Mediterraneo: record di migranti e di vittime

I dati di Frontex e Oim segnalano la necessità di politiche migratorie diverse

È ormai noto da anni che le migrazioni dipendono da fattori e dinamiche tali per cui leggi nazionali di chiusura e provvedimenti restrittivi possono ottenere un unico risultato certo: incrementare la quota irregolare dei flussi migratori. Non sorprendono dunque i dati resi noti recentemente da Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, secondo cui il numero di attraversamenti irregolari delle frontiere verso l’Unione europea lungo il Mediterraneo centrale nei primi quattro mesi del 2023 è quadruplicato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo il livello più alto dal 2009, anno in cui Frontex ha iniziato la raccolta dei dati. Nei primi quattro mesi dell’anno, osserva Frontex, sono stati quasi 80.700 i rilevamenti di attraversamenti irregolari alle frontiere esterne dell’Ue, cioè circa il 30% in più rispetto all’ anno precedente e il totale più alto per il periodo gennaio-aprile dal 2016. Nel solo mese di aprile sono stati rilevati 25.200 attraversamenti irregolari delle frontiere, con un aumento del 25% su base annua. La rotta del Mediterraneo centrale ha rappresentato finora quest’anno poco più della metà degli attraversamenti irregolari verso l’Ue, mentre gli ingressi su altre rotte migratorie in direzione dell’Ue hanno registrato un calo. I rilevamenti segnalati dalle autorità nazionali sulla rotta del Mediterraneo centrale sono aumentati a quasi 42.200 nel periodo gennaio-aprile 2023. Secondo Frontex, i gruppi della criminalità organizzata stanno approfittando della volatilità politica in alcuni Paesi di partenza «per aumentare il numero di migranti che contrabbandano attraverso i confini dell’Ue». In risposta, Frontex dichiara di aver schierato oltre 2.400 ufficiali del corpo permanente e del suo personale in operazioni di controllo delle frontiere esterne dell’Ue, «oltre a sostenere gli Stati membri e i Paesi limitrofi che affrontano varie sfide alle frontiere».

Per quanto concerne la provenienza dei migranti, l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere dichiara che i cittadini siriani sono stati finora la nazionalità più frequentemente rilevata a inizio 2023, con il 17% del totale su tutte le rotte migratorie, anche se il loro numero è diminuito negli ultimi mesi a favore dei cittadini dei Paesi subsahariani: il numero degli ivoriani è aumentato di otto volte e le intercettazioni di cittadini della Guinea sono quintuplicate. I rilevamenti di cittadini afghani sono diminuiti di poco più della metà. L’aumento di migranti nel Mediterraneo centrale del primo quadrimestre 2023 è coinciso con un calo sulla rotta dei Balcani occidentali, la seconda più attiva con oltre 22.500 rilevamenti. Alcuni Paesi della regione hanno allineato le loro politiche sui visti con l’Ue, mentre l’Ungheria ha inasprito il controllo delle frontiere «contribuendo al declino» sostiene Frontex.

L’Agenzia dell’Ue sottolinea come, nei viaggi di migranti attraverso il Mediterraneo centrale, «i gruppi criminali di contrabbando utilizzano sempre più imbarcazioni di metallo improvvisate, assemblate frettolosamente entro poche ore dalla partenza. Spesso i pescherecci trainano queste barche di metallo più vicino all’isola italiana di Lampedusa, la loro destinazione principale». Pratiche di sfruttamento che mettono cinicamente a rischio la vita delle persone.

Oim: il numero di morti più alto dal 2017

Il dato sul forte incremento di attraversamenti del Mediterraneo centrale di migranti nei primi mesi del 2023 è coinciso, non a caso, con un altro dato fornito dal progetto Missing Migrants dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim-Iom): da gennaio a marzo sono stati 441 i migranti che hanno perso la vita nello stesso tratto di mare, il numero più alto registrato dal 2017. L’aumento della perdita di vite lungo la rotta marittima più pericolosa del mondo, osserva l’Oim, «viene rilevato in un momento in cui si registrano segnalazioni di ritardi nei soccorsi a guida statale e di ostacoli posti alle operazioni di ricerca e soccorso (Sar) delle Ong nel Mediterraneo centrale». Ritardi nelle operazioni di soccorso a guida statale sulla rotta del Mediterraneo centrale sono stati infatti segnalati in almeno sei incidenti che quest’anno hanno portato alla morte di almeno 127 persone, mentre in un settimo caso, in cui sono morti almeno 73 migranti, l’intervento è stato del tutto assente, sostiene il Missing Migrants ricordando come recentemente le operazioni Sar guidate da Ong sono state notevolmente ridotte.

«La persistente situazione di crisi umanitaria nel Mediterraneo centrale è intollerabile. Sono oltre 20.000 le persone che anno perso la vita lungo questa rotta dal 2014 e temo che queste morti siano state normalizzate. Gli Stati devono rispondere. Ritardi e lacune nelle operazioni Sar a guida statale stanno costando vite umane» ha denunciato il direttore generale dell’Oim, António Vitorino. Oltretutto, le 441 morti documentate dal Missing Migrants Project nei primi tre mesi dell’anno sono probabilmente una sottostima del reale numero di vite perse nel Mediterraneo centrale. L’Oim sta infatti investigando varie notizie di “naufragi invisibili”, casi in cui ci sarebbero imbarcazioni scomparse, senza notizie di sopravvissuti, resti o operazioni di ricerca e soccorso. «Il destino di oltre 300 persone a bordo di quelle navi rimane incerto» sostiene l’Oim, richiamando le autorità statali alle proprie responsabilità: «Salvare vite è un obbligo legale per gli Stati. C’è bisogno di un coordinamento, a guida statale, nelle operazioni di ricerca e soccorso. Guidati dallo spirito di condivisione delle responsabilità e della solidarietà, chiediamo agli Stati di lavorare insieme per ridurre la perdita di vite lungo le rotte migratorie». Richiedendo azioni concertate per smantellare le reti criminali del traffico di esseri umani, l’Oim ritiene che la preoccupante situazione nel Mediterraneo centrale rafforzi la necessità di un sistema di soccorso a guida statale dedicato e di un sistema di sbarco «che ponga fine alla risposta ad hoc che ha caratterizzato le operazioni in mare dalla fine dell’operazione Mare Nostrum nel 2014».

L’Oim ricorda che «tutte le navi, comprese quelle commerciali, hanno l’obbligo legale di fornire assistenza e soccorso alle imbarcazioni in difficoltà», sottolineando come l’impegno degli Stati per salvare vite debba includere anche un sostegno all’impegno delle Ong nelle loro azioni di soccorso, ponendo fine «alla criminalizzazione, agli ostacoli e ai vari tipi di deterrenza esercitati nei confronti degli sforzi di coloro che forniscono tale assistenza».