Milano, 10.6.2016

Tra i disturbi più frequenti indicati dai lavoratori troviamo il mal di schiena e mal di piedi, a causa delle scarpe antinfortunistiche. Tra gli indumenti di lavoro più scomodi troviamo invece i pantaloni e le maglie per le lavoratrici, in quanto costrette a indossare taglie da uomini e quindi troppo larghe. “Il quadro che emerge dai dati raccolti è una ulteriore conferma negativa di quanto da tempo si registra in tema di Dpi e indumenti da lavoro – afferma Cinzia Frascheri, responsabile dipartimento salute e sicurezza Cisl -. Il disagio e il danno manifestato dagli intervistati colpiscono non solo per il dato di inadeguatezza delle condizioni in cui sono chiamati a svolgere il proprio lavoro, ma soprattutto in prospettiva considerando le ricadute in termini di costi aziendali e sociali che tale condizione determina, avendo necessariamente dei riflessi diretti sulla salute, sulla sicurezza e, non meno, sulla mancata produzione”. E se oggi a registrare i problemi maggiori sono le lavoratrici, cui le case produttrici di Dpi e indumenti da lavoro ancora non guardano come popolazione da dover soddisfare, continuando a produrre capi pensati per uomini e ridimensionando solo le misure (quando non unisex), secondo la Cisl nel breve tempo i problemi aumenteranno considerato il repentino invecchiamento della popolazione lavorativa. “Per questo abbiamo promosso un’azione complessiva di sensibilizzazione nelle aziende del problema, agendo attraverso gli Rls e Rlst mediante lo strumento della consultazione preventiva della valutazione dei rischi – afferma Giuseppe Sbarufatti, responsabile dipartimento Salute e sicurezza Cisl Asse del Po -. Come Cisl Asse del Po vogliamo avviare un ampio coinvolgimento di tutte le categorie affinché i dispositivi di protezione individuale in ottica di genere diventino un vero e proprio punto da inserire nella contrattazione aziendale”. “Perché i datori di lavoro – aggiunge – devono capire che si tratta di un investimento, non di un costo”.