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Euronote – Approvato il Ceta, tra critiche e discussioni

  Milano, 10.3.2017

 
 
 
 
 
 
 
 
Approvato il Ceta, tra critiche e discussioni
L’accordo di libero scambio Ue-Canada passa al vaglio dei parlamenti nazionali
 
Con la ratifica da parte del Parlamento europeo, lo scorso 15 febbraio, l’accordo economico e commerciale globale tra l’Ue e il Canada (Comprehensive Economic and Trade Agreement – Ceta) è ora ufficiale e dovrebbe essere applicato in via provvisoria dal prossimo mese di aprile. La sua entrata in vigore completa tuttavia non sarà immediata, per vari motivi. Intanto i 254 europarlamentari (di varie forze politiche) che hanno espresso voto contrario non si rassegneranno facilmente alla sua applicazione, così come continuerà l’azione di pressione del vasto movimento di opposizione sociale diffusosi in tutta Europa, mentre si annunciano anche ricorsi alla Corte di Giustizia dell’Ue. Ma c’è soprattutto la questione derivante dalla definizione di “accordo misto” data al Ceta dalla Commissione europea per accelerarne l’iter, dai negoziati avviati nel 2009 fino alla firma dell’accordo nell’ottobre 2016 tra Ue e Canada: in quanto “misto” l’accordo dovrà ottenere l’approvazione di ben 38 parlamenti nazionali e regionali dei 28 Stati membri, mentre non si può escludere che alcuni Paesi europei possano decidere di sottoporlo a referendum. Dunque, per ora potrà essere sperimentato solo in parte.
 
Un accordo che rilancerà il commercio, secondo i responsabili dell’Ue
La Commissione europea e i 408 europarlamentari favorevoli sottolineano i vantaggi che
dovrebbero derivare dal Ceta. Ad esempio l’aumento del 20% della mole di scambi tra i due contraenti dell’accordo rispetto alle cifre del 2015, quando l’Ue ha importato merci dal
Canada per un valore di 28,3 miliardi di euro e ne ha esportate in Canada per 35,2 miliardi di euro. L’accordo Ceta poi, sostengono, rilancerà il commercio perché eliminerà i dazi sulla maggior parte dei beni e dei servizi, prevedendo il mutuo riconoscimento della certificazione per una vasta gamma di prodotti.
Il Canada aprirà il mercato degli appalti pubblici federali e municipali alle imprese europee (per il Canada il mercato europeo è già accessibile). I fornitori europei di servizi quali il trasporto marittimo, le telecomunicazioni, l’ingegneria, i servizi ambientali e la contabilità avranno accesso al mercato canadese. Per contro, l’accordo Ceta non rimuoverà le barriere doganali per i servizi pubblici, i servizi audiovisivi e di trasporto e per alcuni prodotti agricoli, come ad esempio i prodotti lattiero-caseari, il pollame e le uova.
Durante i negoziati, l’Ue ha poi garantito la protezione di oltre 140 indicazioni geografiche
europee per cibo e bevande venduti sul mercato canadese. «Sono state inoltre incluse clausole per salvaguardare gli standard ambientali e sociali e garantire che il commercio e gli investimenti le incrementino» sostiene la Commissione europea. Al fine di evitare che
l’accordo dia troppo potere alle multinazionali e che i governi non possano legiferare per
tutelare la salute, la sicurezza o l’ambiente, l’Ue e il Canada hanno confermato, nell’accordo e nella dichiarazione allegata, il diritto degli Stati a rifarsi al diritto nazionale, mentre per una maggiore trasparenza nella protezione degli investimenti il meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-Stato è stato sostituito dall’Investment Court System (Ics), «in modo da garantire il controllo del governo sulla scelta degli arbitri» sottolinea la Commissione.
 
La campagna di opposizione si sposta sui livelli nazionali
Secondo i promotori della campagna Stop Ttip e Ceta, invece, già con l’applicazione
provvisoria del Ceta cadranno tariffe e quote su una vasta linea di beni e servizi commerciati tra i due blocchi, con prospettive negative per le piccole e medie imprese, i diritti del lavoro, la sicurezza alimentare, l’ambiente e i servizi pubblici. «È stata scritta una pagina oscura per la democrazia in Europa, ma non tutto è compromesso» ha dichiarato la portavoce di Stop Ttip Italia, Monica Di Sisto, spiegando come la battaglia della società civile si sposti ora a livello nazionale: «Monitoreremo gli impatti dell’accordo, dimostrando che avevamo ragione a criticarne l’impianto, e spingeremo il Parlamento italiano a bloccare questo trattato dannoso per cittadini e lavoratori. I parlamentari europei, in particolare socialdemocratici e popolari, hanno abdicato al loro ruolo di garanti dei diritti e dell’ambiente. Ma in Italia un simile atteggiamento non sarà tollerato». La campagna italiana chiede al Parlamento italiano di aprire sul Ceta una consultazione con la società civile, per venire a conoscenza dei «gravi rischi che corrono l’economia del Paese, l’occupazione e la stessa architettura democratica».
 
Ces: continua la pressione per migliorare un accordo «non giusto»
Un accordo «né giusto né progressivo» il Ceta, dichiara la Confederazione europea dei
sindacati (Ces) sottolineando come in Europa vi siano crescenti sensibilità, domanda e
determinazione per una politica commerciale che soddisfi tali criteri, «come hanno dimostrato le centinaia di migliaia di manifestanti scesi per le strade delle città europee».
Lo scorso ottobre la Ces e i sindacati canadesi del Canadian Labour Congress avevano
espresso sul Ceta «profonde preoccupazioni, che rimangono in gran parte tali», così
continueranno insieme la campagna di pressione per ottenere miglioramenti. Il Ceta infatti,
ricorda la Ces, include una clausola di revisione fondamentale (art 23.11.5), che permette al capitolo riguardante il lavoro di essere modificato, così come è possibile per i governi
rafforzare la protezione del lavoro e agire contro le violazioni del diritto del lavoro.
«Useremo tutte le vie a disposizione per perseguire le nostre richieste» ammonisce la Ces, sottolineando come la pressione di sindacati e società civile in questi anni abbia comunque ottenuto dei miglioramenti (ad es. l’Ics o il passaggio ai parlamenti nazionali per l’attuazione). I sindacati monitoreranno la fase di applicazione provvisoria per «garantire che gli interessi dei lavoratori non siano danneggiati e i profitti non abbiano la precedenza».
Gli accordi internazionali, sostiene la Ces, «dovrebbero procedere solo se dispongono di una dimensione sociale globale e rafforzano la solidarietà internazionale, innalzando gli standard per i lavoratori in Europa e nei Paesi partner, promuovendo lo sviluppo sostenibile e la cura per l’ambiente».
 
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