Euronote – Luci e ombre della Cop26

Decisioni deboli, ma la via per limitare il riscaldamento globale è irreversibile

Milano, 16.11.2021

Tra il vedere mezzo vuoto o mezzo pieno un bicchiere comunque molto fragile e in equilibrio precario, l’unica certezza emersa dalla Conferenza sui cambiamenti climatici Cop26 è che «la strada dell’azione per il clima non finisce a Glasgow», com’è stato sottolineato da più parti, rinviando alla Cop27 che si terrà tra un anno a Sharm el-Sheikh, in Egitto. L’imbarazzo del presidente della Conferenza svoltasi a Glasgow, Alok Sharma, nell’annunciare l’accordo raggiunto dai 197 Paesi partecipanti e la sostituzione della “rinuncia” con la “diminuzione” nell’utilizzo del carbone nel testo del Patto sul clima, dà però l’idea di quanto sia ancora lontana la volontà di rendere urgente ed efficace l’azione globale. «Dobbiamo ammettere che l’accordo si basa sul minimo comun denominatore. La priorità ora per tutti i maggiori responsabili delle emissioni è condividere roadmap concrete e credibili verso le emissioni nette zero», perché è evidente che si debba «agire più velocemente in modo che i nostri figli e nipoti abbiano ancora la possibilità di controllare il cambiamento climatico» hanno dichiarato i membri della delegazione ufficiale del Parlamento europeo alla Cop26.

L’era del carbone finirà, ma quando?

Un accordo «mite, debole con l’obiettivo di un aumento della temperatura di 1,5°C appena vivo, ma è stato inviato un segnale che l’era del carbone sta finendo. E questo conta» secondo la direttrice esecutiva di Greenpeace International, Jennifer Morgan, che ha spiegato: «Glasgow avrebbe dovuto continuare a chiudere saldamente il divario a 1,5°C e ciò non è accaduto, ma nel 2022 le nazioni dovranno tornare con obiettivi più forti. L’unico motivo per cui abbiamo ottenuto ciò che abbiamo fatto è perché i giovani, i leader indigeni, gli attivisti e i Paesi in prima linea sul clima hanno imposto concessioni che sono state fatte a malincuore. Senza di loro, questi colloqui sul clima sarebbero falliti completamente. È stato riconosciuto che i Paesi vulnerabili stanno subendo perdite e danni reali a causa della crisi climatica, ma ciò che è stato promesso non è nulla di simile a ciò che è necessario sul campo. Questo problema deve essere in cima all’agenda per la Cop che si terrà in Egitto il prossimo anno».

«Anche se il cambio di passo non è arrivato, e il testo concordato è lontano dalla perfezione, ci stiamo muovendo nella giusta direzione» sostiene la responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia, Mariagrazia Midulla. I governi, ricorda il Wwf, dovevano fare progressi per risolvere tre grandi lacune: la mancanza di obiettivi di riduzione delle emissioni nel breve periodo, la mancanza di regole per fornire e monitorare i progressi fatti, e l’insufficiente finanziamento all’azione climatica necessaria per indirizzare il mondo verso un futuro più sicuro. Nonostante le «decisioni deboli in una serie di aree importanti», secondo il Wwf nel testo dell’accordo «ci sono degli appigli significativi che i Paesi possono sfruttare per aumentare le proprie ambizioni climatiche a breve termine e per implementare politiche climatiche vincolanti». Si sottolinea ad esempio come per la prima volta nel documento finale della Cop26 siano menzionati i pessimi sussidi ai combustibili fossili: «Un elemento importante, così come il riconoscimento della necessità di accelerare gli investimenti in energia pulita, garantendo allo stesso tempo una giusta transizione», nonostante la delusione derivante «dall’annacquamento del linguaggio sul carbone, passato da phase-out a phase-down». Altro aspetto positivo osservato dal Wwf è che «la natura è veramente arrivata alla Cop26», nel senso che «i leader stanno finalmente riconoscendo che l’azione per proteggere e ripristinare la natura deve essere al centro della nostra risposta alla crisi climatica, insieme ad una completa trasformazione del sistema energetico. Il riconoscimento del ruolo della natura da parte della Cop26 deve spingere tutti i Paesi a considerare il contributo della natura nei loro piani climatici nazionali, anche nell’adattamento». Certo, sottolinea il Wwf, «Glasgow è stato un punto di partenza e non di arrivo.  Dobbiamo tutti lavorare perché la crisi climatica venga affrontata, in ogni ambito, con la rapidità e l’incisività necessarie».

L’ottimismo dell’Ue e il monito dell’Iea

Ottimismo è stato espresso dalla Commissione europea, secondo cui «la Cop26 ha portato al completamento del regolamento dell’Accordo di Parigi e ha mantenuto in vita gli obiettivi di Parigi, dandoci la possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi». La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che sono stati compiuti progressi sui tre obiettivi prefissati all’inizio della Conferenza: «Primo, ottenere impegni per ridurre le emissioni per mantenere il limite di riscaldamento globale di 1,5 gradi. Secondo, raggiungere l’obiettivo di 100 miliardi di dollari all’anno di finanziamenti per il clima ai Paesi in via di sviluppo e vulnerabili. E terzo, raggiungere un accordo sul regolamento di Parigi. Ma non c’è tempo per rilassarsi: c’è ancora un duro lavoro da fare». La Commissione europea nota che, in base all’accordo di Parigi, 195 Paesi hanno fissato l’obiettivo di mantenere la variazione media della temperatura globale al di sotto dei 2°C e il più vicino possibile a 1,5°C, mentre prima della Cop26 il pianeta era in rotta verso un riscaldamento di 2,7°C. «Sulla base dei nuovi annunci fatti durante la Conferenza, gli esperti stimano che ora siamo sulla strada di un riscaldamento compreso tra 1,8°C e 2,4°C» osserva la Commissione europea, sottolineando che nelle conclusioni della Cop26 le parti hanno convenuto di rivedere i loro impegni, se necessario, entro la fine del 2022 per avviarsi verso 1,5°C di riscaldamento, mantenendo il limite superiore dell’ambizione espressa dall’accordo di Parigi.

L’accordo al ribasso dell’ultimo minuto sul carbone registrato alla Cop26 e l’evidente spaccatura sulla finanza climatica tra Nord e Sud del mondo evidenziano quanto il “bla, bla, bla” denunciato da Greta Thunberg sia purtroppo inevitabile, nella ricerca di sintesi tra circa 200 Paesi profondamente diversi tra loro. Resta però il preoccupante ma significativo monito del bollettino dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (Iea): le emissioni di Co2 potrebbero aumentare di quasi il 5% quest’anno, arrivando a oltre 33 miliardi di tonnellate, il secondo aumento più alto della storia dopo quello del 2010 che seguì la crisi finanziaria.