Notorious – L’amante perduta

Un Un film di Alfred Hitchcok (Usa – 1946)

Milano, 2.12.2021

Regia: Alfred Hitchcock Soggetto: Alfred Hitchcock Sceneggiatura: Ben Hecht Fotografia: Ted Tetzlaff Musiche: Roy Webb Montaggio: Theron Warth Scenografia: Claude Carpenter, Carol Clark, Darrell Silvera Interpreti: Fay Baker Ingrid Bergman Wally Brown Louis Calhern Riccardo Costa, Cary Grant, Madame Konstantin Eberhardt Krumschimidt Charles Mandl, Ramon Normar Moroni Olsen Beardsley, Reinhold Schunzel Ivan Triesault Lenore Ulrich Peter Von Zernack Produzione: Alfred Hitchcock per la Rko Distribuzione: Cineteca Griffith Durata: 102′.

Miami, Florida. 24 aprile 1946. Ore 15:20. Si conclude il processo contro la spia tedesca John Huberman: l’imputato è condannato a vent’anni di carcere. Un gruppo di giornalisti e di fotografi attende con impazienza di intervistare la figlia, Elena (Alicia nell’originale inglese), ma sono delusi perché lei se ne va senza rilasciare alcuna dichiarazione.
Tempo dopo, la donna ospita uno sconosciuto a un party e si mette a corteggiarlo in evidente stato di ubriachezza. Il mattino successivo egli rivela la sua identità: si tratta dell’agente segreto T.R. Devlin e l’ha contattata per conto del Governo degli Stati Uniti, per chiederle di partecipare a una missione in Brasile, volta a smascherare un complotto filonazista. Elena, innamorata e desiderosa di riscattare l’onore della sua famiglia, decide di accettare e parte con lui per Rio de Janeiro. Non si sente idonea all’incarico, ma è motivata principalmente dai suoi sentimenti; l’agente, invece, agisce in base ai suoi doveri di funzionario.
Durante il viaggio in aereo riceve la notizia che il padre si è suicidato in carcere. A Rio le viene assegnato il compito di carpire informazioni al presunto capo dell’organizzazione nemica, un suo antico corteggiatore respinto, Alessio Sebastian, amico di suo padre. Tuttavia, ben presto, si trova in una posizione difficile perché Alessio, innamorato ancora di lei e finalmente convinto di poter essere ricambiato, le propone di sposarlo, sfidando inaspettatamente la madre, madame Anna Sebastian, diffidente e ostile ad Elena.
Devlin non si oppone al parere favorevole espresso dai suoi superiori sull’opportunità del matrimonio, ma soffre profondamente della situazione, reagendo in maniera amareggiata nei confronti di Elena che, a sua volta amareggiata e delusa a causa della freddezza dell’uomo che ama, si sacrifica per la missione e sposa Alessio. Tramite Devlin mantiene un contatto periodico con i servizi segreti americani per informarli sugli incontri che i nazisti tengono periodicamente in casa di Sebastian e sui loro movimenti.
Quando arriva alla certezza che la cantina nasconde un segreto, organizza un ricevimento per consentire a Devlin di indagare nella villa di persona. L’agente scopre che la cantina è il luogo in cui è nascosto il minerale di uranio in bottiglie di vino. Sebastian, esaurite le scorte di champagne, sorprende la moglie e Devlin nei pressi della cantina. Per deviare i sospetti, Devlin bacia appassionatamente Elena, fingendo di esserne l’amante. Ma, nonostante questa manovra diversiva, Alessio fiuta l’inganno: nota che la chiave della cantina gli è stata sottratta e che qualcuno vi si è introdotto e ha rotto una bottiglia.
Con la complicità della madre, Alessio vuole far sparire Elena e nello stesso tempo vuole impedire che i suoi complici scoprano che ha sposato una spia. Un veleno mischiato al caffè servirà allo scopo, agendo lentamente e debilitandola fino alla morte. Colpita da frequenti malori e sempre più debole, Elena continua a recarsi coraggiosamente agli appuntamenti per fornire informazioni a Devlin, che, notando il peggioramento del suo stato di salute, lo attribuisce all’abuso di alcool. Tuttavia non sopporta più il tormento che gli procura il ruolo che si è assunto e chiede di essere trasferito in Spagna. All’ultimo incontro Elena però non si presenta. Devlin è preoccupato e, dopo averne discusso con il suo capo, decide di recarsi personalmente nella casa di Sebastian. Nella villa è in corso una delicata riunione: vistisi pedinati, alcuni membri del gruppo nazista iniziano a sospettare di Sebastian. Di soppiatto Devlin sale ai piani superiori e trova Elena in fin di vita. Le dichiara finalmente il suo amore e la trae in salvo, accompagnandola all’auto e mettendo alle strette il marito, indeciso tra il bloccare la fuga dei due amanti, facendosi scoprire dai suo complici, o il lasciar fuggire Elena. Il film si conclude con Devlin e Elena che s’allontanano in macchina, mentre Alessio si avvia verso casa, dove dovrà rendere conto dell’accaduto alle spie naziste che hanno assistito alla fuga della moglie…

LA CRITICA

“Notorius è uno dei più bei film della storia del cinema. Hitchcock ha 47 anni e ha girato 32 film. La sua maturità permette a questo film di essere un diamante di una purezza inalterabile”. (Noel Simsolo, Alfred Hitchcock, Seghers, 1969, p. 58.)

