Euronote – Ridurre povertà e disuguaglianze

Risoluzione dell’Europarlamento con attenzione alla povertà lavorativa

Milano, 1.3.2021

La povertà e l’esclusione dal mercato del lavoro e dalla società aggravano le disparità e la segregazione, mentre l’Ue ha l’obbligo di assicurare che tutti i lavoratori godano di condizioni di lavoro che rispettino salute, sicurezza e dignità. Per questo la Commissione e gli Stati membri, nell’attuazione delle loro politiche, dovrebbero rafforzare maggiormente il modello sociale europeo e tenere in considerazione le esigenze connesse alla promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un tenore di vita dignitoso e di un’adeguata protezione sociale per tutti, nonché la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale.

È quanto affermato dal Parlamento europeo in una recente risoluzione sulla riduzione delle diseguaglianze, con particolare attenzione alla povertà lavorativa in aumento nei Paesi dell’Ue, che nel 2018 colpiva il 9,4% dei lavoratori ma che con la crisi pandemica è ulteriormente aumentata. Il principio secondo cui “il lavoro è la migliore soluzione alla povertà” non si applica ai settori con bassi livelli salariali e per coloro che lavorano in condizioni precarie e atipiche, sottolinea infatti l’Europarlamento secondo cui serve una convergenza sociale ed economica verso l’alto per contrastare l’aumento delle disuguaglianze e rafforzare la solidarietà. Obiettivi conseguibili, secondo i deputati europei, anche facendo ricorso a strumenti come un reddito minimo, un salario minimo e una pensione minima, nonché rafforzando i sistemi di contrattazione collettiva e garantendo protezione e sicurezza sociale. Per rispondere al forte impatto che la crisi pandemica ha avuto sui lavoratori e i gruppi svantaggiati servono risposte politiche fondate sulla solidarietà globale, sostengono gli eurodeputati insistendo sul fatto che le misure per contrastare la povertà, anche lavorativa, dovrebbero mirare a una ripresa rapida, equa ed ecologica. L’attuazione del piano per la ripresa dell’Europa dovrà quindi mirare anche all’eliminaizone di povertà e disuguaglianze socioeconomiche, sostiene l’Europarlamento, con obiettivi e parametri che consentano di valutare costantemente la situazione secondo un processo democratico e trasparente.

Disuguaglianze diffuse e povertà in aumento

Già prima della crisi da Covid-19 le diseguaglianze all’interno dell’Ue erano significative, con il 20% delle famiglie con i redditi più bassi che aveva mediamente un debito netto di 4.500 euro e invece il 10% delle famiglie più ricche che disponeva di un patrimonio netto medio di oltre un milione di euro. Disuguaglianza e povertà, osserva la risoluzione del Parlamento europeo, sono causate e alimentate da un’interconnessione di fattori quali le disuguaglianze salariali, la disuguaglianza di genere, la mancanza di alloggi economicamente accessibili, la discriminazione, i bassi livelli di istruzione, i cambiamenti tecnologici nel mondo del lavoro e i cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro.

L’Ue ha mancato il proprio obiettivo stabilito nella strategia Europa 2020 di ridurre di 20 milioni il numero assoluto di persone a rischio di povertà rispetto al 2008. Così, nella terza maggiore area economica al mondo per una persona su cinque la sopravvivenza economica, la partecipazione sociale e la qualità della vita sono a rischio. Nell’Ue, infatti, 85,3 milioni di persone (16,9%) sono colpite da povertà o esclusione sociale dopo i trasferimenti sociali; nel 2019 il 5,8% della popolazione viveva in condizioni di deprivazione materiale grave; circa l’11% dei giovani tra i 18 e i 24 anni, seppur con un impiego, è a rischio di povertà; condizione che continua ad aumentare anche tra le persone in età avanzata, con un tasso di rischio di povertà per gli over 65 salito al 16,1%; tra i 50 e i 125 milioni di persone sono interessate dalla povertà energetica e non possono permettersi un comfort termico domestico adeguato; le famiglie a basso reddito che vivono in affitto devono sostenere costi mediani per l’alloggio compresi tra il 20% e il 45% dei loro redditi; il numero dei senza dimora è aumentato del 70% in dieci anni e si stima in 700.000 persone; un lavoratore su sei percepisce un salario basso, inferiore a due terzi della retribuzione nazionale mediana, e tale percentuale è in costante aumento; in dieci anni la percentuale degli occupati che vivono in una famiglia a rischio di povertà è cresciuta dall’8% al 9,4%, cioè 20,5 milioni di persone; il 16,2% dei lavoratori a tempo parziale o con contratti a tempo determinato è più esposto al rischio di povertà lavorativa rispetto al 6,1% di quelli con un contratto a tempo indeterminato; i contratti standard a tempo pieno e a tempo indeterminato rappresentano solo il 59% dei rapporti di lavoro nell’Ue, mentre il lavoro atipico e spesso precario è in continuo aumento.

Peggioramento con la crisi pandemica

In questo quadro è giunta la crisi pandemica che, sottolinea l’Europarlamento, ha richiamato l’attenzione anche sulle questioni sociali legate alla perdita dei posti di lavoro, al lavoro a breve termine e alle minacce alla sopravvivenza economica, ad esempio per le piccole e medie imprese. La classe media si sta riducendo, il divario tra ricchi e poveri è in crescita e si stanno aggravando gli squilibri tra i Paesi e all’interno di stessi. Solo durante la prima ondata pandemica il 50% dei lavoratori nell’Ue ha subito una riduzione dell’orario di lavoro e più di un terzo delle persone occupate ha segnalato una riduzione significativa. La pandemia avrà un impatto diretto sull’aumento di povertà e povertà lavorativa, in particolare nei gruppi più vulnerabili, e ha evidenziato l’esigenza di una protezione sociale più inclusiva che copra tutti i tipi di lavoratori, in particolare i lavoratori autonomi e i lavoratori delle piattaforme, osserva il Parlamento europeo affermando che «l’Ue ha l’obbligo di assicurare che tutti i lavoratori godano di condizioni di lavoro che rispettino la loro salute, sicurezza e dignità». Invita quindi la Commissione a prestare attenzione all’impatto economico della riduzione dell’orario lavorativo, a coloro che hanno perso il lavoro, temporaneamente o definitivamente, e agli impatti sociali sulle persone che vivono in condizioni precarie.

Commissione e Stati membri sono sollecitati dall’Europarlamento a «tutelare i lavoratori mantenendone i posti di lavoro» e a «tutelare le persone con condizioni di vita precarie».