Euronote – L’immigrazione percepita

Milano, 5.9.2018

La domanda, contenuta in un sondaggio Eurobarometro dell’ottobre 2017 su L’integrazione degli immigrati nell’Unione europea, è semplice e diretta: «Per quanto ne sa lei, qual è la percentuale di immigrati rispetto alla popolazione complessiva nel suo Paese?». Le risposte, date da un campione di circa 28.000 persone intervistate in tutta l’Ue di cui poco più di un migliaio in Italia, sono piuttosto indicative della percezione che hanno gli europei e soprattutto gli italiani rispetto alla questione dell’immigrazione straniera.

Se infatti già mediamente a livello europeo gli intervistati dichiarano una percentuale stimata circa doppia di immigrati (16,7%) rispetto a quella reale (7,2%), in Italia la differenza tra percezione e realtà è la più elevata di tutti gli Stati membri dell’Ue e supera addirittura il triplo: a fronte di una quota di stranieri residenti in Italia stimata dal Dossier Immigrazione Idos 2017 intorno all’8%, ma di una percentuale di persone di origine non comunitaria inferiore al 7%, gli italiani intervistati dall’Eurobarometro hanno dichiarato una percentuale che secondo loro è addirittura del 25%.

Un dato eclatante e preoccupante al tempo stesso, che segnala l’elevata incertezza dei cittadini sull’ampiezza del fenomeno migratorio in Europa e in Italia, dovuta in parte ad un livello insufficiente di corretta informazione ricercata dai cittadini o fornita dai media, ma derivante soprattutto dalle strumentalizzazioni politiche del fenomeno che attraverso la comunicazione amplificano solo alcuni aspetti di un quadro complesso inducendo così ad una percezione totalmente distante dalla realtà.

A questa «distorsione» del caso italiano rispetto agli altri Paesi dell’Ue è stato dedicato uno studio dell’Istituto Cattaneo presentato lo scorso 27 agosto.

Scarsa conoscenza ed errata percezione

Emerge un’elevata incertezza dei cittadini sull’ampiezza del fenomeno migratorio in Europa: circa un terzo dei rispondenti (31,5%) non sa fornire una risposta sulla percentuale di immigrati che vivono nei loro Paesi. In alcuni casi (Bulgaria, Portogallo, Malta e Spagna) la percentuale di chi non sa rispondere supera il 50%. Se si considerano poi le stime sulla percentuale di immigrati l’imprecisione è confermata: «I cittadini sovrastimano nettamente la percentuale di immigrati presenti nei loro Paesi: di fronte al 7,2% di immigrati non comunitari presenti “realmente” negli Stati del’Ue, gli intervistati ne stimano il 16,7%. Gli italiani sono quelli che mostrano un maggior distacco tra la percentuale di immigrati non-UE realmente presenti in Italia (7%) e quella stimata, o percepita, pari al 25%».

Secondo lo studio, che prende in considerazione l’indice NIM elaborato dal Pew Research Center sul grado di sentimento nazionalista, anti-immigrati e contrario alle minoranze religiose, esiste poi una chiara relazione tra l’errata percezione del fenomeno migratorio e l’atteggiamento verso l’immigrazione: «All’aumentare dell’ostilità verso gli immigrati, aumenta anche l’errore nella valutazione sulla presenza di immigrati nel proprio Paese. Come in precedenza, l’Italia si conferma il Paese collocato nella posizione più “estrema”».

Focus sul caso italiano

Nell’analisi del caso italiano, osserva lo studio, lo scarto tra la percentuale di immigrati presenti in Italia e quella percepita dagli intervistati è maggiore tra chi si definisce di centrodestra o di destra. In quest’ultimo caso, la percezione è del 32,4%, superiore di oltre sette punti rispetto alla media nazionale. All’opposto, tra chi si definisce di sinistra, centrosinistra o di centro la differenza tra il dato reale e quello stimato si riduce notevolmente: per gli intervistati di sinistra gli immigrati presenti in Italia sono “solo” il 18,5%, rispetto a una media nazionale che li stima attorno al 25%. Oltre a questo fattore “politico” che incide sulla distanza tra realtà e percezione, lo studio rileva l’importanza anche del livello di informazioni posseduto dai cittadini: «Si può ipotizzare che gli intervistati con un maggiore grado di istruzione siano anche quelli più informati sulla società e sulla politica, e quindi capaci di fornire un’indicazione più precisa sul fenomeno dell’immigrazione».

Conseguenze sugli atteggiamenti dei cittadini

Ma quanto gli errori nella percezione del fenomeno migratorio in Italia hanno conseguenze sugli atteggiamenti degli italiani nei confronti degli immigrati? A questo proposito lo studio prende in considerazione tre questioni: 1) il rapporto tra immigrati e criminalità; 2) l’ipotesi che gli immigrati riducano le possibilità occupazionali degli italiani; 3) il peso o il contributo degli immigrati sulla sostenibilità del welfare nazionale.

«Su tutte le tre questioni – spiegano gli autori – l’opinione degli italiani è decisamente più negativa nei confronti dell’immigrazione e dei loro eventuali benefici per l’economia o la società». Rispetto a una media europea del 57%, gli italiani che ritengono che gli immigrati peggiorino la situazione della criminalità rappresentano il 74% del campione, con una differenza di 17 punti. Allo stesso modo, gli italiani che pensano che una maggiore immigrazione comporti una riduzione dell’occupazione sono il 58%, mentre la media europea è inferiore al 41% (con uno scarto sempre di 17 punti). Infine, in Italia la percentuale di chi pensa che gli immigrati siano un peso per lo stato sociale è del 62%, mentre tra i cittadini europei questa percentuale è inferiore solo di 3 punti percentuali (59%).

«Emergono dunque differenze sostanziali tra gli atteggiamenti degli italiani e quelli degli europei sulla questione dell’immigrazione – conclude lo studio –. Almeno in parte, queste differenze sembrano essere anche il prodotto di una errata percezione del fenomeno migratorio: chi ne ingigantisce la portata, è indotto anche a ingigantirne le conseguenze. Però, sarebbe sbagliato pensare che il tema dell’immigrazione sia soltanto una questione di mal-percezione: perché i suoi effetti sugli atteggiamenti dei cittadini sono concreti e reali. Ed è soprattutto con quelli che la politica e i partiti devono fare i conti».