Euronote – Parità di genere: progressi troppo lenti nell’Ue

Milano, 16.10.2017

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Parità di genere: progressi troppo lenti nell’Ue

L’indice 2017 mostra la necessità di politiche mirate in tutti gli Stati membri

L’Unione europea sta avanzando a «un ritmo da lumaca» sull’uguaglianza di genere, per il raggiungimento della quale servono ancora importanti sforzi da parte degli Stati membri, afferma l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige) che ha pubblicato l’Indice 2017 nell’Ue. In dieci anni, nel periodo 2005-2015, l’indice medio europeo generale è infatti cresciuto di soli 4 punti percentuali, ma in alcuni settori e ambiti è addirittura peggiorato. Quasi i due terzi dei Paesi dell’Ue presentano un indice inferiore a quello medio europeo che è di 66,2 su 100, la Svezia resta il Paese più performante nella parità uomo/donna, con un indice generale di 82,6, e la Grecia il peggiore con un indice di 50. Secondo il Gender Equality Index 2017 il Paese migliorato di più nel corso del decennio analizzato è stato l’Italia che ha aumentato il suo indice di 12,9 punti, ma partiva da una situazione talmente negativa che sarebbe stato difficile fare peggio: è passata dal 26° al 14° posto.

Pari opportunità di scelta e partecipazione ancora lontane

È stato l’ambito dei processi decisionali a dare la più grande spinta verso la parità di genere nel decennio 2005-2015, con un miglioramento di quasi 10 punti, tuttavia questo indice resta il più basso tra quelli rilevati segnalando così la permanenza di un deficit democratico nella governance dell’Ue. Per quanto concerne invece l’uso del tempo la situazione è peggiorata in 12 Paesi, con l’80% delle donne impegnate nei lavori domestici ma solo un terzo degli uomini, che infatti hanno più tempo da dedicare ad attività sportive, culturali e ricreative.

Questa edizione dell’Indice mostra inoltre l’esistenza di divari tra differenti gruppi di donne e uomini. A seconda dell’età, del livello di istruzione, del Paese di nascita, della famiglia o di eventuali disabilità la vita può essere molto diversa dal resto della popolazione. Ad esempio, le persone immigrate sono doppiamente a rischio di povertà rispetto a donne e uomini nati nell’Ue, i ragazzi stanno perdendo opportunità educative rispetto alle ragazze e le madri sole hanno maggiori difficoltà ad accedere ai servizi sanitari rispetto alle coppie con figli.

«L’uguaglianza non significa avere donne più simili agli uomini, ma invece creare un ambiente in cui entrambi i sessi possano avere uguali possibilità di scelta e partecipare pienamente alla vita sociale, lavorativa e familiare» ha dichiarato la commissaria europea per la Giustizia, i Consumatori e l’Uguaglianza di genere, Věra Jourová.

Miglioramenti scarsi in ambito lavorativo

Per la dimensione lavorativa l’indice ha preso in considerazione il lavoro retribuito secondo tre aree chiave: partecipazione al mercato del lavoro, segregazione di genere e qualità del lavoro. Mediamente a livello europeo il punteggio complessivo per l’uguaglianza di genere nel campo del lavoro è aumentato solo di 1,5 punti negli ultimi 10 anni, arrivando a 71,5. La maggior parte degli Stati membri ha registrato progressi minimi, un calo è stato rilevato in Romania e in cinque Paesi non c’è stato alcun cambiamento. Per la partecipazione al mercato del lavoro, che comprende il tasso di tempo pieno equivalente e la durata di vita lavorativa, l’indice è aumentato di 2,3 punti (79,8). Sul tempo pieno occupazionale il divario tra i sessi nell’Ue è pari a 16 punti percentuali a svantaggio delle donne, con le prestazioni migliori in Svezia, Finlandia ed Estonia e le peggiori in Italia, Malta e Grecia.

Quasi nessun miglioramento è avvenuto nella sotto-categoria della segregazione e della qualità del lavoro (+ 0,7 punti, con indice di 64), che misura il valore di partecipazione nei settori dell’istruzione e delle attività sanitarie e sociali, così come rispetto alla qualità del lavoro, misurata da orari di lavoro flessibili e prospettive di carriera.

Forti disuguaglianze di genere tra i meno qualificati

L’intersezione del genere con altri fattori sociali rivela notevoli differenze nell’accesso al mercato del lavoro, osserva la Relazione dell’Eige. Più basso è il livello di istruzione, minore è il tasso di occupazione a tempo pieno per entrambi i sessi ma maggiore è il divario di genere. Le donne con basse qualifiche partecipano al mercato del lavoro con un tasso che è la metà di quello degli uomini scarsamente qualificati (rispettivamente 17% e 34%). Inoltre, quasi metà delle donne (45%) ma solo un quinto degli uomini (26%) poco qualificati lavorano con un impiego precario, mentre sono circa 6 milioni le donne e 2 milioni gli uomini con bassi livelli di istruzione che non sono mai stati occupati.

La partecipazione al mercato del lavoro delle donne è molto più bassa anche nel caso di disabilità, con 9 punti percentuali di differenza, mentre quasi la metà delle donne in età lavorativa con disabilità è economicamente inattiva (45%) rispetto al 35% degli uomini.

La diseguaglianza di genere riguarda anche l’occupazione a tempo pieno nei casi di famiglie con figli: il tasso tra le coppie con figli è di 28 punti percentuali a favore degli uomini; tra i genitori single il divario è di 11 punti percentuali a favore dei padri.

Ces: servono misure specifiche nel programma della Commissione

Commenti positivi alla rilevazione svolta dall’Eige e un appello alla Commissione europea per «una risposta forte e coerente» sono giunti dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces). Secondo la segretaria confederale della Ces, Montserrat Mir, «l’indice fornisce ulteriori prove della necessità di una politica dell’Ue in materia di uguaglianza di genere che determini un maggior impegno da parte degli Stati membri». Il programma di lavoro della Commissione europea del 2018 dovrebbe includere l’uguaglianza di genere e misure specifiche per colmare il divario di genere, sostengono i sindacati europei, secondo i quali non servono azioni frammentarie bensì il coinvolgimento di tutti gli Stati membri.

La proposta della Commissione europea sull’equilibrio tra lavoro e vita è positiva ma non basta – ha aggiunto la segretaria confederale della Ces –. È urgente intervenire per eliminare il divario retributivo di genere».