Euronote – Il futuro del lavoro

Milano, 15.4.2019

Riflessioni sui cambiamenti che stanno interessando il mondo del lavoro
I vari e continui progressi tecnologici stanno trasformando il lavoro e lo faranno sempre più nel prossimo futuro. Si creeranno nuovi posti di lavoro, ma le abilità e le conoscenze di oggi non corrisponderanno ai lavori di domani, le attuali competenze potrebbero presto diventare obsolete e chi perderà il lavoro in questa fase di transizione potrebbe essere meno attrezzato per cogliere le nuove opportunità.

Il futuro del lavoro è sempre più al centro del dibattito mondiale, soprattutto in prospettiva del centenario dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil-Ilo) che si terrà a Ginevra in giugno, organizzazione che al futuro del lavoro ha dedicato un’apposita commissione di esperti curatrice di una Relazione sul tema pubblicata lo scorso gennaio. Su questa onda di interesse anche la Commissione europea ha organizzato una conferenza ad alto livello il 9 aprile scorso, con circa 500 partecipanti tra cui ministri, rappresentanti delle istituzioni e delle agenzie dell’Ue, dei governi nazionali, delle parti sociali, della società civile, del mondo accademico e dei media, che hanno discusso su come sfruttare al meglio i cambiamenti nel mondo del lavoro a vantaggio dei lavoratori, delle imprese, della società e dell’economia.

Affrontare le sfide e cogliere le opportunità

Dal dibattito europeo sono emersi alcuni nodi sul futuro del lavoro, partendo dalla costatazione che l’Ue, come il resto del mondo, si sta trasformando ed è messa alla prova da tendenze quali la digitalizzazione, la globalizzazione, le migrazioni, i cambiamenti climatici e i cambiamenti demografici, l’invecchiamento della popolazione. Il futuro del lavoro è perciò già iniziato, perché il mondo del lavoro è interessato da cambiamenti irreversibili: si pensi ad esempio all’automazione e ai nuovi modelli d’impresa (come l’economia delle piattaforme) resi possibili dalla tecnologia digitale. La conferenza europea ha però sottolineato come l’Ue costituisca un punto di riferimento e offra sostegno per far fronte a tali sfide: il pilastro europeo dei diritti sociali dovrebbe indicare la direzione delle nuove norme o iniziative a livello europeo, orientare le riforme a livello nazionale attraverso il semestre europeo e convogliare i finanziamenti in modo efficiente per affrontare le priorità sociali.

Al fine di preservare e rafforzare il modello sociale europeo sarà necessario saper rispondere alle nuove sfide e cogliere i vantaggi dell’innovazione tecnologica. Ad esempio con un’economia digitale inclusiva, in cui le persone che perdono il lavoro o sono in fase di transizione ricevano un sostegno per il miglioramento delle competenze e la riconversione professionale, per l’accesso ai servizi per l’impiego, per un supporto al reddito e l’accesso ai servizi sociali nel corso di tutta la carriera.

Secondo i partecipanti alla conferenza europea saranno però necessari investimenti adeguati per finanziare le future politiche in materia di competenze e le misure di sostegno per le transizioni nel mercato del lavoro, così come serviranno migliori politiche attive del mercato del lavoro attraverso il coinvolgimento di servizi per l’impiego, centri di formazione, servizi sociali e imprese. Inoltre, i benefici economici dovrebbero raggiungere tutti gli europei, anche i più svantaggiati, e il successo delle politiche dovrebbe essere valutato proprio alla luce degli effetti sui settori più vulnerabili della società e della coesione del tessuto sociale.

Infine, ha affermato la conferenza europea, dato che il futuro è una responsabilità comune le amministrazioni a tutti i livelli (europeo, nazionale, regionale/locale) devono collaborare con le parti sociali e con la società civile per soddisfare le aspettative dei cittadini e dei lavoratori, così come è fondamentale che l’Ue intensifichi la cooperazione con organizzazioni internazionali quali l’Ilo al fine di promuovere il lavoro dignitoso e garantire maggior equità su scala globale.

Le richieste della Ces e l’impegno dell’Ilo

«Il mondo ha bisogno di lavorare e il lavoro deve essere di beneficio per tutti. Negli ultimi anni coloro che traggono profitto dal lavoro di altre persone stanno assumendo una quota sempre maggiore della ricchezza senza assumersi le proprie responsabilità. Oggi il lavoro non offre alcuna garanzia di una via d’uscita dalla povertà» ha dichiarato la segretaria confederale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Esther Lynch, ricordando i 16 milioni di disoccupati e i 21,5 milioni di lavoratori indigenti nell’Ue e invitando l’Ilo a raddoppiare gli sforzi per garantire un lavoro dignitoso in un’economia globale radicalmente modificata dal libero scambio e dalla deregolamentazione, dal cambiamento climatico e dalla digitalizzazione.

Dal canto suo l’Ilo propone un programma «centrato sull’uomo per il futuro del lavoro che rafforza il contratto sociale mettendo le persone e il loro lavoro al centro della politica economica e sociale e delle pratiche commerciali». Tale programma consiste in tre pilastri di azione che dovrebbero guidare la crescita, l’equità e la sostenibilità. Innanzitutto aumentando gli investimenti nelle capacità delle persone, consentendo loro di prosperare in un’era digitale a emissioni zero, partendo dal diritto universale all’apprendimento permanente e fornendo protezione sociale universale dalla nascita alla vecchiaia. In secondo luogo aumentando gli investimenti nelle istituzioni del lavoro, da regolamenti e contratti di lavoro ad accordi collettivi e sistemi di ispezione del lavoro, istituzioni secondo l’Ilo «fondamentali per ridurre la povertà lavorativa e garantire un futuro di lavoro con dignità, sicurezza economica ed uguaglianza». In terzo luogo aumentando gli investimenti in un lavoro dignitoso e sostenibile: «Tali investimenti promuoveranno anche l’uguaglianza di genere e potranno creare milioni di posti di lavoro e nuove opportunità per le micro, piccole e medie imprese».

L’Ilo chiede dunque ai Paesi di stabilire strategie nazionali attraverso il dialogo sociale tra governi e organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, oltre a raccomandare un lavoro comune tra tutte le istituzioni multilaterali.