Euronote – L’Ue deve garantire i diritti alle frontiere

Le organizzazioni per i diritti umani chiedono interventi al confine bielorusso

Milano, 2.12.2021

«Siamo scioccati dal perdurare della crisi umanitaria ai confini tra l’Ue e la Bielorussia, che è causa di immense sofferenze e ha portato alla morte di almeno dieci persone». Inizia così un appello rivolto all’Ue da Amnesty International e altre organizzazioni che si occupano di asilo, migrazione, assistenza umanitaria e diritti umani. Pur condannando le azioni del governo bielorusso, le organizzazioni chiedono e sollecitano una risposta da parte delle istituzioni e degli Stati membri dell’Ue, oltre che di tutte le organizzazioni europee e internazionali competenti, «che sia in linea con gli obblighi giuridici europei e internazionali e con gli standard minimi di dignità condivisi». Le persone coinvolte in questa crisi umanitaria e strumentalizzate nel «conflitto di natura securitaria tra l’Ue e la Bielorussia», in realtà non costituiscono una minaccia alla sicurezza e non dovrebbero essere considerate né trattate da entrambe le parti come se fossero un’arma. Tutte le testimonianze, sottolineano gli autori dell’appello, riportano la presenza di gruppi altamente vulnerabili tra le persone coinvolte in questi eventi, tra cui donne incinte, famiglie con bambini piccoli e persone anziane o ferite. Molti sono fuggiti dalle guerre e persecuzioni in corso in Siria, Yemen, Afghanistan, Iraq, senza alternative per raggiungere un luogo sicuro.

Nonostante le gravi tensioni tra gli Stati coinvolti, «la situazione è gestibile e dovrebbe essere affrontata con uno sguardo in prospettiva» sostiene l’appello, ricordando come molti altri Paesi in situazioni precarie affrontano situazioni complesse di sfollamento che coinvolgono un numero nettamente superiore di persone. «Ciò di cui c’è bisogno è una risposta chiara che includa una ferma difesa del diritto d’asilo e del diritto europeo e internazionale» affermano così Amnesty e le altre organizzazioni, avanzando alcune proposte per affrontare la crisi.

Garantire asilo e accesso umanitario

Innanzitutto dovrebbe essere garantito il diritto d’asilo alle frontiere, per cui devono cessare tutte le misure che impediscono l’accesso al territorio dell’Ue e ripristinata la possibilità di presentare domanda d’asilo in Polonia, Lituania e Lettonia. Inoltre, è richiesto nell’appello, è essenziale che gli Stati coinvolti garantiscano al più presto l’accesso umanitario alle persone colpite, in modo che le organizzazioni umanitarie possano prestare loro assistenza: «Il fatto che gli Stati membri dell’Ue impediscano la fornitura di assistenza salvavita alle persone, alcune delle quali estremamente vulnerabili, è deplorevole e irresponsabile», oltre che minare il ruolo dell’Ue come attore umanitario credibile. Se la situazione di stallo dovesse continuare, dichiarano le Ong, si dovrebbero evacuare immediatamente le persone dalla regione di confine negli Stati membri dell’Ue, «anche avvalendosi delle offerte già ricevute da parte della società civile, delle città e dei gruppi religiosi per accoglierle», mentre i Paesi dell’Ue dovrebbero concordare accordi di ricollocazione. «Trasportare le persone in Paesi terzi per il procedimento di asilo, come è stato proposto, è illegale secondo il diritto internazionale e comunitario, e politicamente non realizzabile» osservano gli estensori dell’appello.

Leggi non conformi e standard dei diritti umani

In secondo luogo vanno abrogate le modifiche alla legislazione interna adottate in Lituania, Polonia e Lettonia causa la crisi alle loro frontiere esterne, perché «incompatibili con l’acquis dell’Ue in materia di asilo, i trattati Ue, la Carta dei diritti fondamentali e il diritto internazionale» e, anche se temporanei o limitati geograficamente, rischiano di istituzionalizzare una pratica illegale. «Chiedere asilo è un diritto fondamentale e il non refoulement è un principio inderogabile che deve essere osservato anche in tempi di emergenza» è scritto nell’appello all’Ue.

Gli standard dei diritti umani e la trasparenza andrebbero poi messi al centro degli accordi di cooperazione che l’Ue sta cercando con i Paesi terzi, per fermare i flussi d’ingresso e attuare i rimpatri. Per assicurare il controllo democratico su tali accordi, sostengono Amnesty e le altre Ong, «il contenuto dovrebbe essere reso pubblico e il Parlamento europeo dovrebbe avere un ruolo significativo nel monitoraggio», così come dovrebbero essere garantiti il monitoraggio indipendente e il sostegno alle persone rimpatriate.

«Siamo allarmati nel sentire che si stanno elaborando proposte che potrebbero consentire deroghe ingiustificabili al diritto comunitario e internazionale» conclude l’appello.

Nuovo Rapporto di Human Rights Watch

Intanto un Rapporto dall’esplicito titolo Muori qui o vai in Polonia: responsabilità condivise da Bielorussia e Polonia per gli abusi alle frontiere, pubblicato dall’organizzazione Human Rights Watch, ha documentato gravi abusi ai danni delle persone intrappolate al confine tra Bielorussia e Polonia. Molte persone hanno affermato di essere state respinte, a volte con violenza, dalle guardie di frontiera polacche in Bielorussia nonostante la richiesta di asilo, mentre da parte bielorussa i resoconti di violenze, trattamenti inumani e degradanti e coercizione da parte delle guardie di frontiera sono all’ordine del giorno. «Uomini, donne e bambini sono stati sballottati oltre il confine per giorni o settimane al freddo, avendo un disperato bisogno di assistenza umanitaria che viene bloccata da entrambe le parti» afferma Human Rights Watch, ricordando che «almeno 13 persone sono morte a causa di condizioni disumane, tra cui un bambino siriano di un anno».

Le autorità bielorusse e polacche hanno «l’obbligo di prevenire ulteriori decessi», garantendo un regolare accesso umanitario alle persone bloccate nell’area di confine, e dovrebbero «fermare immediatamente i respingimenti da ping-pong», consentendo a osservatori indipendenti e operatori dei diritti umani l’accesso alle aree attualmente limitate, sostiene Human Rights Watch che conclude: «La Bielorussia potrebbe aver orchestrato la crisi, ma ciò non assolve la Polonia e le istituzioni dell’Ue dai loro obblighi in materia di diritti umani».