“Quando uscì in Francia, questo splendido film – uno dei più belli di Hitchcock – trovò diversi critici disposti a giudicare il soggetto banale o nauseante. Ma già il loro modo di riassumere l’intreccio dimostrava che non l’avevano capito….. In questo film fatto di primi piani, la materia mirabilmente esaltata dall’illuminazione di Ted Tetzlaff (volti, metallo, vetro, gioielli, tappeti e pavimenti a piastrelle) brilla d’uno splendore ora gelido, ora incandescente”. ( Rohmer-Chabrol, Hitchcock, Marsilio, Venezia, 1986)

“La banale vicenda acquista interesse per merito dell’ottima regia e dell’ottima interpretazione, che fanno di questo film una opera assai notevole, sia dal lato artistico che da quello della tecnica cinematografica”. (‘Segnalazioni cinematografiche’, vol. 22. 1947)

“Perfetto connubio di spionaggio e sentimento, contrassegnato dal marchio di fabbrica di Hitchcock: l’intrigo non è particolarmente eccitante, ma in fatto di suspense pochi altri film reggono il paragone. (…) E un Ingrid Bergman così l’avevate mai vista? Sfido che Cary Grant le rifili il più lungo bacio della storia del cinema”. (Massimo Bertarelli, ‘”Il Giornale”, 31 marzo 2001).


Come fa giustamente notare François Truffaut nella sua lunga intervista al regista (“Il cinema secondo Hitchcock”), “Notorious” è un film «straordinariamente moderno […]; un modello di come dovrebbe essere costruita una sceneggiatura. […] Tutte le scene di suspense sono costruite intorno a due oggetti, sempre gli stessi: la chiave e la falsa bottiglia di vino. L’intreccio sentimentale è il più semplice del mondo: due uomini innamorati della stessa donna. Tra tutti i suoi film è, a mio parere, quello in cui si avverte la più perfetta identità tra quello che voleva ottenere e il risultato sullo schermo. […] Il grande successo di “Notorious” sta nell’aver raggiunto contemporaneamente il massimo della stilizzazione e il massimo della semplicità.» Ci sarebbe poco da aggiungere, a questo, se non che “Notorious” rappresenta probabilmente la miglior interpretazione della carriera di Ingrid Bergman e che la storia (scritta comunque benissimo da Ben Hect) è davvero niente altro che un classico triangolo amoroso messo al centro di un labile ancorché intelligente intreccio spionistico. Ma ciò che davvero impressiona, in questa pellicola, è la perizia tecnica con la quale “monsieur Hitchcock” realizza le sequenze di suspense. È entrato nella storia del cinema il dolly che attraversa il salone della festa per fermarsi in un dettaglio della chiave stretta nella mano di Ingrid Bergman. E poi, ci sono i tre minuti del bacio più lungo della storia del cinema. (Alberto Cassani FilmChips – 25/10/2003)


Donna di dubbia moralità è costretta dai servizi segreti USA a sposare a Rio de Janeiro il presunto capo di un’organizzazione neonazista. La salva dalla morte un collega innamorato. Sulla base di un romantico e spudorato melodramma d’amore (scritto benissimo da Ben Hecht che, con C. Rains, fu “nominato” all’Oscar), è un thriller razionalista e crudele che trasmette allo spettatore emozioni e malessere. Il suo leit-motiv è il bere. Bergman iperluminosa. A differenza degli altri film hitchcockiani di spionaggio, non c’è spazio per l’umorismo. (Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli)


La pignola precisione dei dettagli, il rigore dell’analisi psicologica effettuata su personaggi non straordinari ma minuziosamente conseguenti, devono aver richiesto anche da parte di un uomo abile e scaltro come Hitchcock uno sforzo non indifferente, il cui risultato può, con ragione, aver fatto contenti il regista e i tre principali interpreti. È altrettanto certo però che, se il valore del film potesse essere pesato con una bilancia, il piatto su cui fossero posti gli elementi artistici dei film stesso sarebbe di gran lunga più leggero dell’altro, quello degli elementi tecnici e formali. (…) Superiore ad ogni elogio l’interpretazione della Bergman, efficacemente sostenuta da Claude Rains e da Cary Grant”. (Lorenzo Quaglietti, L’Unità, Roma, 1 novembre 1947)