Cinema e lavoro – Il bambino che scoprì il mondo

Un film di Ale Breu (Brasile 2013)

Milano, 26.10.2020

Regia: Alê Abreu. Sceneggiatura e montaggio: Alê Abreu. Musica: Ruben Feffer, Gustavo Kurlat. Produzione: Tita Tessler e Fernanda Carvalho per Filme de Papel Distribuzione Cineteca di Bologna. Durata: 80’ Film di animazione.

Un bambino vive con i suoi genitori in campagna e passa le giornate in compagnia di ciò che gli offre la natura che lo circonda: pesci, alberi, uccelli e nuvole, tutto diventa pretesto per un gioco e una risata, briglie sciolte alla fantasia. Ma un giorno il padre parte per la città in cerca di lavoro. E il bambino, a cui il genitore ha lasciato nel cuore la melodia indimenticabile che gli suonava sempre, mette in valigia una foto della sua famiglia e decide di seguirne le tracce. Si troverà in un mondo a lui completamente ignoto, fatto di campi di cotone a perdita d’occhio, fabbriche cupe, porti immensi e città sovraffollate. Affronterà imprevisti e pericoli per terra e per mare, crescerà, ma qualcosa di quel bambino che si tuffava in mezzo alle nuvole in lui rimarrà sempre.

Un film da utilizzare anche come materiale didattico grazie ai numerosi spunti che, pur parlando dell’America Latina, fanno riflettere anche sulla nostra realtà in ordine alle catene di produzione che sfruttano ed emarginano le persone

LA CRITICA

Ci sono film che fanno della loro indipendenza creativa da modalità visive date ormai per acquisite e richieste dal pubblico il loro punto di forza. Questo film di Abreu appartiene a questa, purtroppo, sempre più esigua schiera collocandosi in una posizione di assoluto prestigio. Le tecniche adottate sono molteplici: si va dalle matite colorate ai pastelli ad olio passando per il collage. Ma ciò che più conta è la fantasia con la quale ogni singolo fotogramma viene innervato senza che questo si trasformi in una esibizione di ricerca estetica ma, anzi, conservando costantemente un sentimento di adesione ai più profondi sentimenti dell’essere umano. Il bambino che scoprì il mondo non è ‘solo’ un film per bambini. E’ un film per tutte le fasce di età perché ognuno può trovarci un livello di lettura della contemporaneità adeguato a sé e alla propria capacità di decodificazione. I più piccoli potranno seguire le vicende del piccolo protagonista nel suo viaggio alla ricerca del papà percependone i momenti allegri e quelli tristi, acquisendo però la sensazione dell’amore fondamentale dei genitori che a lui è stato trasmesso nonostante la forzata separazione e malgrado un mondo che non è fatto a misura d’uomo. Ai ragazzi più grandi vengono offerte progressive proposte di riflessione sul mondo del lavoro, sui diritti umani, sull’ecologia, sulla povertà e sulla necessità di non far prevalere il negativo, pur prendendo atto della sua esistenza, e cercando di combatterlo con la bellezza della musica e con la preservazione della Natura. Gli adulti si troveranno di fronte a una lettura della società ricca di annotazioni anche dolorose senza però che venga tolto spazio alla speranza. Che si trova concentrata nel modo in cui il bambino ha vissuto l’amore dei genitori che è la forza che non lo abbandonerà mai, neppure nei momenti più difficili. Non è facile trasmettere concetti ed emozioni con così tanta sensibilità. Questo film ci riesce e si merita il pubblico più ampio e diversificato possibile. (Giancarlo Zappoli – MyMovies)

