Cinema e lavoro – I sogni segreti di Walter Mitty

Un film di Ben Stiller (Usa 2013)

Milano, 13.10.2020

Regia: Ben Stiller Sceneggiatura: Steve Conrad Fotografia: Stuart Dryburgh Montaggio: Greg Hayden Musiche: Theodore Shapiro Interpreti: Ben Stiller, Kristen Wiig, Sean Penn, Adam Scott, Kathryn Hahn, Shirley MacLaine, Patton Oswalt, Terence Bernie Hines, Adrian Martinez, Kelly Southerland Produzione: Red House Entertainment, Twentieth Century Fox Film Corporation Distribuzione: 20th Century Fox Durata: 125 min.

Walter Mitty è un gestore di negativi della rivista Life. Sogna avventure ad occhi aperti, ha una cotta per la sua collega Cheryl Melhoff e lavora con un fotoreporter di nome Sean O’Connell un uomo misterioso le cui foto sono molto apprezzate. O’Connell ha inviato a Mitty i suoi ultimi negativi e ritiene che il numero 25 in particolare, catturi la “quint’essenza della vita” e che dovrebbe essere usato per la copertina dell’edizione finale della rivista prima che si converta all’online. Tuttavia, quel negativo manca all’appello e capendo che il suo licenziamento è vicino, a causa del ridimensionamento del personale dovuto al passaggio al digitale, Mitty cerca di contattare O’Connell, che pero’ risulta irrintracciabile. Cheryl suggerisce a Mitty di ragionare sui vecchi negativi e di utilizzarli come indizi per scoprire posizione di Sean. Ne osservano tre e una di queste foto ritrae una nave. Tutto porta Mitty a pensare che O’Connell sia in Groenlandia, dove si dirige per riuscire a trovarlo. Giunto a destinazione, un barista di Nuuk spiega che O’Connell è partito su una nave e che per trovarlo, Mitty deve salire sull’elicottero postale, anche se il pilota è completamente ubriaco. Dopo uno dei suoi soliti viaggi mentali, Mitty acquisisce sicurezza e si imbarca sul velivolo. Ma presto scopre che l’elicottero non può atterrare sulla nave, ed è costretto calarsi con una serie di pericolose acrobazie. Tuttavia, O’Connell ha già lasciato l’imbarcazione. L’equipaggio gli offre la torta di clementine che O’Connell ha lasciato a bordo, sul cui imballaggio è segnata la nuova destinazione del fotografo. L’itinerario porta Mitty in Islanda, dove O’Connell fotografa il vulcano Eyjafjallajökull in eruzione. Le avventure di Mitty alla ricerca del suo collega continueranno senza sosta, catapultandolo in una serie di esperienze incredibili che finiranno per cambiagli la vita…

Il lavoro ed i cambiamenti dovuti alle nuove tecnologie e la fuga da una vita anonima sono i temi di questa commedia

LA CRITICA

A volte il cinema regala film che fanno bene allo spirito e I sogni segreti di Walter Mitty è uno di questi. Progressivamente perde ogni capo di quell’abito commerciale con il quale si presenta per ricordarci quanta poesia esista al mondo e quanto la frenesia sociale ce la stia oscurando. È iniziata l’era dell’ipnosi artificiale e chissà quanti anni ci vorranno prima di esserne inghiottiti del tutto. La schiavitù da smartphone, tablet e condivisioni sociali online è in espansione come l’universo e Ben Stiller si prodiga nel metterlo bene in evidenza con un personaggio creato da James Thurber nel 1945. Per metà remake di Sogni proibiti, per metà nuova rilettura del racconto di Thurber, il film di Ben Stiller usa l’alto budget a disposizione per rendere epici anche visivamente i sogni ad occhi aperti del suo personaggio. Walter Mitty si incanta, qualunque cosa stia facendo è interrotta se uno dei suoi viaggi mentali ha inizio: salva un cane da un edificio in fiamme, lotta come un supereroe per le strade di New York contro il suo inetto boss, seduce la donna che ama Cheryl come un avventuriero tra i ghiacci. Lavora come archivista di negativi per la rivista Life e l’unico mezzo di trasporto per esplorare il mondo che abbia mai utilizzato è la sua mente di fronte a quelle fotografie. La storia de I sogni segreti di Walter Mitty è prevedibile nello sviluppo. Walter supera i propri limiti sociali, vince l’insicurezza e scopre il mondo incaricandosi di inseguire un negativo mancante e il fotografo che l’ha scattato. Anche l’impulso per amore/dovere che lo proietta nel suo primo viaggio reale arriva in modo meno naturale e troppo “previsto dallo script”, ma non sono questi aspetti fondamentali per il messaggio che il film porta con sé. Nel suo mondo virtuale Walter trova la forza per disconnettersi e connettersi con quello reale, in cui le esperienze che vive sono perfino superiori ai suoi sogni. L’invito a fare lo stesso è implicito: abbandonare il virtuale per il reale paga. La sceneggiatura di Steve Conrad assesta infatti un colpo ai social network. Walter non ne trae beneficio quando tenta un flirt online con Cheryl, ma tra gli invisibili impiegati che ne mantengono l’efficienza guadagna un amico reale. Mentre la battuta più significativa la pronuncia Sean Penn nei panni del fascinoso fotografo che sui monti dell’Afghanistan, dopo ore di appostamento, non immortala il leopardo bianco perché “non sempre voglio vivere un’emozione attraverso l’obiettivo, così a volte non scatto e resto a guardare”. Alla faccia della tanto urgente e indispensabile “condivisione” dei nostri tempi. (Antonio Bracco – Comingsoon)

