Cinema e letteratura, Cisl Lombardia in campo per la cultura del lavoro

Milano, 26.2.2015
Il mondo del lavoro sta cambiando, ma in Italia cinema e letteratura faticano a darne conto in modo obiettivo, approfondito e senza cadere negli stereotipi dell’”imprenditore cattivo” o dell’”operaio sfruttato”. Una bella sfida, per un sindacato che vuole promuovere la cultura del lavoro a 360 gradi e declinarla mettendo al primo posto chi ne è protagonista ogni giorno. Se ne è discusso oggi nel corso del XII seminario storico-sindacale “Tempi moderni”, organizzato da BiblioLavoro, l’associazione culturale promossa dalla Cisl Lombardia. “Un’iniziativa che si inserisce in un percorso ormai più che decennale – ha sottolineato il presidente di BiblioLavoro, Aldo Carera – e che vuole stimolare un approfondimento sul ruolo di letteratura e cinema nel ridefinire le forme e il senso del lavoro”.
Al centro del dibattito il lavoro industriale e com’è stato rappresentato dalla settima arte e dalla letteratura. “Il rapporto tra intellettuali e industria è sempre stato problematico. La maggior parte di loro negli anni ’60 e ’70 non ha saputo raccontare i cambiamenti, si è limitata a fotografare i fenomeni del lavoro industriale, spesso rimpiangendo il lavoro contadino e negando le novità positive, in termine di emancipazione anche di classe, che l’industrializzazione ha portato con sé”, ha sottolineato Giuseppe Lupo, docente di Letteratura italiana e autore del libro “Fabbrica di carta”.
Uno dei paradigmi della letteratura industriale è che la fabbrica sia un “inferno” e da qui parte anche l’ultimo film di Davide Ferrario “La zuppa del demonio”, una carrellata di stralci di film e un omaggio agli intellettuali come Pasolini, Gadda, Levi, Buzzati, che alla società industriale hanno dedicato loro scritti. “Credo che l’oggi sia comprensibile se capisci da dove arriviamo – ha sottolineato il regista intervenendo al dibattito –. Ho cercato di raccontare il nostro Paese dagli anni Trenta al ’73, quando la prima crisi petrolifera ha evidenziato la fragilità del progresso, mostrando la grandiosità dell’industrializzazione ma anche le sue ambiguità e il prezzo pagato”.  Per realizzare il film Ferrario ha visionato centinaia di filmati raccolti nell’Archivio nazionale del cinema d’impresa che, inaugurato nel 2006 a Ivrea, ad oggi conta oltre 70mila pellicole.  “Ho cercato di evidenziare le contraddizioni del progresso  – aggiunge il regista -. Nel film l’immagine degli oliveti abbattuti per costruire l’Ilva di Taranto inevitabilmente richiama a quella che oggi è la tragedia della morte a causa dell’inquinamento odierno, ma poi sono anche ripresi i contadini, la gente del posto, felici per la costruzione di una fabbrica che li ha sottratti alla povertà”.
Un esempio positivo il film di Ferrario in una cinematografia, quella italiana, che negli ultimi dieci anni si è occupata pochissimo di lavoro. E se lo ha fatto è spesso caduta negli stereotipi. “Occorre uscire dalla spettacolarizzazione del lavoro – ha sottolineato Marco Bentivogli, segretario generale della Fim – e riaccendere  con serietà ed equilibrio i riflettori sul lavoro industriale, non solo perché ha ormai ampiamente superato quelle sacche di Medioevo che portava con sé, ma perché è ancora troppo importante per le persone”. Non è un caso, infatti, se la Fim ha scelto di accompagnare con produzioni video mirate le grandi vertenze come l’Ilva, l’Ast Terni e quelle che verranno. “Vogliamo aprire una pista  – ha detto Bentivogli – per riportare il lavoro al centro della cultura, perché troppo spesso chi parla di fabbrica, di operai, dei problemi dell’occupazione non li conosce davvero e ne dà un’immagine distorta”. Un impegno, quello della diffusione di una nuova cultura del lavoro, che  vede la Cisl Lombardia in prima linea ormai da più di un decennio. La sezione speciale “Cinema e lavoro” creata sul suo sito Internet festeggerà infatti a breve il dodicesimo compleanno, mentre il Labour Film festival, la rassegna dedicata ai film che si sono occupati di lavoro, partirà a settembre con l’11esima edizione. “Dobbiamo tenere viva dentro e fuori l’organizzazione la nostra idea di come fare cultura del lavoro e sindacale – ha affermato Osvaldo Domaneschi, segretario generale Cisl Lombardia -. Auspico di poter vedere sempre più film e leggere sempre più storie che ci offrano nuovi punti di vista  e che sappiano parlare del lavoro e del suo valore”.