L’autore brasiliano mescola diverse tecniche di disegno e colore (pastelli a olio, matite colorate, pennarelli, penne a sfera e collage), cerca di operare una messa in scena tesa a riprodurre in un certo qual modo i meccanismi cerebrali dei bambini, la cui immaginazione non si pone limiti di veridicità o possibilità. Il tratto è minimale e imprime su uno sfondo prevalentemente bianco una pioggia di colori accesi la quale, assieme a musiche e suoni naturali che si fanno vere e proprie melodie, crea un trionfo, una festa tra tutte le creature e gli elementi che popolano il pianeta. Ma una totale visione e rappresentazione del mondo in questi termini sarebbe oltremodo ottimista e falsa, anche per un film d’animazione che si rivolge principalmente ai bambini, ma che in realtà va oltre e crea evidenti spunti per una riflessione più adulta. Il viaggio del bambino è un graduale passaggio dal mondo nel quale è nato, un cosmo colorato, incontaminato, divertente e amico, a quello industrializzato e artificiale. Nel primo sembra non esistere pericolo, i sassi, i fili d’erba e ogni animale sono mezzi per scoprire e crescere. Quando invece il ragazzo giungerà nel mondo industrializzato, le macchine diverranno enormi bestie pericolose che mangiano e distruggono tutto ciò che gli si trova in fronte: il pericolo è ovunque. La Metropoli(s) è simbolicamente una sorta di piramide, dove il poco benessere sta in alto e la povertà dilagante in basso, nella favela. Dal film emerge anche una riflessione sulla condizione dell’umile lavoratore nell’era industriale: l’alienazione dell’uomo di cui parlava già Chaplin nel 1936 è resa in modo molto efficace grazie a inquadrature larghe e schematiche, dai tratti rigidi e i movimenti meccanici. Insomma due mondi all’interno dello stesso pianeta, uno colorato e l’altro cupo. I poli opposti prendono le fattezze di due grandi uccelli, combattono e quello nero, armato, sembra avere la meglio sul rivale. Nonostante l’autore sia intenzionato a restituire anche una visione scura, degradata e disillusa del mondo e quanto potenziale autodistruttivo possa avere il genere umano, il messaggio finale sarà comunque di speranza. L’uccello colorato risorgerà dalle ceneri come l’araba fenice e riporterà l’allegra melodia nel mondo. (Stefano Careddu – Cinefilia Ritrovata)

La più bella sorpresa di ottobre, il film più bello dell’anno. (L’EXPRESS, Francia)

Difficile spiegare con le parole la ricchezza grafica e musicale del film. Affascinante e toccante. (Bernard Génin, Positif)

Intervista al regista (dal pressbook del film distribuito dalla Cineteca di Bologna)
Come è nato il progetto di Il bambino che scoprì il mondo?
Stavo lavorando allo sviluppo di Canto Latino, un documentario di animazione sulla storia latinoamericana, e mentre ascoltavo della musica di protesta degli anni ’60-’70, ho ritrovato un mio quaderno di disegni nei quali avevo abbozzato il personaggio del “bambino”. Mi è venuta immediatamente voglia di integrarlo nel film che stavo preparando. Ho iniziato a creare dei piccoli passaggi dove lo si vedeva trasportato dal vento, o che correva in una foresta, o che incontrava altri personaggi. In un premontaggio ho unito queste piccole sequenze e ho cercato di creare delle relazioni tra loro, in particolare sperimentando suoni e musiche.
Ha deciso di disegnare il bambino con pochi, semplici tratti, mentre il mondo che lo circonda appare molto complesso. Ci può spiegare questo contrasto?
Realizzare questo film è stato come un gioco. Inserendo il personaggio del bambino nel
documentario, il film è diventato di fiction. Il documentario intendeva raccontare una visione del mondo a partire dalla storia della costruzione dei paesi dell’America Latina, che corrisponde all’”infanzia” di questo continente. Tutte le nazioni dell’America Latina sono state colonie, fornitrici di materie prime e mano d’opera a buon mercato. E inoltre, per garantire gli interessi economici, questi Paesi hanno subito colpi di stato e dittature militari. Come sono arrivati questi Paesi alla fase “adulta” in un mondo globalizzato, dove le decisioni politiche sono sempre guidate da interessi economici? Il mondo che il bambino scopre è questo.