Euronote – Agenda europea sulla migrazione: bilancio e proposte

Milano, 2.10.2017

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Agenda europea sulla migrazione: bilancio e proposte
Due anni dopo l’avvio dell’iniziativa la Commissione indica le nuove priorità

«I nostri sforzi comuni per reagire alla crisi migratoria e dei rifugiati hanno prodotto risultati tangibili, ma il traguardo non è ancora raggiunto: dobbiamo mantenere la rotta e consolidare il nostro approccio complessivo sulla migrazione costruendo gli altri elementi necessari». Così Frans Timmermans, primo vicepresidente della Commissione europea, ha commentato l’esame intermedio dell’Agenda europea sulla migrazione, presentato il 27 settembre scorso, una comunicazione che esamina i progressi compiuti nell’attuazione dell’Agenda del 2015 e presenta le prossime iniziative necessarie per costruire una politica europea «più forte, più equa e più efficace» in materia di migrazione e asilo. Al di là delle intenzioni della Commissione è però fondamentale la volontà di azione degli Stati membri, finora alquanto debole come dimostrato in questi due anni di attuazione dell’Agenda, per questo l’esecutivo dell’Ue li esorta ad «avanzare urgentemente nella riforma del sistema europeo comune di asilo e impegnarsi di più nella collaborazione con i Paesi di origine e di transito della migrazione». Sulla base dei risultati ottenuti, sostiene la Commissione, è «essenziale proseguire gli sforzi», per raggiungere soluzioni più stabili e strutturali e restare pronti a reagire a situazioni impreviste, «perché la pressione migratoria in Europa rimane elevata».

Ricollocazione migliorata, ma non basta

Con l’Agenda sulla migrazione l’Ue aveva introdotto nel maggio 2015 per la prima volta un meccanismo di ricollocazione per ridurre la pressione sui principali Paesi di arrivo dei richiedenti asilo e protezione, Grecia e Italia. In due anni sono state ricollocate in vari Stati membri circa 29.000 persone, ma ne restano altre 37.000 circa ammissibili in quanto giunte in Grecia e in Italia entro il 26 settembre. Tuttavia «la pressione migratoria su Italia e Grecia resta elevata», osserva la Commissione offrendo sostegno finanziario agli Stati membri che proseguiranno gli sforzi di ricollocazione. Per evitare di proseguire con misure di emergenza la Commissione invita poi a progredire nella riforma del sistema europeo comune di asilo.

50.000 reinsediamenti nei prossimi due anni

Sul reinsediamento di persone bisognose di protezione internazionale, che ha finora offerto ospitalità a circa 23.000 persone nell’Ue, la Commissione raccomanda un nuovo programma per portare in Europa almeno 50.000 persone nei prossimi due anni. L’obiettivo è di «offrire alternative praticabili sicure e legali a coloro che rischiano la vita mettendosi nelle mani di reti criminali di trafficanti» sostiene la Commissione, che rende noto di aver destinato 500 milioni di euro per sostenere gli sforzi di reinsediamento degli Stati membri. Oltre al reinsediamento da Turchia e Medio Oriente, la Commissione sostiene la necessità di prestare maggiore attenzione alle persone vulnerabili del Nord Africa e del Corno d’Africa, in particolare da Libia, Egitto, Niger, Sudan, Ciad ed Etiopia. Secondo l’esecutivo dell’Ue «ciò contribuirà a stabilizzare ulteriormente i flussi migratori lungo la rotta del Mediterraneo centrale e ad aiutare l’Unhcr a stabilire un meccanismo per l’evacuazione di emergenza dalla Libia».

Aprire canali regolari di ingresso nell’Ue

Al fine di ridurre i flussi di migrazione irregolare la Commissione ripropone di coordinare e sostenere finanziariamente progetti pilota per la migrazione legale con i Paesi terzi, che «dovrebbero concentrarsi su Paesi che abbiano dato prova di impegno politico nel trovare soluzioni comuni per combattere la migrazione irregolare e per la riammissione dei migranti». Europarlamento e Consiglio dovrebbero adottare la proposta della Commissione sulla revisione della Carta blu, per «migliorare la capacità dell’Ue di attirare e trattenere lavoratori qualificati» e «garantire agli Stati membri la forza lavoro di cui hanno bisogno».

Coordinare e incentivare la politica dei rimpatri

Un tasto dolente per la Commissione è quello relativo ai rimpatri, che «rimangono insoddisfacenti» come dimostra il tasso medio di circa il 36% nel 2014-2015 a livello di Ue. Secondo l’esecutivo dell’Ue, che stima 1,5 milioni di rimpatri da eseguire nel «futuro prossimo», dovrà essere rafforzato l’apposito dipartimento nell’ambito della guardia di frontiera e costiera europea, così che l’agenzia possa guidare e coordinare la gestione dei rimpatri. Per razionalizzare le politiche di rimpatrio attuate dagli Stati membri la Commissione ha poi pubblicato una versione riveduta del manuale sul rimpatrio, che comprende le raccomandazioni alle autorità nazionali sui rimpatri. La Commissione auspica inoltre una maggiore cooperazione con i Paesi d’origine sulla riammissione, da ottenere applicando «tutti gli incentivi e gli strumenti di pressione a livello europeo e nazionale».

Rafforzare il partenariato con i Paesi di origine e di transito

Buoni risultati nella gestione comune dei flussi migratori con i Paesi di origine e di transito sono stati ottenuti nell’ultimo anno con l’istituzione del quadro di partenariato sulla migrazione, osserva la Commissione indicando i settori su cui servono ulteriori progressi. «Innanzitutto occorre rafforzare il Fondo fiduciario dell’Ue per l’Africa mediante finanziamenti aggiuntivi degli Stati membri». In cooperazione con l’Unhcr e l’Oim, «deve essere migliorata la situazione dei migranti bloccati in Libia, specialmente nei centri di detenzione», così come vanno promosse opportunità socioeconomiche per le comunità locali, intensificata l’azione per i rimpatri volontari e rafforzata le capacità delle autorità libiche di controllare le frontiere meridionali. L’Ue e gli Stati membri, conclude poi la Commissione, devono «collaborare strettamente per ottenere un ambizioso patto mondiale delle Nazioni Unite (Global Compact) per una migrazione sicura, ordinata e regolare e lo sviluppo del patto mondiale sui rifugiati e del quadro globale di risposta per i rifugiati con i Paesi pilota».