Un anno di guerra è troppo

La società civile europea chiede un’azione diplomatica che fermi il conflitto

In occasione della triste ricorrenza di un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, la società civile europea si è mobilitata rilanciando un appello forte e chiaro: «Un anno di guerra è troppo! Fermiano la guerra in Ucraina. La pace è la vittoria di cui abbiamo bisogno!». Oltre 100 iniziative e manifestazioni si sono così svolte nelle città italiane ed europee per chiedere il cessate il fuoco, il dialogo e i negoziati di pace, un’azione diffusa su tutto il territorio europeo promossa dalla piattaforma Europe for Peace, costituita da centinaia di organizzazioni e associazioni di tutta Europa. «Questa guerra va fermata subito, basta sofferenze, e va cercata una soluzione negoziale, ma non si vedono sinora iniziative politiche né da parte degli Stati, né da parte delle istituzioni internazionali e multilaterali che dimostrino la volontà di cercare una soluzione politica alla crisi» denunciano i promotori delle iniziative per la pace, secondo i quali «l’Italia, l’Unione europea e gli Stati membri, le Nazioni Unite devono assumersi la responsabilità del negoziato per fermare l’escalation e raggiungere l’immediato cessate il fuoco. È urgente lavorare ad una soluzione politica del conflitto, mettendo in campo tutte le risorse e i mezzi della diplomazia al fine di far prevalere il rispetto del diritto internazionale, portando al tavolo del negoziato i rappresentanti dei governi di Kiev e di Mosca, assieme a tutti gli attori necessari per trovare una pace giusta».

Varie iniziative, ma pace ancora lontana

Negli ultimi giorni sono giunte al proposito alcune iniziative a livello internazionale: un documento strutturato in 12 punti da parte delle autorità cinesi (piuttosto generico), un’idea di proposta della presidenza brasiliana, una risoluzione dell’assemblea delle Nazioni Unite, voci su un negoziato segreto in corso a Ginevra tra le due parti in conflitto, ma si è ancora distanti da un’azione diplomatica concreta e decisa che ponga fine ai combattimenti e avvi un negoziato di pace. «Occorre invece che l’Europa e le Nazioni Unite operino attivamente per favorire il negoziato e avviino un percorso per una Conferenza internazionale di pace che, basandosi sul concetto di sicurezza condivisa, metta al sicuro la pace anche per il futuro» sostiene la coalizione Europe for Peace. «Che la guerra non sia la soluzione, ma sia una delle principali cause delle crisi da cui il nostro sistema e la nostra società non riescono più a liberarsi è sempre più evidente» dichiarano i membri della coalizione, osservando: «La guerra scatena l’effetto domino in una società globalizzata, interdipendente, invadendo ogni ambito e spazio: crollano i mercati ed il commercio, aumentano i costi delle materie prime e di ogni unità di prodotto, l’inflazione galoppa ed i salari perdono potere d’acquisto, ritornano la fame, le carestie e le pandemie nel mondo. Dire basta alle guerre ed alla folle corsa al riarmo è nell’interesse di tutti e di tutte. È l’unica strada che ci può far uscire dalla crisi del sistema».

Diplomazia internazionale mai così debole

«Dopo nove anni di guerra, perché sono nove anni e non uno dal 2014, in Ucraina si sta arrivando ad un punto di non ritorno, in cui non sarà più possibile fermare l’escalation bellica con i rischi nucleari che ciò comporta e già sappiamo che nei prossimi mesi ci sarà un’immensa distruzione» ha detto Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace, convocando un’edizione notturna della consueta Marcia per la pace Perugia-Assisi a un anno dall’inizio dell’offensiva russa del 24 febbraio 2022. Lotti ha anche ricordato come in questa mobilitazione straordinaria per la pace «la politica è la grande assente», mentre persino i generali americani ammettono che nessuna vittoria, né degli ucraini né dei russi, può essere trovata sul campo di battaglia. A fronte di una evidente escalation militare, infatti, mancano idee e iniziative concrete per un cessate il fuoco e un negoziato. «Mai la diplomazia internazionale ha toccato un punto così basso. L’unica opzione sul campo è “vincere la guerra”» sottolinea Lotti, costatando responsabilità a vari livelli: «Dall’Occidente nessuna voce ragionevole, solo appelli alla guerra “per procura”, con le nostre armi, ma usate dagli altri. Mai la voce – nei governi e nelle istituzioni internazionali – della richiesta di una descalation dei combattimenti e del cessate il fuoco è stata così debole, neanche ai tempi della Guerra Fredda».

Intanto è in corso la militarizzazione dell’Ue

La stessa Unione europea, che dovrebbe svolgere un’azione diplomatica per fermare una guerra in territorio europeo, pare molto più attiva sul fronte degli armamenti e del riarmo. «La guerra in Ucraina e le sofferenze del popolo ucraino vengono cinicamente strumentalizzate per giustificare una militarizzazione a tutto campo che risponda soprattutto a particolari interessi industriali e geostrategici» denuncia l’European Network Against Arms Trade (Enaat), rete europea di gruppi e organizzazioni impegnati contro il commercio di armamenti. Ricordando come la decisione di aumentare in modo esponenziale la quota del bilancio dell’Ue per la difesa sia stata presa già nel novembre 2020, passando così da mezzo miliardo nel 2017-2020 ad almeno 10 miliardi di euro per il 2021-2027, l’Enaat prevede un’ulteriore accelerazione nel 2023. Oltre a spese militari nazionali alle stelle, infatti, il bilancio dell’Ue sarà rivisto quest’anno e ci sono molte richieste per un aumento sostanziale dei programmi europei che sovvenzionano l’industria degli armamenti o progetti militari: possibile aumento del Fondo Ue per la difesa fino a 13 miliardi di euro; possibile aumento del budget per la mobilità militare fino a 6 miliardi di euro; nuovi finanziamenti per l’approvvigionamento congiunto di armi da parte degli Stati membri; il Peace Facility, recentemente portato a 10 miliardi di euro, potrebbe essere ulteriormente incrementato entro il 2027. «Ciò può solo portare a distogliere risorse dalle priorità civili, poiché diversi Paesi sono tradizionalmente riluttanti ad aumentare il bilancio globale dell’Ue» osserva l’Enaat, secondo cui la seconda accelerazione riguarda la trasformazione dell’Ue in una forza militare di intervento (come previsto dalla Bussola strategica), mentre una terza «mossa preoccupante» è costituita dall’«offensiva dell’industria degli armamenti per l’accesso illimitato alla finanza sostenibile» pubblica e privata.