Euronote – Luci ed ombre nelle previsioni economiche di primavera

Milano, 8.5.2018

L’economia dell’Unione europea è in espansione rispetto all’ultimo decennio di crisi, con aspettative per il prossimo triennio che superano le previsioni dei mesi scorsi, anche se la crescita sarà stazionaria e in lieve calo. Si tratta però di una situazione molto diseguale tra i Paesi dell’Ue e all’interno di essi, mentre i fattori di rischio esterni sono ritenuti «più incisivi e più sfavorevoli». È quanto emerge dalle previsioni economiche di primavera 2018, rese note il 3 maggio scorso dalla Commissione europea e così commentate dal commissario responsabile per l’Euro e il dialogo sociale, Valdis Dombrovskis: «L’espansione economica in Europa dovrebbe proseguire a ritmo sostenuto quest’anno e l’anno prossimo, favorendo la creazione di più posti di lavoro. Tuttavia vediamo anche maggiori rischi all’orizzonte. Per questo occorre sfruttare l’attuale congiuntura favorevole per rendere le nostre economie più resilienti. Ciò significa creare riserve di bilancio, riformare le nostre economie per stimolare produttività e investimenti e far sì che il nostro modello di crescita diventi più inclusivo».

Crescita diseguale e in rallentamento

Secondo l’analisi della Commissione europea, nel corso del 2017 la crescita del prodotto interno lordo (Pil) reale ha raggiunto il 2,4% sia nell’Ue che nella zona euro. Una crescita a cui hanno contribuito, osserva l’esecutivo dell’Ue, «un elevato livello di fiducia dei consumatori e delle imprese, una crescita globale più forte, bassi costi di finanziamento, bilanci più sani nel settore privato e migliori condizioni del mercato del lavoro».

Tale crescita dovrebbe proseguire grazie a livelli elevati di consumi e alla forza delle esportazioni e degli investimenti, così è previsto per quest’anno un incremento del Pil del 2,3% sia nell’Ue che nella zona euro, mentre nel 2019 si dovrebbe registrare un rallentamento al 2% in entrambe le aree, «a causa di strozzature che diventano più evidenti in alcuni Paesi e settori, dell’adeguamento della politica monetaria alle circostanze e di un certo rallentamento della crescita del commercio mondiale».

Le differenze di crescita sono notevoli tra gli Stati membri, con i Paesi dell’est europeo per i quali si prevede una crescita nel 2018 intorno al 4% (Slovenia 4,7%, Romania 4,5%, Polonia 4,3%, Ungheria e Slovacchia 4%, Bulgaria 3,8%, Estonia 3,7%), i picchi addirittura superiori di Malta (5,8%) e Irlanda (5,7%), e sul fronte opposto i modesti risultati previsti per i fanalini di coda Italia e Regno Unito (1,5%).

Disoccupazione in diminuzione, lieve crescita dell’inflazione

In generale nell’Ue si rileva una costante diminuzione della disoccupazione, che attualmente si attesta attorno ai livelli precedenti alla crisi. Nel corso del 2017 il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 7,6% nell’Ue e il 9,1% nella zona euro, ma le previsioni della Commissione vanno nella direzione di un ulteriore significativo calo: nell’Ue si prevedono tassi del 7,1% nel 2018 e del 6,7% nel 2019, mentre per la zona euro le previsioni propendono per l’8,4% nel 2018 e il 7,9% nel 2019. Nell’area dell’euro il numero degli occupati è attualmente al livello più elevato dall’introduzione della moneta unica, osserva la Commissione, «ma persiste una certa stagnazione del mercato del lavoro». Inoltre, mentre in alcuni Stati membri la disoccupazione è ancora elevata nelle previsioni per l’anno in corso, come in Italia (10,8%), Spagna (15,3%) e soprattutto Grecia (20,1%), in altri Paesi «diventa sempre più difficile coprire i posti di lavoro disponibili».

L’inflazione dei prezzi al consumo, affievolitasi nel primo trimestre di quest’anno, dovrebbe aumentare lievemente nei prossimi trimestri, sostiene la Commissione, «in parte a causa dei recenti aumenti dei prezzi del petrolio». Così come si stanno «intensificando le pressioni di fondo sui prezzi a seguito della carenza di manodopera e della crescita più rapida dei salari in molti Stati membri». Secondo le previsioni, dunque, l’inflazione nella zona euro nel 2018 dovrebbe rimanere invariata rispetto al 2017 (1,5%) per poi salire all’1,6% nel 2019. Andamento analogo anche nell’Ue, dove si prevede un tasso d’inflazione all’1,7% quest’anno che dovrebbe salire all’1,8% nel 2019.

Anche le finanze pubbliche usufruiscono di questa congiuntura positiva, spiega la Commissione: «Con il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro e i conseguenti effetti positivi sui bilanci degli Stati membri, anche per la riduzione delle prestazioni sociali, il 2018 dovrebbe essere il primo anno dall’avvio dell’Unione economica e monetaria in cui tutti i governi hanno un disavanzo di bilancio inferiore al 3% del Pil, come da Trattato».

Ces: la situazione resta difficile per troppi lavoratori

«Non può essere proclamata alcuna ripresa fino a quando la disoccupazione, la povertà e la disuguaglianza non saranno molto più basse» ammonisce però la Confederazione europea dei sindacati (Ces) commentando le previsioni economiche della primavera 2018 presentate dalla Commissione europea. Secondo Katja Lehto-Komulainen, segretaria generale aggiunta della Ces, mentre da un lato i commissari europei sono ottimisti sulla crescita dell’Europa, dall’altro la situazione all’interno del mercato del lavoro europeo rimane molto dura per troppe persone: «Ci sono ancora 17 milioni di disoccupati nell’Ue e gran parte della crescita occupazionale è in posti di lavoro part-time o temporanei. Inoltre la povertà nel lavoro è in aumento». In generale, sostengono i sindacati europei, la crescita può anche aver raggiunto il picco massimo degli ultimi dieci anni, ma i benefici sono distribuiti in modo molto disomogeneo sia tra gli Stati membri dell’Ue che al loro interno, mentre gli adeguamenti salariali sono insufficienti. «Gli aumenti dei salari sono in ritardo rispetto alla crescita e alla produttività. I lavoratori di nove Paesi dell’Ue hanno visto peggiorata la loro condizione nel 2017 rispetto a quella del 2009» ha osservato la segretaria generale aggiunta della Ces, auspicando un cambiamento: «Occorre fare di più per aumentare gli investimenti, creare posti di lavoro di qualità, incrementare gli aumenti salariali e affrontare la disuguaglianza».