Walter Mitty lavora da una vita per Life, è l’archivista dei negativi e quindi del tesoro fotografico della rivista. Quando arriva la notizia della chiusura della versione cartacea a favore di quella online (notizia data da un team di biechi ed ignoranti rottamatori incaricati di operare la transizione) si pone il problema della copertina dell’ultimo numero. C’è una foto che il più grande fotografo del mondo ha inviato alla rivista definendola come “perfetta” ma nessuno l’ha vista perché il negativo non si trova. Sarà proprio Walter Mitty, che non è mai uscito dalla sua città e che è più abituato a vivere nei suoi iperbolici sogni che nella realtà, a doversi muovere per andare alla ricerca dell’avventuroso fotografo e del suo negativo in alcuni dei luoghi più incredibili del pianeta.
La vera fine delle pubblicazioni di Life, storica rivista fotografica americana, e la sua trasformazione in una testata online, è la cornice che questo secondo I sogni segreti di Walter Mitty (il primo del 1947, in italiano l’avevamo titolato Sogni proibiti) sceglie per imbastire un conflitto parallelo e speculare a quello tra realtà e immaginazione che anima il protagonista. Mentre Walter scopre l’ebbrezza della vita vissuta realmente, con essa sostituendo le proiezioni che la sua mente genera quando si incanta, dall’altra parte la testata per la quale ha sempre lavorato chiude la versione cartacea e si appresta a diventare una presenza esclusivamente in rete, cioè non esistente. Al centro di tutto, il negativo da ritrovare, oggetto che fa da crocevia per diversi destini e mutamenti.
Sembra non voler scontentare nessuno Ben Stiller, perché alla fuga dalla realtà che il protagonista compie attraverso i suoi sogni nella prima parte del film non destina un solo ruolo negativo (sarà uno di questi sogni ad occhi aperti a spingerlo ad iniziare la parte avventurosa del film), mentre dall’altra parte tutta la parabola di Walter è una grande ode alla riconquista di una dimensione autentica e umana dei rapporti, non mediati da nessuna tecnologia e saldamente ancorati ad esperienze vere. L’idea principale pare essere che esiste una sola possibile visione sincera e appagante dei rapporti e non prevede intermediari tecnologici in alcuno stadio.
È però un repertorio di tramonti e paesaggi desolati da grande naturalismo il mezzo attraverso il quale Ben Stiller sembra voler veicolare le sue idee. La ricerca di Walter passa per alcuni dei luoghi più clamorosi del pianeta per concludersi (come si conviene ai viaggi formativi) dietro casa. La riconquista di una dimensione autentica di vita è raccontata attraverso le meno probabile delle esperienze, nonché la più remota per i singoli, senza alcun ausilio intellettuale dovrebbe quindi essere la forza della visione della maestosità dei paesaggi naturali (visione fasulla perché mediata dal cinema) a scatenare una presa di coscienza riguardo il vero senso dell’umanità. In Walter Mitty e nel suo viaggio interiore c’è insomma molta meno originalità di quanto il suo autore non sembri desiderare. È brutto e sconveniente dirlo, tuttavia in questo film molto serio e ponderato di Ben Stiller, in cui la commedia è relegata a pochissime scene demenziali, si ha lo stesso l’impressione che il registro divertente che ogni tanto spunta rimanga il più congeniale all’autore, quello che riesce meglio di tutti a dire qualcosa di sconveniente e liberatorio. Il resto sono velleità poetiche da sfondo del computer. (Gabriele Niola – MyMovies)

