Milano, 13.11.2014
Federico De Roberto, noto come autore de “I vicerè”, non era un pacifista schierato e nemmeno un antimilitarista ma dopo Caporetto seppe descrivere benissimo la vita di trincea nel racconto “La paura” al quale Ermanno Olmi ha fatto riferimento nella sua opera più recente Torneranno i prati. Il film di Olmi si accosta ad alcuni dei film fondamentali nel comprendere la vicenda della prima guerra mondiale analizzandone i sentimenti e le emozioni dei soldati. Non a caso inizia con un canto tra le trincee applaudito da ambedue le parti, un po’ come il finale di Orizzonti di gloria di Kubrick dove una canzone nostalgica serviva a rimuovere le barriere esistenti tra gli uomini impegnati in una guerra che non condividevano. Olmi ha girato un film non “popolare” ma molto rigoroso rifacendosi anche ai racconti del padre che, a differenza di De Roberto, la vita di trincea l’ha vissuta. Un film essenziale quindi, ben servito dalla fotografia del figlio Fabio, girato su un altipiano immerso nella neve per ricordare i patimenti di persone costrette a lunghe attese in trincee gelate. Pur senza scadere nella pura trama illustrativa nel film c’è tutto quanto serve per capire e condividere la memoria di quei soldati: gli ordini “criminali” che portano alla moltiplicazione delle vittime, la provenienza dalle varie regioni italiane dei soldati che spesso per la prima volta mettevano il naso fuori da casa, le foto e le lettere delle persone care, ecc. Un film insomma che apre degnamente le manifestazioni del centenario della grande guerra ricordando come essa è stata una “inutile strage”.