Cinema e lavoro nel 1984

Milano,
6.5.2011

 

Anche
il 1984 non offre grandi opere cinematografiche che parlano di lavoro ed economia. Se si esclude qualcosa che arriva dalla Polonia,
dall’Inghilterra e dal nostro paese il bilancio è piuttosto magro. Sono piuttosto temi come la morte e la memoria che la fanno da padrone.
Sergio Leone in C’era una volta in America, forse il film più importante dell’anno, raccontava
la storia violenta di circa 50 anni di quel paese ma parla dell’America metropolitana, di morte e sesso e non si occupa particolarmente
di lavoro. L’anno cinematografico si fa ricordare anche per altre opere come le produzioni americane di Forman
(Amadeus) di Jonathan Demme (Stop
Making Sense
, uno dei migliori film-concerto mai girati), di Scorsese (Cotton
Club
) o di Woody Allen (Broadway Danny Rose) oltre all’innovativo film 
di Cameron Terminator. Film dove il lavoro
si confonde con lo spettacolo e la fantascienza. Anche altri paesi si fanno avanti sul mercato con opere di grande qualità come l’indiano
La casa e il mondo di Satyajit Ray  o
il tunisino  Les Baliseurs du désert di Nacer Khemir che fanno scoprire altre culture agli spettatori italiani. Come al solito la Francia
consegna opere di buona qualità a partire da  Una
domenica in campagna
di Tavernier per arrivare a L’amour
à mort
con la regia di Alain Resnais o l’anarchico I
favoriti della luna
del regista georgiano Otar Iosseliani (film prodotto in collaborazione
con il nostro paese).

"CinemaDalla Germania infine ci arriva
Heimat – Eine Chronik in elf Teilen, un fluviale film di oltre 15 ore di Edgar
Reitz
che ripercorre oltre 60 anni di storia tedesca osservata da un piccolo borgo. In questo film di memoria l’economia ed il
lavoro, insieme ad altri temi, sono importanti sia nella descrizione della vita di un villaggio rurale che nelle attività dei protagonisti.
Anche la globalizzazione fa capolino nel finale di un’opera che vedrà in altre due altre maratone filmiche la sua continuazione.

Anche da noi nessun
capolavoro anche se si impone con forza il Nanni Moretti autore di Bianca.

 

Il lavoro e l’economia sono, come si diceva, un po’ ai margini nella produzione dell’anno.
Vediamo comunque quali tracce vi sono nei film che hanno occupato le nostre sale cinematografiche.

Partiamo come al solito dagli Usa per registrare poche cose: due
film che parlano delle difficoltà economiche di una famiglia con le figure femminili come elemento di resistenza. Nel primo caso (Country di Richard Pearce) è la madre a reggere
le redini mentre nel secondo film (Le stagioni del cuore di Robert
Benton
) è una giovane vedova a dover fare i conti con la prepotenza degli uomini che vogliono toglierle la casa.

Ancora una donna
al centro del film Tempo di swing di Jonathan Demme
che segue le vicende di una casalinga che vede  il marito andare in guerra e, rimasta
sola, sperimenta la vita della fabbrica.

Un film sull’immigrazione arriva dall’Australia con il film drammatico-sentimentale  Ti ricordi Silver City? di Sophie
Turkiewicz
. Opera ambientata in una città mineraria tra i lavoratori polacchi che racconta di una relazione amorosa piuttosto travagliata.

In Gran Bretagna
escono due opere di Richard Eyre: Compagni di viaggio
ed Il giorno delle oche. Il primo è una commedia che vede il confronto tra una femminista
ed un operaio inglese durante un viaggio a Monaco dove, prima ancora dell’esperienza del lavoro, viene messo in luce il conflitto di
genere mentre il secondo film, decisamente più riuscito prende lo spunto da uno sciopero degli spiumatori e dei trasportatori. Tale
sciopero infatti non permette al nostro protagonista, un docente universitario che si è trasformato in allevatore di oche, di portarle
al mercato londinese …. se non a piedi …. Nei 200 kilometri di strada il regista fa emergere incontri che mettono in luce il conflitto
di classe nella società britannica.

Un tagliente giudizio sulla società, questa volta russa, si ha anche nel film sovietico
di Nikita Michalkov La parentela che prende
lo spunto da un altro viaggio, quello di una contadina che va in città a trovare la figlia.

 

"CinemaMa
il film più interessante dell’anno, malvisto sia dalla Chiesa che dal Partito, è Senza Fine
di Krzysztof Kieslowski. Il regista polacco racconta le storie di una famiglia e del processo
per uno sciopero non autorizzato viste attraverso gli occhi di un avvocato di Solidarnosc morto d’infarto qualche giorno prima. Un
bel film di impegno civile che non si  esime dall’affrontare temi come quello dell’etica,
della morte, degli affetti e di ciò che resta nella memoria di una vita.

Nel nostro paese si possono segnalare tre film riusciti: uno sul
mondo contadino, un secondo sul mondo impiegatizio ed un terzo, meno conosciuto, sul mondo operaio.

 

 

 

"Cinema

 

 

Il primo è Kaos
dei fratelli Taviani, tratto dalle novelle di Pirandello, dove vengono messe in evidenza
le ingiustizie e la miseria del mondo contadino siciliano. Si tratta di un film ad episodi montato diversamente nei vari paesi. Infatti
la copia italiana manca di "Requiem", uno degli episodi meno riusciti che però tentava una analisi storica e sociale di questo mondo.

 

 

 

 

 

 

 

"CinemaIl mondo impiegatizio bancario è invece esaminato da Pupi
Avati
con, appunto, Impiegati che segue le vicende di un figlio d’arte alle prese con
i colleghi e con la vita borghese. Un film che mette in evidenza la complessità di quella società.

Per chiudere vale la pena ricordare il film che Alberto
Chiantaretto
e Daniele Panciona hanno dedicato alla classe operaia torinese. Si tratta
di Venerdì sera, lunedì mattina presentato al Festival di Bellaria e qui premiato. Si tratta
di un film a basso costo, girato con attori non professionisti, che racconta del fallimento di un progetto di coabitazione di quattro
operai alla vigilia del primo maggio. Un’opera intelligente ed anche ironica che però ha avuto limitata circolazione.