Cinema e lavoro nel 1961

"Immagine:"LocandinaA differenza dell’anno precedente il 1961 non è, cinematograficamente parlando, particolarmente prolifico sul
versante del lavoro. Se si esclude l’opera di Ermanno Olmi Il
posto
e la splendida rappresentazione della gioventù disoccupata di Pier Paolo Pasolini
in Accattone forse resta ben poco d’altro. Eppure l’anno in altri generi ha prodotto opere
interessanti. A partire da un piccolo gioiello dell’animazione come "La carica dei 101" di Wolfgang Reitherman e Hamilton
Luske
od il ritratto di un giocatore di bigliardo come lo descrive Robert Rossen (grazie anche alla interpretazione di
Paul Newman) ne "Lo spaccone". Il cinema americano poi ci regala melodrammi strazianti come "Splendore nell’erba" di Elia Kazan
o musical ispirati alle vicende di Romeo e Giulietta come "West Side Story" di Robert Wise e Jerome Robbins. Prima
di lasciare gli Usa una citazione d’obbligo: "La vendetta del gangster" di Samuel Fuller che affronta in modo lirico il genere.
Il 1961 vede anche il maestro giapponese Akira Kurosawa alle prese con "La sfida del samurai", film sulla cupidigia del genere
umano ripreso più volte ed alla base tre anni dopo di uno degli spaghetti-western più noti come "Per un pugno di dollari" di Sergio
Leone
. Bunuel, dal Messico, manda a Cannes un film per l’epoca eversivo come "Viridiana" e vince il festival mentre a Venezia
trionfa un film che è quasi un sogno come "L’anno scorso a Marienbad" di Alain Resnais, una coproduzione italo-francese. Gli
stessi paesi sono interessati nella produzione di "Che gioia vivere!" per la regia di Renè Clement, delizioso film buffo sull’anarchia.
Lo svedese Igmar Bergman inizia la sua avventura col cinema da camera con "Come in uno specchio" e "Luci d’inverno". Infine
due segnalazioni dalla Polonia con il film incompiuto di Andrzej Munk "La passeggera", ancora oggi di una modernità sconvolgente
nel raccontare l’olocausto visto con gli occhi di una carceriera, ed il primo film ispirato ai "Diavoli di Loudun" "Madre Giovanna degli Angeli"
di Jerzy Kawalerowicz (dieci anni dopo sarà Ken Russel a raccontare gli stessi fatti ne "I diavoli"). Anche il cinema
italiano produce qualcosa degno di nota come "La ragazza con la valigia" di Valerio Zurlini, storia di un amore poetico ma
impossibile o "La viaccia", con Mauro Bolognini teso a spostare un’altra vicenda amorosa nell’Italia di fine ottocento. Stesso
periodo per il film patriottico di Roberto Rossellini "Viva l’Italia" che ha il merito di ridimensionare l’enfasi epica sulla
vicenda dei mille. Sempre per rimanere nella storia infine va ricordato il film di Dino Risi "Una vita difficile" che fa il
punto su vent’anni di vicende. Se il panorama filmico generale offre buone performances i film sul lavoro, a parte l’opera di Ermanno
Olmi ricordata, non brilla eccessivamente. Potremmo citare, per stare nel terreno delle opere importanti del cinema Usa, il John
Huston
de "Gli spostati", una tragedia ambientata nell’america dei cow boy alle prese con un mondo che sta sparendo, la bellissima
e spumeggiante commedia di Billy Wilder "Uno, due, tre", confronto tra capitalismo e comunismo nella vera città di frontiera
che è Berlino, oppure ancora Jerry Lewis che, nonostante sia un po’ misogino, va a lavorare in un pensionato femminile ne
"L’idolo delle donne". Sempre Lewis si arrabatta con più lavori ne "Il mattatore di Hollywood" mentre Phil Karlson in "Giorni senza fine"
si occupa dello scontro tra innovazione e tradizione in un grande ospedale. A modo suo parla di innovazione anche il film disneiano
di Robert Stevenson "Un professore tra le nuvole", ma si tratta comunque di opere minori queste ultime nel panorama del cinema
americano. Anche la vecchia Europa non brilla: si registra, infatti, il tedesco "Il sogno di Lisetta Muller" di Helmut Käutner
sulle speranze di carriera di una impiegata bancaria ed un film minore di René Clair come "Tutto l’oro del mondo", storia
di un imprenditore che vuole acquistare un villaggio intero per farne una stazione climatica. Ed eccoci all’Italia. Il ritratto del
sottoproletariato romano che ne fa Pier Paolo Pasolini in "Accattone" è uno dei film eticamente più importanti del periodo che inserisce
nella vicenda anche la difficoltà di adattamento al lavoro mentre il miracolo di Ermanno Olmi nel girare "Il posto" sta nel rendere
una banale ed esile storia (le selezioni per un posto di lavoro impiegatizio) in un’opera di poesia e di denuncia sociale. Denuncia
sociale anche nelle opere sul mondo "agricolo" del banditismo come "Banditi ad Orgosolo" di Vittorio De Seta od "Il brigante"
di Renato Castellani. Il primo è un film che sta tra la fiction ed il documentario nella sua rigorosa analisi del mondo contadino
sardo mentre il secondo è opera più "politica" sul latifondismo nella realtà calabrese. Passando alla realtà del delta del Po si registra
un film parzialmente documentaristico come "Scano Boa – Violenza sul fiume" di Renato Dall’Ara. Tornando alla ricerca del
lavoro ed all’impatto con le regole si segnala "Il vigile" per la regia di Luigi Zampa mentre i problemi sindacali appaiono
nel primo film con la regia di Ugo Tognazzi "Il mantenuto", film misogino e non particolarmente riuscito. Questo il quadro
di cinema e lavoro ad inizio decennio mentre in Italia lo sviluppo economico proseguiva la sua corsa verso quello che è stato definito
un miracolo.