Milano, 6.6.2014

Benvenuti nella scompigliata famiglia Curley. Il capofamiglia è Dessie Curley, imbianchino al quale piace imbiancarsi. La casa in realtà è governata da sua moglie Kay, una donna sulla quarantina vivace e piena di risorse, cosa buona per lei, anche perché ha molto da fare – non ultimo, occuparsi dei suoi sei figli. Questa tipica, allegra, rumorosa, compatta famiglia irlandese è colpita da una “bomba” allorchè Sharon, un bel mattino, annuncia di essere incinta. A peggiorare la situazione, il suo rifiuto di rivelare il nome del padre. Alle amiche del pub, Sharon racconta che il padre del bambino è un marinaio spagnolo. Ma starà dicendo la verità?
La storia di una ragazza che vive in un quartiere popolare di Dublino e lavora in un supermercato che si trova incinta ma rifiuta di dire il nome del padre è l’occasione per descrivere la vita ed i pettegolezzi del quartiere stesso oltre al ritratto di una famiglia proletaria piuttosto bislacca..
LA CRITICA

Potrebbe essere una tragedia e invece è una commedia, una delle più divertenti e commoventi insieme degli ultimi anni. Divertente per il brio e i dialoghi irresistibili di Roddy Doyle, l’autore di The Commitments, 35 anni e una fama già solida di cantore delle classi popolari irlandesi al suo attivo (segnatevi questo nome, in Italia i suoi romanzi li pubblica Guida). Così come Frears, di ritorno in Europa, unisce il massimo del realismo (ambienti, personaggi, linguaggio) al deliberato irrealismo dei comportamenti. E’ la fusione degli opposti, la capacità di cogliere con un solo sguardo l’intolleranza, il conformismo, l’ottusità del mondo, e i tesori di affetto e generosità che si nascondono fra le mura di casa. E’ bello che dopo tanto divismo Frears abbia scovato un gruppo di attori sconosciuti e fenomenali. Ma l’applauso lo strappa Colm Meaney, che a forza di vitalità, buonumore, energia, riabilita a pieni voti una delle figure più vituperate: il Padre. (Il Messaggero, Fabio Ferzetti 13-12-93)
The Snapper (“il marmocchio”, in slang) è un film tv targato Bbc che non aspira a essere il capolavoro che molti, dopo l’affollata anteprima alla “Quinzaine” di Cannes, hanno voluto vedervi. Ma certo è uno splendido esempio di come si possa fare cinema per la televisione, coniugando intrattenimento brillante e realismo sociale, basso costo e alta qualità. Fa bene Stephen Frears, reduce da Eroe per caso (mal accolto negli Usa), a non considerare “The Snapper” come una sorta di “ritorno a casa” dopo la parentesi hollywoodiana, anche se è probabile che gli estimatori di” My Beautiful Laundrette” troveranno in questa commedia scanzonata la conferma di un talento britannico poco in linea con gli standard dello studio system americano. (L’Unità, Michele Anselmi 11-12-93)
A dispetto del pretesto narrativo, anche drammatico, il film assume fin dalle prime battute un andamento da commedia paesana. Stephen Frears, qualche volta tentato dallo snobismo intellettuale, adesso guarda alle proprie origini, a un momento storico nel quale si credeva di poter forzare il mondo con una battuta, con l’apoteosi di uno scapestrato. Frears si immerge in un interno operaio, e lo intende e lo rende con una freschezza di accenti ormai poco comune fra i cineasti. Così “The Snapper”, film di costo ridotto, finisce per dire di più e, meglio, di tanti colossi in circolazione. Quel colorato sobborgo irlandese, pur avendo proprie caratteristiche, diventa una finestra sul mondo operaio, sul “fondo” cattolico che tanti si portano dentro, spesso cancellati da molto cinema recente. (L’Avvenire, Francesco Bolzoni 18-12-93)