Euronote – Recovery Fund e Bilancio: accordo da migliorare

È quanto sostiene il Parlamento europeo in una risoluzione adottata il 22 luglio

Milano, 27.7.2020

Pronto a negoziati rapidi per apportare i necessari miglioramenti all’accordo sul Recovery Fund e il bilancio a lungo termine raggiunto dal Consiglio europeo; un accordo definito «storico», poiché per la prima volta verte sulla disponibilità dei Paesi dell’Ue ad emettere un debito congiunto da 750 miliardi di euro, ma che prevede anche dei non condivisibili tagli al Quadro finanziario pluriennale. Questa, in estrema sintesi, la posizione espressa dal Parlamento Europeo nel corso di una sessione plenaria straordinaria, dedicata a una valutazione delle decisioni prese dal Consiglio europeo del 17-21 luglio in merito al Piano di ripresa e al bilancio a lungo termine dell’Ue. Già gli eurodeputati che costituiscono il gruppo negoziale del Parlamento per il prossimo bilancio dell’Ue e la riforma delle risorse avevano espresso soddisfazione ma anche qualche dubbio sulle decisioni del Consiglio europeo. «Lo strumento di recupero è un passo importante verso una nuova ambizione per l’Unione: più verde, più competitiva e digitale. Questo ingente prestito rappresenta un fatto storico per l’Ue e non dovremmo ignorare ciò che è appena accaduto» avevano commentato i negoziatori dell’Europarlamento, aggiungendo tuttavia il rammarico per la decisione degli Stati membri di abbandonare completamente la “soluzione ponte”, «il cui obiettivo era di fornire una risposta immediata ai cittadini, a seguito della crisi creata dall’epidemia di Covid-19».

Molto critica invece la loro posizione rispetto al Quadro finanziario pluriennale ipotizzato dal Consiglio europeo: «Il Parlamento non può accettare i massimali minimi da record proposti, poiché significano rinunciare agli obiettivi a lungo termine e all’autonomia strategica dell’Ue, mentre i cittadini chiedono di più. Più solidarietà europea, più azione europea in materia di sanità pubblica, ricerca e digitalizzazione, gioventù e lotta ai cambiamenti climatici. I programmi chiave per raggiungere questi obiettivi sono stati considerevolmente ridotti e hanno perso la maggior parte dei loro ricarichi nell’ambito di Next Generation Eu». Per queste ragioni il Parlamento europeo si è detto pronto ad avviare immediatamente i negoziati «per raggiungere un migliore accordo per l’Europa» ed ha espresso la sua posizione ufficiale con una risoluzione adottata il 22 luglio scorso. 

Interessi nazionali mettono a rischio soluzioni comuni

Ricordando che la pandemia di Covid-19 ha determinato una crisi senza precedenti, con conseguenze disastrose per le persone, le famiglie, i lavoratori e le imprese, l’Europarlamento ritiene necessaria «una risposta senza precedenti», per una ripresa dell’Ue che dovrebbe basarsi sul Green Deal europeo, sull’agenda digitale europea, sulla nuova strategia industriale e sull’imprenditorialità, «affinché le nostre economie emergano dalla crisi più forti, più resilienti, più sostenibili e più competitive». Le priorità a lungo termine dell’Ue, stabilite nel Quadro finanziario pluriennale, non devono però «essere sacrificate sull’altare della ripresa», sostiene il Parlamento europeo che ritiene di dover essere «pienamente coinvolto nell’attuazione dello strumento per la ripresa» essendo «il garante di una ripresa trasparente e democratica».

Infatti, l’Europarlamento «non accetta» l’accordo politico sul Quadro finanziario 2021-2027, su cui dovrà concedere l’approvazione, e ne spiega le motivazioni: «Troppo spesso l’adesione esclusiva a interessi e posizioni nazionali metta a rischio il conseguimento di soluzioni comuni che sono nell’interesse generale», mentre i tagli al Quadro finanziario contrastano con gli obiettivi dell’Ue, «per esempio, i tagli proposti ai programmi in materia di sanità e di ricerca rappresentano un pericolo nel contesto di una pandemia globale; i tagli proposti all’istruzione, alla trasformazione digitale e all’innovazione pregiudicano il futuro della prossima generazione di europei; i tagli proposti ai programmi che sostengono la transizione delle regioni dipendenti dal carbonio sono in contrasto con l’agenda del Green Deal dell’Ue; i tagli proposti in materia di asilo, migrazione e gestione delle frontiere mettano a rischio la posizione dell’Ue in un mondo sempre più instabile e incerto».

I fondi devono essere spesi bene, nell’interesse dei cittadini

Prendendo atto dell’accordo sul volume complessivo di Next Generation Eu, l’Europarlamento si rammarica tuttavia dei «consistenti tagli apportati alla componente delle sovvenzioni, che alterano l’equilibrio tra sovvenzioni e prestiti e pregiudicheranno gli sforzi per la ripresa», ritenendo che tali tagli «diminuiranno la capacità di intervento dello strumento e il suo effetto trasformativo sull’economia». I deputati europei dichiarano poi di opporsi alla posizione del Consiglio europeo sulla governance del dispositivo per la ripresa e la resilienza, «che si discosta dal metodo comunitario privilegiando un approccio intergovernativo: tale approccio finirà solamente per complicare il funzionamento del dispositivo e indebolire la sua legittimità».

L’europarlamento esige pertanto di essere coinvolto negli atti e nella verifica che i fondi erogati «siano spesi bene, nell’interesse dei cittadini e dell’Ue, garantiscano un effettivo valore aggiunto e sostengano la resilienza economica e sociale», chiedendo piena trasparenza rispetto a tutti i beneficiari finali.

I deputati europei sostengono inoltre che il rimborso del debito contratto col Recovery Fund non debba essere a carico dei futuri bilanci dell’Ue e delle future generazioni e che invece dovrebbe iniziare il prima possibile, mentre tutti i costi connessi (capitale e interessi) dovrebbero essere iscritti in bilancio al di fuori dei massimali del Quadro finanziario pluriennale dell’Ue.

Sottolineando infine che non intende essere costretto ad accettare un cattivo accordo, il Parlamento europeo dichiara la propria intenzione di avviare negoziati con il Consiglio su tutti gli elementi del prossimo bilancio a lungo termine per giungere a un accordo politico entro la fine del prossimo ottobre.