Dopo essersi divertito davanti e dietro la macchina da presa in polpettoni demenziali come “Zoolander” e “Tropic Thunder” Ben Stiller torna più “serio” e chiude un cerchio avviato col suo film d’esordio, quel Reality Bites del 1994, tremendamente distribuito col titolo di “Giovani Carini e disoccupati”. In piena crisi di quasi mezz’età Walter Mitty tira le somme di quella generazione che all’inizio degli anni novanta si barcamenava in cerca di un lavoro, o meglio, cercava in tutti modi di rimandare un impiego stabile, per tenere in vita i propri sogni. I sogni segreti di Walter Mitty sono proprio quei sogni, oramai scaduti, che ancora riaffiorano sotto forma di azioni eroiche, gesta incredibili e spassosissime (per lo spettatore). Nei momenti meno opportuni, di fronte al nuovo capo, o alla collega Cheryl Melhoff (Kristen Wiig) di cui è infatuato, Mitty improvvisamente “s’incanta”, il corpo resta lì ma la sua mente fugge dall’ansia e si libra verso i cieli della gloria. Walter Mitty è carino, non più giovane e quasi disoccupato. Una parentesi sul carino: dicesi carino, tutto ciò che non è bello ma neanche brutto. A far la differenza in questo caso gli occhioni celesti di Stiller, non si può far a meno di notare come spesso risaltino dalla combinazione di luci e scenografia. E’ un aspetto secondario, ma colpisce. I ghiacci artici, i grigi cittadini, son pane per l’azzurro degli occhi di Stiller. Occhi tristi anche, rassegnati. Walter Mitty da sedici anni è impiegato nell’archivio negativi della storica rivista americana “Life” (da qui il doppio senso perso dalla traduzione italiana del titolo originale “The Secret Life of Walter Mitty). E’ in corso un riassetto aziendale e i conseguenti tagli del personale lo vedono progressivamente candidarsi al licenziamento. La copertina dell’ultimo numero cartaceo, prima che la rivista passi definitivamente online, sarà dedicata allo scatto 25, la “quintessenza della vita”, inviato dal misterioso anacronistico freelance Sean O’Connell (Sean Penn). Mitty ha il compito di recuperarlo, per salvare il posto. Tratto dal racconto di James Thurber, il film si rivela più una commedia fantastica che sentimentale, e riesce a equilibrare con un buon ritmo situazioni d’imbarazzo grottesche, ormai un classico di Stiller attore, a riscosse oniriche degne del miglior Silver Surfer. Walter Mitty si potrebbe dire quasi un personaggio di fantascienza, uscito da un romanzo di Vonnegut, un eroe triste, non ufficiale, capace delle azioni più straordinarie, con l’unico difetto di non essere mai avvenute. Nella sua vita Mitty non ha fatto niente di rilevante. Il suo profilo su “E-harmony” (sito web di incontri) è vuoto e ignorato. L’unica città che ha visitato è Phoenix e della sua unica vera abilità, lo skateboard, nessuno – salvo il piccolo Rich Melhoff – è a conoscenza. Quando parte in cerca di O’Connell, lo fa senza pensarci troppo, come se i suoi sogni segreti avessero preso il comando. E quando poi in Groenlandia si decide a saltare su quell’elicottero è ancora grazie a uno dei suoi sogni, in una scena memorabile sulle note di “Space Oddity” di David Bowie. Da questo momento l’avventura e il viaggio diventano la ragione d’esistere del protagonista, al di là del compimento dell’impresa. Dalla Groenlandia all’Islanda, fin sulle vette dell’Himalaya, il nostro finalmente eroe degno di questo nome scoprirà che la vita è come si decide di viverla e che il suo profilo E-harmony è stato preso d’assalto. Un film per tutti, che calibra in modo intelligente ironia, comicità e azione. Alcune scene sono davvero irresistibili. Soltanto in un paio di occasioni esagera nello spiegare l’evidenza. Soprattutto nel finale non resiste alla tentazione di un inutile sermone, visto che inseguire i propri sogni è un messaggio chiaro e senza bisogno di rinforzi. Aspettiamo con curiosità il prossimo passo di Stiller. (Lorenzo Taddei – Ondacinema)