Milano, 31.1.2018
Durante i quattro giorni in cui gli amministratori delegati di varie società europee hanno preso parte al World Economic Forum di Davos (23-26 gennaio 2018), essi hanno guadagnato più di quanto la maggior parte delle persone riesca a guadagnare in un periodo compreso tra 18 e 24 mesi. Secondo uno studio svolto dalla multinazionale statunitense dei mass media Bloomberg, infatti, il ricavo medio dei Ceo (Chief Executive Officers) durante i quattro giorni di Davos varia a seconda dei Paesi dove questi lavorano, ma è indubbiamente sproporzionato se confrontato al reddito dei lavoratori: un Ceo del Regno Unito ha guadagnato in quattro giorni quanto due anni di reddito medio nel suo Paese; un Ceo dei Paesi Bassi oltre un anno e dieci mesi di reddito medio; uno della Svizzera quanto un anno e otto mesi di reddito medio; uno della Spagna oltre un anno e sette mesi di reddito medio; uno della Germania l’equivalente di 18 mesi di reddito medio.
Il tema del World Economic Forum 2018 è stato la creazione di un futuro condiviso, «e i Ceo possono iniziare accettando di condividere i redditi in modo più equo – ha affermato Esther Lynch, segretaria confederale della Confederazione europea dei sindacati (Ces) –. Ciò significa garantire i diritti sindacali e la contrattazione collettiva nelle proprie società e catene di approvvigionamento e invertire la tendenza crescente del falso lavoro autonomo».
Secondo Luca Visentini, segretario generale della Ces, «i Ceo che hanno partecipato al Forum di Davos avrebbero dovuto concordare qualcosa che migliori il mondo se vogliono giustificare guadagni più elevati di un anno di reddito annuale medio». La Ces ha pertanto invitato i Ceo presenti al Forum «a guadagnare i loro stipendi sostenendo aumenti salariali equi per i lavoratori nelle loro aziende e catene di approvvigionamento». Oltre a chiedere diritti sindacali e contrattazione collettiva per ottenere un aumento salariale equo, la Ces auspica un dibattito più ampio sulle misure volte ad affrontare l’eccesso di retribuzione dei dirigenti. Tali misure potrebbero includere, secondo i sindacati europei: l’obbligo per le aziende di pubblicare le percentuali di remunerazione amministratori delegati / lavoratori (come avviene in Usa e Regno Unito); dare a lavoratori e azionisti più potere rispetto alle retribuzioni dei dirigenti; ridurre le retribuzioni legate al mercato azionario e orientarsi verso remunerazioni più a lungo termine e sostenibili; porre un limite legale ai salari; introdurre il divieto di segretezza nei contratti di lavoro.
Diseguaglianze inaccettabili: il Rapporto di Oxfam
Il mondo diseguale è ben illustrato dal Rapporto Ricompensare il lavoro non la ricchezza, presentato in occasione del Forum di Davos da Oxfam, organizzazione internazionale impegnata da decenni nella cooperazione allo sviluppo. Un Rapporto che evidenzia come i vantaggi della crescita economica continuino a concentrarsi nelle mani di pochi.
Nel corso dell’ultimo anno il numero dei miliardari è aumentato come mai prima: uno in più ogni due giorni. Attualmente vi sono nel mondo 2.043 miliardari e nove su dieci sono uomini. La ricchezza di questa élite si è accresciuta di 762 miliardi di dollari nell’arco di 12 mesi, un incremento che rappresenta 7 volte l’ammontare delle risorse necessario per far uscire dallo stato di povertà estrema 789 milioni di persone. Di tutta la ricchezza creata nell’ultimo anno, l’82% è andato all’1% della popolazione, mentre il 50% meno abbiente (3,7 miliardi di persone) non ha beneficiato di alcun aumento. In base a nuovi dati forniti da Credit Suisse, attualmente 42 persone possiedono la stessa ricchezza dei 3,7 miliardi di persone meno abbienti, mentre l’1% più ricco della popolazione mondiale continua a possedere più ricchezze di tutto il resto dell’umanità.
In Italia, a metà 2017, il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta, mentre nel periodo 2006-2016 il reddito nazionale disponibile lordo del 10% più povero degli italiani è diminuito del 23,1%.
A livello globale, nel periodo 2006-2015 il reddito dei lavoratori comuni è aumentato in media del 2% all’anno, mentre la ricchezza dei miliardari ha goduto di un incremento annuo di quasi il 13%, cioè 6 volte maggiore. Il lavoro pericoloso e scarsamente pagato della maggioranza della popolazione mondiale alimenta l’estrema ricchezza di pochi, e le condizioni di lavoro peggiori spettano alle donne.
Cause della diseguaglianza e proposte per contrastarla
Il costante incremento dei profitti di azionisti e top manager corrisponde a un peggioramento altrettanto costante dei salari e delle condizioni dei lavoratori, sostiene Oxfam, questo per alcuni motivi chiaramente individuabili: «La forsennata corsa alla riduzione del costo del lavoro che porta all’erosione delle retribuzioni; la colpevole negligenza verso i diritti dei lavoratori e la drastica limitazione del loro potere di contrattazione nel mercato globale; i processi di esternalizzazione lungo le filiere globali di produzione; la massimizzazione “ad ogni costo” degli utili d’impresa a vantaggio di emolumenti e incentivi concessi ai top-manager; la forte influenza esercitata da portatori di interessi privati, capace di condizionare le politiche».
Al fine di contrastare questa diseguaglianza globale sempre più grave e insostenibile, Oxfam avanza alcune proposte: incentivare modelli imprenditoriali che adottino politiche di maggiore equità retributiva e sostengano livelli salariali dignitosi; introdurre un tetto agli stipendi dei top-manager, così che il divario retributivo non superi il rapporto 20:1 ed eliminare il gap di genere; proteggere i diritti dei lavoratori, specialmente delle categorie più vulnerabili: lavoratori domestici, migranti e del settore informale, garantendo loro il diritto di associazione sindacale; assicurare che i ricchi e le grandi corporation paghino la giusta quota di tasse, attraverso una maggiore progressività fiscale e misure solide di contrasto all’evasione ed elusione fiscale; aumentare la spesa pubblica per sanità, istruzione e sicurezza sociale a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione.