I classici del cinema – Garage Demy

Milano, 30.10.2017

Regia: Agnes Varda Sceneggiatura: Agnes Varda Fotografia: Patrick Blossier, Agnes Godard, Georges Strouvè Musiche: Joanna Bruzdowicz Montaggio: Marie Jo Audiard Interpreti: Jacques Demy, Brigittte Monnier, Philippe Maron (Jacquot 1), Edouard Jubeaud (Jacquot 2), Laurent Monnier (Jacquot 3) Produzione: Cine-Tamaris Distribuzione: Cineteca Durata:118′

Jacquot Demy è un ragazzino di 13 anni. Suo padre ha un garage e sua madre fa la parrucchiera. La sua sembra una famiglia felice come si vede nelle pubblicità alla televisione. Jacquot si lascia affascinare da ogni tipo di spettacolo, il teatro, come il cinema o i burattini. Si fa comprare una telecamera e comincia a girare il suo primo film amatoriale. E’ la vera storia del cineasta francese Jacques Demy e della sua autentica vocazione per il cinema e per il musical.

Agnes Varda rilegge l’iniziazione artistica di suo marito Jacques Demy (1931-1990), regista poco conosciuto nel panorama internazionale (il suo film d’esordio “Lola donna di vita” del 1960 resta l’opera più apprezzata, anche se nel 1964 con “Les parapluies de Cherboug” vinse il Gran Premio a Cannes) e rapidamente dimenticato anche in terra di Francia. Eppure la sua passione per lo spettacolo, il suo innamoramento per il cinema ne fanno un personaggio indimenticabile. La scommessa di Garage Demy era quella di scrivere gli affetti di una donna per il proprio compagno scomparso, tentando di restare coerente con il proprio lavoro.

LA CRITICA

Tre film in uno: a) il film che A. Varda voleva fare sugli anni dell’infanzia felice e dell’adolescenza irrequieta del marito J. Demy con la sua precoce vocazione per il cinema; b) una riflessione sulle fonti, interiori ed esterne, della sua ispirazione; c) soggetto nascosto, uomo braccato dalla morte: “Filmavo le forze vive del bambino che era stato e vedevo l’adulto che perdeva le sue forze”. Demy morì nell’ottobre 1990, quando ancora non aveva 60 anni e il film non era finito. E un atto di amore coniugale messo in immagini con grazia, tenerezza, pudore dove la fiction si alterna con i frammenti dei suoi film (anche dei filmini in 9,5 mm girati da Jacquot ragazzo), con le brevi e lente panoramiche macrofotografiche che percorrono, come carezze, il suo corpo minato dalla malattia. Troppo carezzevole il tono e troppo idillica la rievocazione? Forse. La felicità è ineffabile, difficile da raccontare. “Le sole grandi civiltà sono quelle che riconciliano la vita con la morte” (Octavio Paz). Bisogna che l’idea della morte ritorni nel cuore della vita, dice questo film. (Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli)

Atto d’amore verso il marito, la cui malattia lo sta conducendo alla morte, il film della Varda è anche un omaggio alla sua opera, in cui spesso si sono riaffacciate le sensazioni e le emozioni dell’infanzia felice vissuta a Nantes. Il film utilizza quindi la memoria come strumento per rivivere nel presente l’infanzia, la preadolescenza e l’adolescenza, in bilico tra lo stupore del ricordo e una certa nostalgia per un’età che, seppur lontana anagraficamente, è ancora vivissima nella mente del protagonista. In questo senso, appare subito evidente l’importanza dell’infanzia come età in cui le esperienze vissute e le sensazioni provate lasciano un segno indelebile per il resto della vita. Michele Marangi Aiace Torino
La regista francese di Senza tetto né legge rende omaggio al marito Jacques Demy con questa pellicola che è un atto d’amore verso il cinema. Si narra dell’adolescenza di Demy che attraversa il periodo 1938/1949. Ciò che interessa la Varda sono gli avvenimenti personali. (MyMovies)

LA REGISTA: AGNES VARDA

Nata in Belgio nel 1928 da padre greco e madre francese, Agnès Varda trascorre l’adolescenza a Séte, vicino a Montpellier. Non ancora ventenne si trasferisce a Parigi dove studia storia dell’arte. Terminati gli studi lavora come fotografa del Théatre National Populaire di Jean Vilar, dove conosce Philippe Noiret e Gérard Philipe. Dopo aver lavorato per qualche anno come reporter, nel 1954 esordisce alla regia cinematografica con La pointe courte, una cronaca nella vita in un villaggio di pescatori e diario di una coppia in crisi. Il montaggio del film viene curato da Alain Resnais. Nello stesso anno Agnès Varda fonda la casa di produzione Cine Tamaris con la quale ha prodotto tutti i suoi film. Osservatrice attenta e dotata di una fervida immaginazione, Agnès ha seguito per le vie di Parigi i movimenti di una ragazza in attesa febbrile dell’appuntamento con una diagnosi medica che si rivelerà fatale in Cléo dalle 5 alle 7 (1962), secondo lungometraggio e probabilmente il più bello dei suoi film. Anche i film successivi da Il verde prato dell’amore (1965) a Senza tetto né legge (premiato con il Leone d’oro al festival di Venezia nel 1985) e Jane B. par Agnès Varda (1987), la regista si distingue per la profonda sensibiltà che le permette di intergrare la ricerca cinematografica con l’esperienza interiore. Con Jacquot de Nantes (1991), Les demoiselles ont eu 25 ans (1992) e L’univers de Jacques Demy, Agnès rende omaggio a suo marito, il regista Jacques Demy. Dopo Les cent e une nuit (1995), un reportage realizzato per il centenario della nascita del cinema, Agnès Varda gira Les glaneurs et la glaneuse, un documentario in cui lei stessa veste i panni di una cineasta “spigolatrice” che recupera immagini e testimonianze dall’universo nascosto dei “recuperanti”. Premiata con un César onorario, diventa membro della giuria del Festival di Cannes nel 2005 e viene omaggiata con numerose retrospettive nel continente americano tanto da ottenere, nel marzo del 2009, l’Harvard Film Archive. Ma ancora poco incline a stare lontana dalla cinepresa, presenta un nuovo documentario, Les Plages d’Agnès, all’interno del quale riflette sulla sua stessa vita e sul suo lavoro. Uno sforzo filosofico ed esistenzialista che le varrà un nuovo César per il miglior documentario. Dopo essere stata con la Légion d’honneur, con una laurea honoris causa all’Università di Liegi e dopo essere diventata presidentessa di Giuria alla Caméra d’Or del Festival di Cannes, viene premiata con la Grand-Croix de l’Ordre National du Mérite nel 2013.