Euronote – Quale futuro per l’Ue?

Dopo la Conferenza sul futuro dell’Europa i primi contrasti tra Stati membri

Milano, 19.5.2022

Un anno di lavori, 7 Conferenze plenarie, gruppi di lavoro a livello europeo e nazionale, una piattaforma digitale che ha fatto registrare 6.500 eventi, 5 milioni di visitatori e oltre 50.000 partecipanti attivi: questo è stata la Conferenza sul futuro dell’Europa. Vi hanno preso parte cittadini europei di diversa origine geografica, genere, età, contesto socioeconomico, livello di istruzione, con i giovani che hanno svolto un ruolo centrale. Una caratteristica innovativa sono stati i Panel europei, organizzati in quattro gruppi da 200 cittadini selezionati casualmente ma rappresentativi della diversità sociologica e geografica dell’Ue, un terzo costituito da giovani di 16-25 anni, che si sono incontrati per tre sessioni ciascuno formulando raccomandazioni. Gli Stati membri hanno organizzato dei comitati nazionali di cittadini sugli stessi principi, contribuendo inoltre con un’ampia gamma di eventi e iniziative.

Un percorso democratico senza precedenti, articolato in discussioni, dibattiti e collaborazione tra cittadini e politici, la Conferenza sul futuro dell’Europa è stata un esercizio «dal basso verso l’alto per consentire agli europei di esprimersi su ciò che si aspettano dall’Unione europea» sostengono le istituzioni dell’Ue, che nella Giornata dell’Europa hanno ricevuto la Relazione finale contenente una serie di proposte di riforma dell’Ue. Durante l’anno di lavoro, i comitati europei e nazionali di cittadini hanno trattato argomenti fondamentali, dall’economia e la giustizia sociale ai valori democratici e dello stato di diritto, dai cambiamenti climatici alle migrazioni e il ruolo dell’Ue nel mondo. Lo stesso è avvenuto sulla piattaforma digitale, dove i partecipanti hanno proposto e discusso quasi 18.000 idee.

Ne è scaturita una Relazione finale, con 49 proposte su obiettivi concreti e oltre 320 misure, consegnata ai presidenti del Parlamento europeo, della Commissione e del Consiglio. Le tre istituzioni esamineranno ora come dare un seguito efficace a queste proposte, ciascuna nell’ambito della propria sfera di competenza e conformemente ai trattati, dopodiché nel prossimo autunno si terrà un evento di feedback per aggiornare i cittadini.

Opposizione di 13 Stati membri

Tra le proposte e le raccomandazioni della Conferenza emerge l’esigenza di un maggior coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali, migliori trasparenza e infomazione sulle attività delle istituzioni, alle quali è richiesto di mettere al centro le esigenze delle persone in qualsiasi politica. Ma l’indicazione che fa più discutere riguarda la necessità di un processo decisionale semplificato, anche sostituendo nelle istituzioni dell’Ue l’attuale voto all’unanimità con un voto a maggioranza qualificata, su tutte le materie tranne eventuali modifiche ai principi fondamentali e nuove adesioni. Si tratterebbe di un cambiamento decisivo per il futuro politico dell’Ue, perché permetterebbe a una maggioranza di Paesi di procedere senza dover ottenere il consenso di tutti gli Stati membri. Un riforma del Trattato su cui si sono già espressi favorevolmente i maggiori Paesi dell’Ue, ma che il giorno stesso in cui la Conferenza consegnava la sua Relazione ha registrato la ferma opposizione di un gruppo importante di Stati membri, evidenziando la complessità della questione.

«Ricordiamo che la modifica del Trattato non è mai stata uno scopo della Conferenza. (…) Sebbene non escludiamo alcuna opzione in questa fase, non sosteniamo i tentativi sconsiderati e prematuri di avviare un processo di modifica del Trattato. Ciò comporterebbe un serio rischio di sottrarre energia politica all’importante compito di trovare soluzioni alle domande alle quali i nostri cittadini si aspettano risposte e di gestire le urgenti sfide geopolitiche che l’Europa deve affrontare». Così recita il documento congiunto sottoscritto da ben 13 Paesi dell’Ue: Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovenia e Svezia. «Abbiamo già un’Europa che funziona. Non abbiamo bisogno di affrettarci nelle riforme istituzionali per ottenere risultati» sostiene questo gruppo di Paesi “piccoli”, nel timore di non poter più competere in futuro con gli Stati membri “pesanti” sulle decisioni poliiche dell’Ue. Con l’eventuale modifica del Trattato, infatti, basterebbe il voto favorevole di 15 dei 27 Stati membri, purché rappresentino oltre il 65% della popolazione dell’Ue. Va ricordato che per avviare negoziati su possibili modifiche del Trattato serve una maggioranza semplice di Stati membri, cioè almeno 14, una procedura che potrebbe essere bloccata sul nascere se agli attuali 13 Paesi contrari dovesse aggiungersi l’Ungheria, già vicina a molti di questi su varie materie dell’Ue.

Ces: «Rispettare le conclusioni della Conferenza»

«La Conferenza sul futuro dell’Europa sollecita il progresso sociale, anche attraverso modifiche ai trattati» dichiara la Confederazione europea dei sindacati (Ces), secondo cui il Parlamento europeo, la Commissione e il Consiglio ora devono garantire che le conclusioni siano rispettate e diventino realtà. Per fare ciò, osservano i sindacati europei, sono necessarie «modifiche alle politiche, ai programmi di lavoro, al bilancio e alle iniziative legislative, ma anche modifiche ai Trattati».

La Ces sottolinea che le modifiche al Trattato proposte dai cittadini includono, «grazie alla mobilitazione dei sindacati», un protocollo di progresso sociale per garantire che i diritti sociali abbiano la precedenza sulle libertà economiche in caso di conflitto. «Il protocollo del progresso sociale è necessario per garantire che non si ripetano mai i famigerati casi Laval e Viking, che hanno aperto le porte al dumping sociale in tutta Europa, e per prevenire la regressione e l’elusione dei diritti sociali» dichiara la Ces, secondo cui, come richiesto dai cittadini, «deve essere introdotta una forte dimensione sociale nella governance istituzionale ed economica dell’Ue, evitando così un ritorno alle devastanti politiche di austerità, in particolare attraverso la piena attuazione dei principi del Pilastro europeo dei diritti sociali». La Conferenza «ha esplicitamente sostenuto le modifiche ai trattati e le politiche sociali ambiziose e ci aspettiamo che i leader dell’Ue mantengano la loro promessa di rispettarne le conclusioni» ha commentato Luca Visentini, segretario generale della Ces.