Euronote – Nuove regole per le piattaforme digitali

Richieste dall’Europarlamento per correggere le anomalie e tutelare i lavoratori

Milano, 28.9.2021

Grandi possibilità e potenzialità, ma anche forti rischi che vanno limitati: il lavoro nelle piattaforme digitali è all’attenzione delle istituzioni europee, per il suo enorme sviluppo e le sue importanti anomalie. Nonostante i pochi dati a disposizione, è noto come il lavoro nelle piattaforme digitali sia cresciuto negli ultimi anni. Secondo rilevazioni della Commissione europea, il 6% degli europei ha fornito servizi come lavoratore di piattaforma e il 19% di coloro che non lo hanno ancora fatto sta valutando di farlo. Nel 2018 il 23% degli europei ha usufruito dei servizi offerti online rispetto al 17% nel 2016, ed è chiaro l’incremento del lavoro su piattaforma anche in Europa, mentre è già consolidato in altre regioni mondiali: le piattaforme di lavoro digitali hanno generato nel 2019 ricavi a livello mondiale pari ad almeno 52 miliardi di dollari, di cui circa il 70% si è concentrato negli Stati Uniti (49%) e in Cina (22%), con percentuali molto più basse in Europa (11%) e altre regioni (18%).

La piattaforma di lavoro digitale è un’azienda che agisce da intermediario o che offre servizi on-demand richiesti da clienti individuali o aziende e forniti direttamente o indirettamente da singole persone, resi in loco oppure online. Secondo le definizioni di Eurofound e Commissione europea, il lavoro su piattaforma è «tutto il lavoro retribuito fornito attraverso, su o mediato da una piattaforma online in un’ampia gamma di settori, in cui il lavoro può essere di varie forme». È articolato in servizi erogati su richiesta e rapporti che coinvolgono almeno tre parti: la piattaforma, il cliente e il lavoratore della piattaforma. Il fattore deteminante, che lo distingue da altre forme di lavoro, è l’utilizzo di un’applicazione o di tecnologia digitale, centrale nell’intermediazione, allocazione, organizzazione e valutazione del lavoro e nell’ampia raccolta e analisi dei dati forniti o generati dal lavoratore e dal cliente.

Potenzialità e rischi delle piattaforme

Il lavoro su piattaforma digitale, ha dichiarato l’Europarlamento in una recente risoluzione, «può creare lavoro, aumentare la scelta, fornire un reddito supplementare e ridurre gli ostacoli all’ingresso nel mercato del lavoro», inoltre «può favorire la flessibilità e l’ottimizzazione delle risorse e può offrire opportunità sia a coloro che lavorano nelle imprese delle piattaforme sia ai clienti, come pure la corrispondenza tra domanda e offerta di servizi». In sostanza, afferma il Parlamento europeo, il lavoro su piattaforma digitale «facilita l’accesso al mercato del lavoro attraverso forme moderne di occupazione e incoraggia lo sviluppo delle tecnologie al fine di avvicinare le aziende e i consumatori», oltre a poter offrire vantaggi «agli studenti e a coloro che desiderano coniugare studio e lavoro, nonché garantire l’accesso all’occupazione ai giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (Neet) e alle persone con bassi livelli di competenze». A tutte queste potenzialità corrispondono però anche aspetti negativi, come sottolineato dai deputati europei: «Il lavoro su piattaforma digitale ha altresì sollevato preoccupazioni circa la precarietà e le cattive condizioni di lavoro, l’assenza di una protezione sociale adeguata o le difficoltà di accesso alla stessa, la concorrenza sleale, il lavoro non dichiarato, redditi e orari di lavoro frammentati e imprevedibili, la mancanza di meccanismi di risoluzione delle controversie, la dequalificazione e la mancanza di opportunità di carriera nonché l’assenza di misure in materia di salute e sicurezza sul lavoro, specialmente per i lavoratori su piattaforme digitali in loco meno qualificati e i lavoratori che svolgono microattività, come evidenziato durante la crisi generata dalla pandemia».

Falsi autonomi, sicurezza e trasparenza

L’Europarlamento, che ha pubblicato uno studio sul tema, invita la Commissione europea a valutare in che misura le attuali norme dell’Ue sono applicabili al mercato del lavoro delle piattaforme digitali, mentre a Stati membri e parti sociali è chiesto di ammodernare la legislazione in vigore in modo da assicurare la tutela dei lavoratori. Nelle piattaforme digitali i lavoratori sono spesso classificati erroneamente come lavoratori autonomi, cosa che li priva dell’accesso alla protezione sociale e ad altri diritti del lavoro. Al fine di affrontare questa anomalia, il Parlamento ha proposto un’inversione dell’onere della prova: dovrebbero essere i datori di lavoro a dimostrare che non c’è un rapporto di lavoro, piuttosto che viceversa.

C’è poi una questione di sicurezza, dato che i lavoratori delle piattaforme sono spesso soggetti a maggiori rischi, come incidenti stradali o lesioni causate da macchinari. Dovrebbero quindi essere dotati di adeguati dispositivi di protezione personale, osserva l’Europarlamento, mentre quelli attivi nei servizi di trasporto e consegna dovrebbero avere garantita un’assicurazione contro gli infortuni. Infine, il Parlamento europeo chiede che gli algoritmi che regolano le varie funzioni, quali l’assegnazione dei compiti, le valutazioni, i prezzi e le procedure di disattivazione, siano «trasparenti, non discriminatori ed etici», mentre dovrebbe sempre esserci una supervisione umana del processo.

Ces: assunzione di responsabilità per le imprese

Il Parlamento europeo «ha mostrato che c’è un ampio consenso nel portare le società di piattaforme digitali in linea con la legge che tutti i datori di lavoro devono rispettare» ha dichiarato il segretario confederale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Ludovic Voet, esprimendo soddisfazione per l’accoglimento delle richieste sindacali che dovrebbero costituire le basi per la direttiva attesa entro fine anno. La Ces ricorda come a milioni di lavoratori venga negato il diritto al salario minimo, alle ferie e alle indennità di malattia e a un contratto di lavoro sicuro «da parte di alcune società di piattaforme che evitano le proprie responsabilità di datori di lavoro». Secondo la Ces è importante che anche l’Europarlamento abbia chiesto di chiarire che non si possa considerare l’istituzione di un nuovo «terzo status, tra lavoratore subordinato e lavoratore autonomo», così come che i lavoratori delle piattaforme digitali abbiano il diritto di organizzarsi collettivamente e di essere rappresentati.