Welfare, Cisl Lombardia: adottare modelli a rete integrate

Milano, 14.7.2016
 
Sperimentare Punti welfare sul territorio, rivolti alla popolazione, promossi e gestiti in forma integrata, con il concorso di istituzioni pubbliche ma anche del privato sociale, del Terzo settore, dei sindacati e delle associazioni imprenditoriali. Favorire l’attuazione di modelli a rete integrata tra soggetti pubblici e del privato sociale, per costruire politiche di risposta ai nuovi bisogni. E’ quanto ha proposto la Cisl Lombardia nel corso del convegno “Dai sistemi alle reti di welfare, le sfide dell’inclusione sociale”, tenutosi questa mattina a Milano. “Le risposte ai nuovi bisogni dei cittadini spesso ci sono, ma non si conoscono, anche per effetto che i servizi e le strutture, seguono una logica di erogazione di prestazione, e non di interazione per la realizzazione di percorsi”, ha sottolineato Paola Gilardoni, segretario regionale Cisl Lombardia aprendo i lavori. “La complessità dei bisogni, i limiti di sostenibilità economica e finanziaria, ma anche i cambiamenti culturali, l’innovazione dei processi – ha aggiunto – richiedono che si privilegi un approccio a rete e che nello sviluppo di politiche pubbliche si debba preferire la via dell’innovazione, valorizzando processi di programmazione partecipata e cooperativa. Un percorso nel quale la contrattazione aziendale e decentrata svolgono un ruolo di fondamentale importanza”.
Cambiamento demografico, nuove fragilità ed instabilità occupazionali, impoverimento delle famiglie, gestione dei flussi migratori: la sostenibilità complessiva dei sistemi di welfare  è sollecitata  da nuovi rischi sociali e dall’emergere di bisogni differenziati. A guardare i dati, al momento a livello italiano non siamo messi malissimo: la spesa per il welfare è allineata a quella europea, ma sbilanciata sulle pensioni. “Si spende troppo poco per le misure per la famiglia, per l’edilizia sociale, per gli interventi contro l’esclusione sociale, ma complessivamente il nostro sistema è dignitoso – ha spiegato  Gianfranco Cerea, docente di Scienze economiche  all’università di Trento -. Nel lungo periodo, però, occorrerà un saldo migratorio di 300mila unità all’anno, altrimenti il sistema di welfare non starà in piedi. Il tasso di occupazione femminile dovrà aumentare e il Pil dovrà essere almeno all’1,5%”.  
Se favorire l’occupazione femminile è strategico anche per migliorare la sostenibilità del sistema di welfare, occorre rilanciare anche il ruolo della conciliazione famiglia-lavoro. Sul tema la Lombardia sta facendo molto. “Nel 2010 la Regione è partita con le prime attività attività per la conciliazione e la creazione delle reti territoriali – ha ricordato Francesca Brianza, assessore al reddito di autonomia e all’inclusione sociale -. Otto milioni di euro sono stati stanziati per le politiche di conciliazione,  con un 38,5% di cofinanziamento: una segno della rispondenza di tutto il tessuto,  che crede molto in queste misure”. Innovazione, nuove generazioni, armonizzazione delle differenze territoriali, nuove alleanze pubblico-privato, sono solo alcune delle nuove parole d’ordine per l’universo welfare emerse dal dibattito, che ha visto confrontarsi Davide Invernizzi, direttore Area Servizi alla Persona Fondazione Cariplo, Stefano Granata, presidente Gruppo cooperativo Cgm, Ermanno Cova, presidente di Welfare integrativo lombardo dell’artigianato, Romano Guerinoni, direttore generale Fondazione Welfare ambrosiano. “Un Paese disuguale come il nostro quanto può reggere? – ha sottolineato nelle conclusioni Maurizio Bernava, segretario nazionale Cisl -. Occorre potenziare e valorizzare l’infrastrutturazione sociale, costruire rapporto diverso tra centro e periferia”. “Chi ha già un buon livello di infrastruttura sociale, come la Lombardia – ha aggiunto – deve diventare sistema di riferimento da diffondere altrove, nell’ottica di una maggiore capacità di integrazione”.