Milano, 16.01.2015

Apparentemente un film militarista ma in realtà una riflessione sulla sua idiozia e sulle regole di ingaggio oltre che su una cultura, quella americana, piuttosto manichea nell’identificare i cattivi dai quali difendersi soprattutto portando le armi. Cultura che è espressa ad inizio film con le parole del padre del nostro protagonista quando afferma che il mondo è diviso tra pecore e lupi ed a qualcuno tocca fare il pastore per difendere i più deboli ammazzando i lupi. Kyle da adulto ricorda le parole del padre ed è pronto ad affrontare ogni prova con coerenza, ed una fede incrollabile nella missione per un mondo più giusto. Ma la riflessione di Eastwood in American snipper è in controtendenza a questa cultura della morte, sia perché il nostro non è dipinto come un eroe (infatti si rende conto delle proprie responsabilità fino a dover ricorrere ad uno psicologo per tentare di riallineare se stesso) e poi per quel finale non mostrato dove è proprio l’arma di un compagno che voleva difendere quella che lo ucciderà. Se questo è un film sulla morte in questo caso la morte è quella dell’America stessa.