Europa, un modello da salvare cambiando l’agenda

Milano, 11.4.2014
 
Occorre cambiare l’agenda europea, non il modello, con una nuova scala di priorità per superare gli ostacoli posti allo sviluppo dell’unione politica dalla crisi economica, da livelli di disoccupazione senza precedenti, dal crescere delle disuguaglianze e dal ritorno dei nazionalismi. Solo così sarà possibile ridare slancio al progetto originario di Europa. Se n’è discusso questa mattina nel corso del dibattito “New Deal Europa. Il rilancio viene dal federalismo”, organizzata da Cisl Lombardia e BiblioLavoro, con la collaborazione del dipartimento Internazionale e di Apice. “Un anno fa abbiamo aperto il nostro XI congresso da Bruxelles e ho detto che l’Europa era in pericolo, che era necessario un nuovo patto politico e sociale – ha detto Gigi Petteni, segretario generale della Cisl Lombardia, introducendo i lavori -. Oggi tutto ciò è un obiettivo ancor più prioritario, forse più di un anno fa, al pari dell’unificazione politica e del risanamento economico”. “Per uscire da questa difficile fase di crisi la Lombardia e l’Italia hanno bisogno di guardare oltre i propri confini, verso orizzonti più lontani ed ambiziosi – ha aggiunto -. Recuperare il ruolo  e la centralità dell’Europa è una sfida non meno urgente di quelle della nuova agenda che noi crediamo necessaria per il rilancio dell’Unione: le politiche di austerità e rigore dovrebbero essere integrate da importanti investimenti per crescita e lavoro”. 
Moderati dall’editorialista del Sole 24 Ore, Adriana Ceretelli, al dibattito sono intervenuti Paolo Lorenzetti, segretario del Movimento Federalista Europeo di Milano, Mauro Ceruti, filosofo della scienza, Giulio Sapelli, storico economico, Franco Cardini, medievalista, Claude Rolin, ex sindacalista, politico belga.  “Bisogna: tornare indietro, abolire il fiscal compact, rivedere il vincolo del 3% – ha detto Sapelli -. Dobbiamo disintossicarci dalla mania delle riforme e prendere atto che Germania e Nord-Europa hanno un potere enorme, ma anche che l’Italia è un paese a sovranità limitata, poiché gli Stati Uniti esercitano un’influenza diretta”. “La politica della Bce è deflattiva – ha aggiunto – ma è impensabile che in questo modo si possano creare le condizioni per la crescita”.
Mauro Ceruti ha sottolineato che “l’Europa appare in pericolo, ma nasce dal pericolo”. “Da sempre è un laboratorio instabile, ambivalente – ha detto – e come diceva Le Goff, l’identità dell’Europa è la sua diversità”. 
Secondo lo storico Cardini, per rilanciare il progetto comunitario bisogna puntare sopratutto sulla cultura  e sulla nascita di un’idea di “patria europea”. “In caso contrario la nostra realtà come europei non nascerà mai – ha detto -. E se vogliamo raggiungere questo obiettivo dobbiamo metterci a lavorare sodo, perché abbiamo davanti un mondo che può fare a meno di noi”.  Intervenendo a chiusura del dibattito, Claude Rolin ha sottolineato l’importanza delle parti sociali, nel colmare le lacune della politica, e la necessità che gli stati rinuncino gioco forza a una parte della sovranità nazionale, per entrare in una vera ottica europea,  e che lo stesso facciano anche le associazioni di rappresentanza nazionali, per dare più efficacia al livello comunitario.