ricollocare entro settembre la maggior parte di tutti i richiedenti asilo ammissibili presenti sul territorio greco e italiano» ha dichiarato il commissario europeo responsabile per la Migrazione, Dimitris Avramopoulos, esortando tutti gli Stati membri a intensificare gli sforzi di ricollocazione in particolare dall’Italia in quanto Paese soggetto a enormi pressioni. «L’Ue non lascerà soli i Paesi con una frontiera esterna – ha aggiunto – e la Commissione continuerà ad assicurare il rispetto degli obblighi giuridici assunti in materia di ricollocazione da parte di tutti gli Stati membri». E infatti contemporaneamente a queste affermazioni sono state avviate dalla Commissione le procedure di infrazione contro Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia per inadempimento dei loro obblighi giuridici in materia di ricollocazione.

Migliora l’impegno di vari Stati membri

Secondo i dati forniti dalla Relazione della Commissione, dal novembre 2016 si sono registrati oltre 1.000 trasferimenti al mese di richiedenti asilo da Grecia e Italia verso altri Paesi dell’Ue, mentre nel giugno scorso sono stati superati i 3.000 trasferimenti mensili: oltre 2.000 persone rilocalizzate dalla Grecia e quasi 1.000 dall’Italia. Al 24 luglio, rileva la Relazione, il numero totale di ricollocazioni era pari a 24.676, delle quali 16.803 dalla Grecia e 7.873 dall’Italia.

Di fronte ai 4.800 cittadini di Paesi terzi candidati attualmente in attesa di ricollocazione dalla Grecia, che potrebbero salire a 6.800, e ai continui arrivi di candidati ammissibili in Italia «occorre un impegno costante» sottolinea la Commissione, ritenendo fondamentale in questa fase l’impegno degli Stati membri per ricollocare tutti i richiedenti ammissibili, compresi quelli che potrebbero arrivare in Italia e Grecia entro il 26 settembre. L’obbligo giuridico di ricollocazione per gli Stati membri non terminerà però dopo settembre, osserva l’esecutivo dell’Ue: «Le decisioni del Consiglio sulla ricollocazione sono applicabili a tutti coloro che arrivano in Grecia o in Italia fino al 26 settembre 2017 e i richiedenti ammissibili dovranno quindi essere ricollocati in tempi ragionevoli anche in seguito a questa data».

Risulta positivo il fatto che diversi Stati membri abbiano quasi assolto i loro obblighi di ricollocazione: Malta, Lettonia e anche la Norvegia, Paese associato a Schengen che partecipa volontariamente al regime, hanno infatti interamente ricollocato le persone loro assegnate dalla Grecia, mentre la Svezia, che ha iniziato la ricollocazione solo a giugno, ha ricollocato quasi il 60% delle persone previste. Sono ritenuti importanti anche il recente annuncio della Spagna in merito a un aumento degli impegni mensili previsti e l’accelerazione del ritmo dei trasferimenti dichiarato dalla Germania.

Inadempienti Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia

Molto diversa invece la situazione di Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia, Stati membri dell’Ue ai quali la Commissione europea ha inviato un parere motivato per inadempimento degli obblighi giuridici in materia di ricollocazione. Infatti, come reso noto dalla Commissione lo stesso giorno della pubblicazione della Relazione sui risultati della ricollocazione, «nonostante i ripetuti inviti ad agire e l’avvio, lo scorso mese, di procedure di infrazione, i tre Paesi continuano a violare i loro obblighi giuridici e trascurano gli impegni assunti nei confronti della Grecia, dell’Italia e di altri Stati membri». Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia hanno fornito risposte «non soddisfacenti» perché non hanno indicato un rapido inizio delle ricollocazioni nel loro territorio adducendo argomenti che non giustificano affatto il loro mancato impegno a mettere a disposizione i posti richiesti dalle decisioni del Consiglio. «L’Ungheria non ha ricollocato nessuno da quando è stato avviato il meccanismo di ricollocazione, la Polonia non ha effettuato alcuna ricollocazione né preso alcun impegno dal dicembre 2015, mentre la Repubblica Ceca non ha effettuato alcuna ricollocazione dall’agosto 2016 e non ha assunto nuovi impegni da oltre un anno» osserva la Commissione, che con il parere motivato, che costituisce la seconda fase della procedura di infrazione, ha inoltrato ai tre Stati membri una richiesta formale di conformarsi al diritto dell’Ue, invitandoli a comunicare entro un mese le misure prese a tal fine. In caso non rispondessero o se le osservazioni presentate nella risposta non fossero soddisfacenti, allora la Commissione potrà decidere di passare alla fase successiva della procedura di infrazione e adire la Corte di giustizia dell’Unione europea.

Lievi progressi anche per i reinsediamenti

Per quanto concerne invece i reinsediamenti, informa la Commissione europea, i progressi continuano ad essere positivi e circa i tre quarti (17.179) dei 22.504 reinsediamenti concordati nel luglio 2015 sono stati già effettuati. Dal momento che «vari Stati membri con grosse assegnazioni hanno rispettato l’impegno relativo ai reinsediamenti o sono in procinto di farlo», la maggior parte degli sforzi della Commissione sono attualmente rivolti verso i reinsediamenti in virtù della dichiarazione Ue-Turchia, che restano fortemente disomogenei al punto che alcuni Stati membri non hanno ancora reinsediato nessuno.