Cinema e lavoro – Wall Street: il denaro non dorme mai

Milano, 11.10.2016
 
REGIA: Oliver Stone  SCENEGGIATURA: Allan Loeb, Stephen Schiff FOTOGRAFIA: Rodrigo Prieto MONTAGGIO: David Brenner, Julie Monroe MUSICHE: Craig Armstrong INTERPRETI: Shia LaBeouf, Michael Douglas,Carey Mulligan, Josh Brolin, Charlie Sheen,Susan Sarandon, Frank Langella, Vanessa Ferlito, Eli Wallach, Natalie Morales, Jason Clarke, Donald Trump, Julianne Michelle,John Bedford Lloyd, Anna Kuchma, Madison Mason, Keith Middlebrook, Tom Mardirosian,Chuck Pfeiffer, Michelle Dibenedetti,Christian Baha, John Buffalo Mailer, Xanthe Elbrick, Victoria Hale PRODUZIONE: Edward R. Pressman Film DISTRIBUZIONE: 20th Century Fox DURATA: 127 min.
 
Quando nel 2001 lascia il penitenziario federale, dopo avere scontato una pena per frode finanziaria, riciclaggio e traffici illeciti, Gordon Gekko (Michael Douglas) è un uomo diverso. Non è più il signore e padrone di Wall Street, ha la barba mal rasata e i capelli in disordine. Nessuno lo sta aspettando, né la figlia Winnie, che non vuole più saperne di lui, né tantomeno qualcuno dei suoi colleghi di Wall Street. Dopo otto anni di carcere, Gekko è solo e completamente fuori dal mondo al quale apparteneva. Nel 2008 Jake Moore (Shia LaBeouf), giovane e abile intermediario finanziario, accumula milioni lavorando per la rispettabile Keller Zabel Investments, amministrata da Louis Zabel (Frank Langella), suo mentore e guida. La ragazza di Jake, Winnie (Carey Mulligan), sostenuta da un idealismo che manca al padre Gordon, è favorevole al proposito di Jake di investire in energie pulite. Quando iniziano a circolare insistentemente voci sulla Keller Zabel, che si troverebbe in difficoltà per avere investito miliardi in titoli tossici, il titolo in Borsa della società crolla rovinosamente. Quando la banca centrale rifiuta di aiutarlo, Bretton James (Josh Brolin), socio della potente banca d’investimenti Churchill Schwartz, si prepara ad acquisire la Keller Zabel a una frazione del suo valore. Durante una conferenza alla Fordham University Jake ha l’occasione di conoscere Gordon Gekko, che sta promuovendo il suo nuovo libro e, all’insaputa di Winnie, gli propone di aiutarlo a riavvicinarsi alla figlia, in cambio di informazioni sul perché Louis Zabel sia stato tradito dai suoi colleghi banchieri
 
Il seguito, forse meno riuscito, del film che Stone girò nel 1987. Ma la sequenza del discorso tenuto agli studenti delle tre enne (niente lavoro-niente reddito-niente futuro) e sui disastri della finanza è ancora una bella sintesi di ciò che è avvenuto e continua ad avvenire
 
