Cinema e lavoro – In fabbrica

Milano, 15.4.2019

Regia: Francesca Comencini – documentario – Soggetto e sceneggiatura: Michele Astori Francesca Comencini – Montaggio: Massimo Fiocchi –Fotografia: Valerio Azzali – Suono: Antonio Dolce, Daniela Bassani, Marzia Cordò, Giovanni Pallotto (Mix) – Produzione: Rai Cinema, Rai Teche, OffSide, Wildside – Durata: 73′

“In Fabbrica” è una storia di volti, di facce operaie, un ritratto umano delle persone che hanno popolato e popolano le fabbriche italiane. E’ un omaggio al loro lavoro, ai loro gesti, alla loro professionalità. E’ un mosaico di voci, di dialetti, un ritratto della grande e della piccola fabbrica che insieme ci restituiscono un’immagine dell’Italia. Questo racconto inizia dal cancello di una fabbrica degli anni Cinquanta. Dietro il portone una massa di lavoratori si prepara ad entrare, alcuni a piedi, altri trascinando una bicicletta o un motorino. Sono vecchie immagini degli archivi Rai, girate dentro una fabbrica siderurgica. All’interno gli operai sono al lavoro: precisi, puntuali calcolano i gesti, sopportano il rumore. Da questa fabbrica del primo dopoguerra inizia il nostro viaggio attraverso la coscienza operaia del Novecento per comprendere e restituirne tutte le trasformazioni.

La narrazione è affidata alla voce degli operai, sono loro a raccontare il proprio lavoro, le aspirazioni, le sconfitte, le speranze. Il racconto è formato da interviste d’epoca, tratte dagli archivi Rai e Aamod, e da testimonianze dirette raccolte in una fabbrica di oggi. Dall’Italia contadina a quella del miracolo economico, dalle lotte dell’autunno caldo ai 35 giorni di sciopero serrato alla Fiat, fino ai giorni nostri attraverso i volti e le voci operaie.

LA CRITICA

Francesca Comencini riscuote un grosso successo alla prima del suo film, inserito nella sezione Panorama Italiano al 25° Torino Film Festival. Un successo dettato dalla bontà di un lavoro che si propone l’esplicito e chiaro obiettivo di essere un omaggio alla classe operaia e ai registi italiani che dal secondo dopoguerra a oggi hanno raccontato la sofferenza, l’orgoglio, le lotte, i disagi, gli scontri interni, le vittorie ma anche le sconfitte di questa classe di lavoratori la cui forte identità ha rappresentato, e tuttora rappresenta, un’importante parte della storia italiana del ventesimo secolo. Come si evince dall’ampia sinossi, la narrazione della Comencini scorre veloce e limpida grazie a un lavoro di ricerca dei materiali ottimo e competente; il montaggio e l’unione dei diversi spezzoni dei documentari è aiutato da una voce off di commento e da un bel tappeto musicale, caratterizzato anche da una melodia che ritorna in maniera ciclica. Un buon ritorno all’amato documentario da parte della Comencini, quindi, dopo gli alti e bassi della sua recente avventura all’interno del cinema di finzione con Mi Piace Lavorare – Mobbing e A Casa Nostra. (Nicola Cupperi – Nonsolocinema)

Parlando del documentario […] devo dire che sono entrato in sala un po’ prevenuto, alla luce dei molti film recenti che affrontano temi popolari solo per il bisogno di sentirsi catarticamente buoni ed impegnati, così annullando la spinta a fare qualcosa di concreto nella realtà vera, che non coincide mai con lo spazio della sala cinematografica. Nonostante l’incipit un po’ retorico (“Oggi degli operai si parla solo quando muoiono sul lavoro”), e nonostante qualche approssimazione storica (“Dopo la marcia dei 40.000 – avvenuta nel 1980, ndr – è sceso il silenzio sugli operai, in Italia”), il docu di Francesca Comencini è stato invece una piccola grande sorpresa: non solo perché ha raccontato gli anni ‘50/’60/’70 senza ideologizzazioni, ma soprattutto perché ha affrontato il presente con sincerità e pulizia, nel momento in cui è andata ad incontrare gli operai di oggi. È vero che l’energia della ragazza madre intervistata, e la fierezza del ragazzo che ha detto “è bello essere un operaio”, cioè una persona che la sera si sente stanco perché ha prodotto qualcosa di concreto per gli altri, come pure la consapevolezza del giovane di colore che parla del fenomeno dell’immigrazione planetaria come di un processo storicamente necessario dal quale non si può più prescindere, non costituiscono – forse – un campione rappresentativo del mondo operaio di oggi […] però è bello sapere che esistono pure queste persone, e che coloro che confezionano la materialità del mondo di cui tutti noi ci cibiamo, giorno dopo giorno, sono innanzitutto persone con un’anima ed una coscienza, al di là delle braccia». (M. Lombardi, “Il Sole 24 Ore”, 11.6.2008)

DICHIARAZIONI

Il periodo storico che indago con questa pellicola è una “zona” della nostra storia che spesso a scuola i giovani non studiano, quindi il film va a colmare delle grandi lacune su un pezzo molto vicino del nostro passato. Non bisogna permettere di perdere il ricordo di ciò che è stato. La fabbrica dove ho girato le scene del film è una realtà modello dove ad esempio tutte le regole di sicurezza sono rispettate. Purtroppo noi italiani sappiamo che ci sono delle realtà molto differenti. Quindi diventa fondamentale ritrovare i diritti e la coscienza di sé e di quello che siamo stati. […] Spero che questo lavoro dia un segnale importante per far capire l’importanza di finanziare e dare visione ai documentari italiani nel nostro territorio. In Italia abbiamo tantissimi documentaristi eccellenti, ma chi si occupa della distribuzione e produzione non tiene canto dell’importanza del rapporto strettissimo che esiste tra cinema e documentario. Il documentario è cinema. (F. Comencini, Dichiarazioni nella Conferenza Stampa al Torino Film Festival, 29.11.2007)