Milano, 3.7.2019
In caso di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, derivante da una condizione di “handicap”, sussiste l’obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi ragionevoli nei luoghi di lavoro ai fini della legittimità del recesso.
Su questo principio si è sviluppata una causa promossa dal lavoratore licenziato per la perdita di idoneità della mansione per la quale era stato assunto in origine.
La Corte di appello di Catanzaro ha infatti confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato dalla società datrice e condannato la stessa alla reintegra del lavoratore nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno.
La Corte territoriale ha premesso che il dipendente, rientrato al lavoro nell’ottobre 2005, dopo un grave infortunio sul lavoro occorso nel 2004, era stato giudicato dal medico competente inidoneo “allo stato attuale” alle mansioni di autista ed adibito ai compiti di aiuto meccanico presso l’officina aziendale. La Corte di appello ha rilevato, inoltre, che nel dicembre 2007, poiché il lavoratore era stato dichiarato permanentemente inidoneo alle mansioni di autista, la società gli aveva offerto il ruolo di addetto alle pulizie con riduzione dell’orario di lavoro ma, a fronte del rifiuto dello stesso, aveva intimato il licenziamento per sopravvenuta permanente inidoneità fisica alle mansioni di autista.
Secondo la sentenza di appello, la scelta della datrice di lavoro di creare una apposita postazione lavorativa di ausilio al personale dell’officina aziendale, a seguito della accertata inidoneità del lavoratore a svolgere le mansioni di autista, costituiva adempimento dell’obbligo posto a carico della società dall’art. 1, comma 7, L. n. 68 del 1999 (confermato dall’art. 42, D.Lgs. n. 81 del 2008).
La Corte territoriale ha ritenuto, pertanto, che il licenziamento intimato sulla base del presupposto, non più attuale, della definitiva inidoneità del lavoratore alle mansioni di autista, dovesse ritenersi illegittimo, avendo la società assegnato il dipendente fin dall’ottobre 2005 a mansioni diverse, compatibili con la residua capacità lavorativa. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso rilevando che del tutto correttamente i giudici di merito avevano ritenuto illegittimo il licenziamento intimato dalla società per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni di autista, sulla base di un duplice ordine di ragioni: per essere la motivazione del recesso non attuale, atteso che il dipendente nel 2008 (entrata in vigore del Decreto 81) non svolgeva più da anni le mansioni di autista; inoltre, per avere la società dimostrato di poter adibire il lavoratore ad altre mansioni compatibili con le menomazioni fisiche, il che coincide con gli accorgimenti ragionevoli esigibili in base alla ricostruzione del contesto normativo interno e sovranazionale precedentemente operata, e risulta dirimente ai fini dell’esclusione della violazione di legge denunciata.