LA CRITICA
 
Gekko è la voce di Stone: arrogante, brillante e demagogica. Ci racconta i demoni del progresso finanziario: prima broker, ora banchieri. Allora demolivano l’economia reale, ora ci sono i titoli derivati, i castelli di carte. Gekko non si fa ingannare, scopre e sfrutta le falle di un’economia sregolata e truccata, rischia di diventare Robin Hood perché l’attuale crisi morale è troppo persino per lui. Stone come al solito è eccessivo, aggressivo, rutilante, ma denuda il re, il dio denaro e ce lo mostra nello squallore di Josh Brolin. Ancora lui.(FilmTv)
2001 Gordon Gekko esce dal carcere dopo aver scontato la pena per le frodi attuate a Wall Street. Nessuno lo attende al di là del cancello. 2008. Gekko ha pubblicato le sue memorie e considerazioni sul passato e sul presente della finanza mondiale e le ha intitolate “L’avidita è buona?”. Intanto sua figlia, che si è rifiutata di fargli visita dopo la morte del fratello di cui lo accusa, ha una relazione con Jake Moore. Il giovane opera in Borsa sotto le ali dell’anziano Louis Zabel e crede nella possibilità di investire in un progetto finalizzato alla creazione di energia pulita. Zabel viene però messo in gravi difficoltà dalla diffusione di voci finalizzate alla sua eliminazione dal mercato e – non reggendo la pressione – si suicida. Da quel momento Jake si avvicina a Gekko il quale vorrebbe poter tornare ad avere un dialogo con sua figlia. “Gekko è vivo e truffa (forse) insieme a noi” si potrebbe affermare parafrasando uno slogan del ’68. Per la prima volta Oliver Stone torna sui suoi passi rivisitando un proprio personaggio. In questi casi si tratta sempre di operazioni rischiose ma l’operazione è riuscita. Non poteva essere diversamente, vista la materia offerta dalla recente crisi finanziaria di cui ancora a lungo pagheremo le conseguenze. Il finanziere d’assalto del film datato 1987, che veniva incarcerato pei suoi crimini, 23 anni dopo sembra un agnellino rispetto a chi gli è succeduto. La speculazione è un cancro pervasivo che ha invaso il mondo e l’alea morale (quella peculiarità per la quale i risparmiatori mettono il loro denaro nelle mani di qualcuno che non si assumerà alcuna responsabilità per l’uso che ne farà) domina il mercato.  Stone lancia ancora una volta un pesante j’accuse adempiendo al compito (che si è dato da sempre) di ‘volgarizzare’, nel senso di rendere comprensibili, le dinamiche del potere, sia esso politico o economico. Come sempre, però, torna a rivisitare le proprie ossessioni narrative e visive. Perché in lui permane sin dalla gioventù un conflitto mai risolto con la figura paterna che traspare in molte sue opere. Non è un caso che la dinamica ‘privata’ del film si dipani su due filoni legati alla paternità: Gekko vuole riallacciare un legame spezzato con la figlia, e Jake, avendo perso Zabel, è alla ricerca di una nuova figura ‘paterna’ di riferimento. Stone vive costantemente il conflitto tra autorità e libertà, lo associa politicamente al conflitto tra Stato e Mercato e lo traduce nella drammatica scena della crisi in cui uno dei presenti, dinanzi alla necessità dell’intervento dello Stato americano per salvare le banche, afferma: “Questo è socialismo!”. Ma il regista crede anche profondamente nell’opera di Satana nel mondo (ricordiamo quante riscritture dovette subire l’originale sceneggiatura di Tarantino per Natural Born Killers per introdurvi la presenza del Demonio). Ecco allora il quadro dominante lo studio del ‘cattivo’ di turno in cui il Diavolo mangia un corpo umano. Da anarchico di destra bisognoso di certezze Stone va alla ricerca del Male. Lo denuncia spietatamente sperando così che le forze degli inferi non prevalgano. (Giancarlo Zappoli – Mymovies)
Un accendino, delle carte, un fermasoldi d’oro, un fazzoletto di seta, un anello e un cellulare d’antan. Stropicciato, con lo sguardo cinico e stanco, Gordon Gekko ritira i suoi averi ed esce di prigione, nel 2001, dopo aver scontato otto anni per truffe finanziarie. Nessuno lo attende: la limousine parcheggiata fuori, verso cui, per abitudine, si incammina, è per un rapper. Ma Gekko è un uomo dalle sette vite. Nel 2008 lo ritroviamo che ha scritto un libro “L’avidità è buona?”, frutto delle sue riflessioni sullo stato della finanza mondiale: la catastrofe, profetizza, è dietro l’angolo. Vivacchia ai margini di quello che era il suo regno, Wall Street, con conferenze nelle università. È in una di queste occasioni che viene avvicinato da un giovane broker di belle speranze, Jacob ‘Jake’ Moore, alla ricerca di un mentore dopo che il suo guru, Lewis Zabel, si è suicidato per le pressioni e speculazioni di un suo rivale, Bretton James. Si dà il caso che Jake sia anche il fidanzato della figlia di Gekko, Winnie, che ha troncato del tutto i rapporti col padre corrotto e da lei incolpato della morte del fratello. Gordon e Jake stringono un patto: malgrado e nonostante Winnie. Gekko sarà la guida di Jake per proseguire sulla strada indicata da Zabel, Jake tenterà il riavvicinamento padre/figlia. Sono ancora più cattivi i tempi oggi, più cattivi di quelli che Gordon Gekko aveva rappresentato sullo schermo nel 1987: se allora dominava lo yuppismo e i singoli erano i corrotti e corruttori, ora, ci dice Stone, sono le intere istituzioni, le banche, le società, che operano impunemente, alla luce del sole. L’illegalità è legge, ormai. Anche se poi il risultato, a parte la morale, è identico: il ricco pasce, il povero tira la cinghia. Così anche Gordon Gekko, che ai tempi era parso il non plus ultra della doppiezza, di fronte agli elementi che circolano oggi, rappresentati da uno squalo come Bretton James, pare aver perso molte delle sue piume. Certo non la verve e il desiderio di riscatto: Michael Douglas riesce a infondergli lo stesso physique du rôle, gli occhi sornioni, lo stropicciamento degli anni che non ne sottrae il fascino. Di fronte a lui Shia La Beouf pare di un’inespressività allarmante. Oliver Stone con Wall Street: il denaro non dorme mai, non intende offrire un sequel, come precisa, ma un approfondimento, offertogli su un piatto d’argento dalla crisi finanziaria del 2008. Solo che l’operazione riesce a metà, fagocitata dalla ridondanza del regista e da un’ambiguità di fondo che ha spesso contraddistinto i suoi lavori: come se volesse accontentare tutti, cavalcando la facile visione di un mondo nettamente diviso in bianco e nero, buono e cattivo, senza nuance. Senza contare il piglio di Stone che è sempre pedagogico ma in senso elementare, chiarificare alle masse un mondo banalizzandolo, riducendolo a minimi termini. Non c’è vera cattiveria nel film, piuttosto un messaggio rassicurante di famiglie che si ritrovano, di un rifugiarsi pavido nel privato. Oliver Stone vola davvero troppo basso. (Donata Ferrario – FilmUp)

 

Scritto da Allan Loeb e Stephen Schiff e basato sui personaggi creati da Stanley Weiser e O. Stone, è il seguito di Wall Street (1987) che nell’anno di L’ultimo imperatore valse a M. Douglas l’Oscar per il miglior attore. Nel 2001 Gordon Gekko, squalo della finanza d’assalto, esce dal carcere. Nessuno lo aspetta, nemmeno la figlia, che lo odia. 7 anni dopo, in una New York senza le Twin Towers, l’ex genio malvagio degli affari sporchi è un povero geco, anzi un camaleonte che, per rifarsi, si camuffa, tradisce, implora perdono, attende l’occasione di riarricchirsi. Nel rinunciare alla dimensione documentaristica di denuncia, nerbo del film precedente, emergono limiti, difetti, piccole manie velleitarie, trucchi grafici, battute a effetto, insomma il peggio di Stone. Ammosciato Gekko, nessun altro personaggio possiede il fascino del male che occorre a una storia come questa. (M. Morandini)