Euronote – Per l’Ue poca crescita e molta incertezza

Milano, 12.2.2019

Le cause sono interne e soprattutto esterne all’Unione europea, ma è chiaro che in questo inverno 2019 l’economia dell’Ue risulta essere in frenata rispetto a quanto si attendeva la Commissione europea, mentre le previsioni per i prossimi mesi sono dettate da grande incertezza. «Dopo il picco raggiunto nel 2017, nel 2019 l’economia dell’Ue continuerà a decelerare, fino a una crescita dell’1,5%. Il rallentamento sarà più pronunciato rispetto a quello previsto lo scorso autunno, soprattutto nella zona euro, a causa delle incertezze del commercio mondiale e di fattori interni delle nostre economie più grandi. I fondamentali economici dell’Europa restano solidi e continuiamo a ricevere buone notizie, in particolare sul fronte dell’occupazione. La crescita dovrebbe riprendersi gradualmente nella seconda metà di quest’anno e nel 2020» ha dichiarato il commissario europeo per gli Affari economici e finanziari, Pierre Moscovici, sintetizzando la situazione economica dell’Ue contenuta nelle Previsioni economiche d’inverno 2019.

Complessivamente, le previsioni di crescita del Pil sono state riviste al ribasso soprattutto per l’area dell’euro, con 0,6 punti percentuali in meno rispetto a quanto annunciato lo scorso autunno. «La crescita economica continuerà, ma sarà più moderata» sostiene la Commissione, secondo cui l’economia europea dovrebbe continuare a beneficiare del miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro, di condizioni di finanziamento favorevoli e di una politica di bilancio leggermente espansiva. Dunque, le previsioni economiche d’inverno ritengono che il Pil della zona euro dovrebbe crescere dell’1,3% nel 2019 e dell’1,6% nel 2020 (le previsioni d’autunno erano 1,9% nel 2019 e 1,7% nel 2020). Riviste al ribasso anche le previsioni di crescita del Pil dell’intera Unione: 1,5% nel 2019 e 1,7% nel 2020 (in autunno si prevedeva l’1,9% nel 2019 e l’1,8% nel 2020).

Tra gli Stati membri più grandi, le revisioni al ribasso della crescita nel 2019 sono state consistenti soprattutto per Germania, Italia (crescita prevista dello 0,2% nel 2019 e dello 0,8% nel 2020, la crescita nettamente più bassa tra tutti gli Stati membri dell’Ue) e Paesi Bassi, mentre vari Paesi dell’Ue continuano a beneficiare di una forte domanda interna, anche sostenuta dai fondi europei.

Un mercato del lavoro in buone condizioni

Il mercato del lavoro nella zona euro è migliorato nel 2018 con un aumento annuale dell’1,6%, portando il numero complessivo di occupati a raggiungere il livello più alto mai registrato nell’area e di circa 2 punti percentuali superiore al picco pre-crisi rilevato nel primo trimestre 2008. Tuttavia, verso la fine dell’anno si è osservato un rallentamento e il numero totale di ore lavorate rimane al di sotto del livello pre-crisi di circa l’1% nonostante la creazione di posti di lavoro: «Questo riflette il cambiamento nella composizione di occupazione verso una quota maggiore di part-time» osserva la Commissione.

Nel dicembre 2018 il tasso di disoccupazione nell’area dell’euro si è attestato al 7,9%, il livello più basso dall’ottobre 2008, disoccupazione che continua a scendere più di quanto il tasso di crescita dell’economia suggerirebbe. Negli ultimi anni, le condizioni del mercato del lavoro sono migliorate in tutti gli Stati membri, anche se permangono differenze sostanziali tra i vari tassi nazionali di occupazione e disoccupazione.

Le aspettative per i prossimi mesi sono però di un rallentamento anche in materia di occupazione nei settori produttivo, dei servizi e della vendita al dettaglio, mentre sono piuttosto volatili nel settore delle costruzioni. Contemporaneamente esistono segni di carenze occupazionali in alcuni Stati membri e settori, con la previsione di una crescita moderata dell’occupazione in queste economie.

Incertezze interne ed esterne

Le prospettive economiche dell’Ue, spiega la Commissione, sono influenzate da un elevato livello di incertezza a livello globale, dove le tensioni commerciali soprattutto tra Stati Uniti e Cina pur affievolitesi continuano a destare preoccupazione. L’economia cinese, inoltre, potrebbe rallentare in modo più netto del previsto, in un contesto di vulnerabilità dei mercati finanziari mondiali e di molti mercati emergenti ai bruschi cambiamenti della percezione del rischio e delle aspettative di crescita. L’area dell’euro sembra essere particolarmente colpita dall’orientamento geografico del suo commercio estero e delle sue specializzazioni nelle produzioni.

Esistono poi anche fattori interni specifici che hanno contribuito alla perdita di slancio della crescita economica nella seconda metà del 2018, tra questi il calo della produzione di auto così come le tensioni sociali e l’incertezza della politica fiscale in alcuni Stati membri, mentre in vari Paesi della zona euro riemergono preoccupazioni per il legame tra banche ed emittenti sovrani e per la sostenibilità del debito.

Infine, il difficile e incerto processo della Brexit rimane una importante fonte di incertezza. Secondo la Commissione, le proiezioni per il 2019 e il 2020 si fondano sull’ipotesi puramente tecnica dello status quo in termini di relazioni commerciali tra l’Ue a 27 e il Regno Unito: «Si tratta di un’ipotesi adottata unicamente a fini di previsione, che non ha alcuna incidenza sul processo in corso nell’ambito della procedura prevista».

Il vicepresidente della Commissione responsabile per l’Euro e il dialogo sociale, ValdisDombrovskis, ritiene che «avere consapevolezza di questi rischi crescenti significa essere a metà dell’opera; l’altra metà consiste nella scelta della giusta combinazione di politiche: agevolare gli investimenti, intensificare gli sforzi per realizzare le riforme strutturali e perseguire politiche di bilancio prudenti».