Euronote – Più equilibrio tra lavoro e vita familiare

Milano, 8.4.2019

Il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva il 4 aprile scorso la nuova direttiva per facilitare la conciliazione tra lavoro e vita familiare. Le nuove norme, che rispecchiano i cambiamenti sociali e promuovono la parità di genere, stabiliscono i requisiti minimi che tutti gli Stati membri dovranno attuare nel tentativo di aumentare le opportunità delle donne nel mercato del lavoro e rafforzare il ruolo del padre, o di un secondo genitore equivalente, all’interno della famiglia.

Finora, cioè prima di questa nuova direttiva, il quadro giuridico dell’Ue prevedeva incentivi limitati per far sì che gli uomini condividessero equamente le responsabilità di assistenza, così la mancanza di congedi di paternità e parentali retribuiti in molti Stati membri ha contribuito al basso utilizzo da parte dei padri di questa tipologia di misure per conciliare il lavoro con la vita familiare.

«Lo squilibrio nella concezione delle politiche a favore dell’equilibrio tra attività professionale e vita familiare tra donne e uomini rafforza gli stereotipi e le differenze di genere nell’ambito del lavoro e dell’assistenza» osserva l’Europarlamento, secondo cui le politiche in materia di parità di trattamento dovrebbero mirare ad affrontare la questione degli stereotipi relativi alle professioni e ai ruoli sia maschili sia femminili. Le parti sociali, poi, sono incoraggiate dal Parlamento europeo ad agire «in base al loro ruolo fondamentale di informare sia i lavoratori sia i datori di lavoro e di sensibilizzarli in merito alla lotta alla discriminazione».

Inoltre, osservano i deputati europei, l’uso di meccanismi per conciliare attività professionale e vita familiare da parte dei padri, come il congedo o le modalità di lavoro flessibili, ha dimostrato di incidere positivamente sulla riduzione della percentuale di lavoro domestico non retribuito svolto dalle donne e di lasciare loro più tempo per il lavoro retribuito.

Congedo di paternità e lavoro flessibile

Secondo alcuni studi, gli Stati membri che offrono una parte significativa di congedo parentale ai padri e che versano ai lavoratori una retribuzione o un’indennità durante tale congedo a un tasso di sostituzione relativamente elevato presentano un tasso più elevato di fruizione da parte dei padri e una tendenza positiva nel tasso di occupazione delle madri. Così, ispirandosi a tali esperienze, le novità introdotte dalla direttiva prevedono che il padre o il secondo genitore equivalente, se riconosciuto dalla legislazione nazionale, avrà diritto ad almeno 10 giorni lavorativi di congedo di paternità retribuito nei giorni vicini alla nascita. Sono stati poi aggiunti due mesi di congedo parentale non trasferibile e retribuito, congedo che sarà un diritto individuale così da creare le condizioni adeguate per una distribuzione più equilibrata delle responsabilità. Toccherà agli Stati membri fissare un livello adeguato di retribuzione, o indennità, per il periodo minimo non trasferibile di congedo parentale, «tenendo conto del fatto che questo spesso comporta una perdita di reddito per la famiglia e che invece anche il familiare più retribuito (spesso un uomo) dovrebbe potersi avvalere di tale diritto» osserva il Parlamento europeo, aggiungendo la possibilità di congedo di 5 giorni all’anno per i lavoratori che prestano assistenza personale a un parente o a una persona che vive nella stessa famiglia a causa di un grave motivo medico o infermità connesse all’età.

La direttiva prevede inoltre che i genitori e i prestatori di assistenza che lavorano «potranno richiedere modalità di lavoro adattabili, ove possibile, ricorrendo al lavoro a distanza o a orari flessibili per poter svolgere le loro mansioni». Nell’esaminare tali richieste, sottolinea la direttiva, i datori di lavoro potranno tener conto non solo delle proprie risorse, ma anche delle esigenze specifiche di un genitore di figli con disabilità, o una malattia di lunga durata, e dei genitori soli.

Ces: buona notizia, ma si poteva fare meglio

Nonostante si siano verificati progressi significativi per alcuni gruppi sociali nel settore della conciliazione vita-lavoro, dal 2011 si è osservata una tendenza generale di declino e di progressi irregolari tra gli Stati membri.

I negoziati tra le istituzioni dell’Ue sulla creazione di nuove norme in materia sono iniziati nel settembre 2018 e un accordo provvisorio è stato raggiunto nel gennaio scorso. Il testo approvato dall’assemblea europarlamentare il 4 aprile scorso è meno ambizioso della proposta avanzata dalla Commissione e della posizione espressa dallo stesso Parlamento, che andava oltre la Commissione, ma in ogni caso si tratta di una nuova direttiva europea a cui gli Stati membri dovranno conformarsi entro tre anni.

«Questa direttiva vuole realizzare una maggiore parità di genere e una migliore divisione delle responsabilità – ha dichiarato il relatore, l’europarlamentare maltese David Casa –. Le donne hanno sofferto a causa della mancanza di parità, che ha portato a differenze di retribuzione e a un divario pensionistico. Ora saranno sostenute per entrare nel mercato del lavoro e raggiungere il loro pieno potenziale, mentre i padri avranno un ruolo più importante nell’educazione dei figli. Questa direttiva va anche a vantaggio dei familiari che si occupano di una generazione più anziana. È positiva per gli uomini, le donne, le famiglie e l’economia».

Una «buona notizia» l’approvazione della nuova direttiva secondo la Confederazione europea dei sindacati (Ces), che però ritiene che si sarebbe potuto andare oltre rafforzando maggiormente alcuni diritti, ad esempio una soglia minima europea per i pagamenti e le ferie pagate per i prestatori di cure. Ora, comunque, «esortiamo gli Stati membri a inserire le nuove norme europee nel diritto nazionale il prima possibile» dichiarano i responsabili della Ces, aggiungendo che «i datori di lavoro e i sindacati, cioè le parti sociali, avranno un ruolo importante da svolgere nel recepimento e nell’attuazione della direttiva».