Finanza malata, dal cinema d’inchiesta il richiamo all’etica

Milano, 29.9.2016
Contro gli effetti della finanza malata anche il cinema può giocare un ruolo strategico, andando a colmare quel deficit di informazione e approfondimento dell’universo mediatico, troppo spesso  impostato sull’intrattenimento e la distrazione del pubblico. Lo dimostra il film  “La grande scommessa”, interessante spunto per l’iniziativa “Finanza malata e cinema d’inchiesta” organizzata da BiblioLavoro nell’ambito della XII edizione del Labour Film Festival, che anche quest’anno ha riscosso una grande successo di pubblico. “Con l’aiuto di esperti qualificati riteniamo importante prendere spunto da un film che ha suscitato grandi consensi di critica e pubblico per fare qualche ragionamento che mette a fuoco la crisi, gli aspetti più critici della finanza, cercando di enucleare un interesse coerente con la storia del lavoro”, ha detto Aldo Carera, presidente di Bibliolavoro. A metà strada tra finzione e documentario, il film di Adam McKay riesce infatti a parlare di un tema molto complesso come la crisi economica e l’esplosione della bolla dei mutui subprime in modo brillante e ironico. Un film amaro e difficile dal punto di vista dei contenuti proposti, ma anche coraggioso, perché scava in una realtà scomoda, senza avere il timore di mettere in luce i meccanismi perversi della finanza. Una crisi che, ha sottolineato Fulvio Coltorti, docente di Storia economica, negli Usa è ormai superata, grazie ad un approccio keynesiano di sostegno alla domanda, mentre in Europa “si stenta poiché è stata giocata la carta dell’austerità”. “Uno dei motivi della grande crisi di questi ultimi anni – ha aggiunto – sono stati anche gli errori dei banchieri, che in molti casi non sembrano avere imparato la lezione: per dovrebbero diventare più piccole, semplici e sicure, mentre si continua a optare per le grandi fusioni”.  Uno dei problemi cruciali è il controllo del rischio, ha sottolineato Angelo Baglioni, professore di Economia della finanza. “L’Europa ha scelto di optare sul bail-in, con una direttiva che cerca di trovare una terza via tra il salvataggio puro e semplice e il fallimento – ha spiegato -. Si è scelto di tenere in vita le banche in crisi facendone pagare costi a investitori. Una strategia molto delicata, che in molti casi è stata applicata male”. Dal punto di vista di chi nelle banche lavora ed è interessato anche a tutelare la clientela, il richiamo principale è all’etica e al problema dell’assenza di regole. “Mancano le regole, mancano i controlli da parte di chi ne detiene l’autorità – ha detto Giulio Romani, segretario generale First Cisl -. Chi avrebbe dovuto vigilare sul rischio delle obbligazioni emesse a rischio medio basso? Da anni chiediamo invano più controlli a garanzia dei clienti”.