Euronote – Lo stato dell’Ue secondo i sindacati europei

Milano, 18.9.2017

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Lo stato dell’Ue secondo i sindacati europei

Reazioni della Ces al discorso di Juncker e proposte sul futuro dell’Europa

«È troppo presto per dire che la crisi è finita. L’austerità non è morta e la convergenza sociale verso l’alto che vogliamo – e che il presidente Juncker ha annunciato – si è tutt’altro che verificata. Quindi, sono molto riluttante a parlare di “ripresa”». È quanto affermato dal segretario generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Luca Visentini, in occasione del discorso sullo stato dell’Unione 2017 pronunciato dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, il 13 settembre dinanzi ai membri del Parlamento europeo. Annunciando le priorità per l’anno prossimo e delineando la sua personale visione di come potrebbe evolvere l’Ue fino al 2025, Juncker ha presentato una tabella di marcia per «un’Unione più unita, più forte e più democratica», esprimendo fiducia per il futuro dell’Ue ma esortando le istituzioni europee e gli Stati membri ad agire concretamente: «L’Europa ha di nuovo i venti a favore. Se non ne approfittiamo però non andremo da nessuna parte. (…) Dobbiamo fissare la rotta per il futuro» ha dichiarato il presidente della Commissione.

Reazioni della Ces al discorso di Juncker

Secondo il segretario generale della Ces, però, il discorso di Juncker «ha dipinto un’immagine rosea di ripresa economica ed è stato troppo leggero sulle proposte di giustizia sociale. I riferimenti all’azione del clima e alla digitalizzazione, ad esempio, non hanno espresso preoccupazione per le potenziali perdite di posti di lavoro o per la necessità di gestire gli impatti sociali e occupazionali. Ciò è allarmante e pericoloso. Scarso poi il riferimento al pilastro europeo dei diritti sociali, che consideriamo l’iniziativa più importante che deve essere consegnata entro la fine del mandato di questa Commissione».

La Ces ritiene «interessante» la proposta di Juncker di istituire un’autorità europea del lavoro, garante dell’equità del mercato, e si attende al proposito un pieno coinvolgimento dei sindacati; così come accoglie favorevolmente l’annuncio di una strategia per la politica industriale, ma vorrebbe sapere in cosa realmente consisterebbe.

I sindacati europei, oltre a sostenere l’idea di un ministro europeo dell’economia e delle finanze, la proposta di costituire un Fondo monetario europeo e il voto a maggioranza qualificata, dichiarano che sarebbero felici se l’Unione europea delle norme sociali, citata da Juncker, desse ai diritti sociali la stessa importanza dei diritti economici, influenzasse la politica economica dell’Ue e affrontasse le disuguaglianze. Rispetto a migrazioni e rifugiati, poi, pur apprezzando «gli sforzi che il presidente Juncker sta compiendo in circostanze difficili», la Ces definisce «vergognosa» la risposta degli Stati membri, «con alcune eccezioni».

Si rischia il fallimento del progetto europeo

Il giorno prima del presidente della Commissione europea anche il segretario della Ces aveva fatto un discorso sullo stato dell’Unione.

Visentini ha sottolineato alcuni «segni sperati, anche se contraddittori». Una crescita economica, seppur lenta e al di sotto del 2% quest’anno e il prossimo, l’occupazione nell’Ue al 71% e la disoccupazione in calo inferiore all’8%. Tuttavia «le condizioni sociali rimangono molto preoccupanti» secondo il leader della Ces: la disoccupazione è ancora troppo alta, con oltre il 10% in cinque Stati membri; più di 18 milioni di uomini e donne disoccupati in tutta l’Ue sono «una tragedia e un spreco economico»; quasi la metà dei giovani in Grecia, quattro su dieci in Spagna e più di un terzo in Italia non sono in grado di trovare lavoro, situazione «non accettabile».

L’occupazione è aumentata, ma molti nuovi posti di lavoro sono precari: temporanei o part-time; quasi un posto di lavoro su cinque è a tempo parziale, più del 14% è a tempo determinato; quasi un quarto del mercato del lavoro dell’Ue è fatto di posti di lavoro non standard e autonomi, «che non godono di una giusta remunerazione e di uguali diritti ai normali dipendenti». Inoltre, ad oltre sette anni dall’inizio del decennio 2010-2020 più persone sono a rischio di povertà o di esclusione sociale rispetto al 2010, così «invece di progredire verso questo obiettivo, l’Europa è andata indietro».

Secondo Visentini, quindi, o vengono presentate iniziative più importanti per una diversa governance economica, per l’Europa sociale e per una maggiore integrazione, oppure «dovremo affrontare il più grande fallimento del progetto europeo».

Progettare un’Europa sociale più ambiziosa ed efficace

I grandi cambiamenti nei settori del clima, della digitalizzazione, della globalizzazione, del commercio e nelle nuove frontiere del mercato del lavoro richiedono una generale assunzione di responsabilità e che sia messo in atto «un approccio più innovativo e prospettico, basato su equità, solidarietà e gestione attiva dei cambiamenti» ha dichiarato il segretario generale della Ces, ribadendo che «le istituzioni europee e nazionali devono proteggere gli interessi e i diritti dei lavoratori, per assicurarsi che nessuno sia lasciato indietro». Dal Vertice sociale, che si terrà a Göteborg a metà novembre, la Ces si attende la proclamazione del pilastro europeo dei diritti sociali e il coinvolgimento delle parti sociali per «progettare un’Europa sociale più ambiziosa ed efficace». I sindacati europei si dichiarano «pronti a partecipare attivamente a tutti questi processi», ricordando di aver prodotto anche una tabella di marcia per il futuro dell’Europa contenente «un insieme molto ambizioso di proposte».

La Ces auspica infine che Commissione e Parlamento europei e governi nazionali «non perdano lo slancio» e forniscano legislazione e azioni concrete: «I lavoratori e i cittadini europei lo attendono e lo meritano. Senza questo – ha osservato Visentini – l’Europa non avrà un