Cinema e lavoro nel 1994

Milano, 30.4.2014
  
Cinematograficamente parlando il 1994 vede apparire sullo schermo alcune opere interessanti come l’esordio registico dello  sceneggiatore F. Darabont nel film Le ali della libertà, l’emozionante L’eau froide del francese Olivier Assayas, la metafora sulla società di John Carpenter nel film fantascientifico Il seme della follia o l’ultimo film di Krzysztof Kieslowski Tre colori – Film Rosso.
Tra i film-testamento va anche ricordato lo struggente Il postino, diretto da Michael Radford ma i realtà voluto ed interpretato da Massimo Troisi e l’ultima opera di Louis Malle Vanya sulla 42ª strada.
Gli incassi  invece premiano alcuni film intelligenti come Forrest Gump di Robert Zemeckis od Il mostro del nostro Roberto Benigni, oltre alla produzione disneyana de Il re leone, ma anche un film zeppo di battutacce e nudi come S.P.Q.R. – 2000 e ½ anni fa dei fratelli Vanzina protagonisti dei cinepanettoni.
 
Alcuni buoni film la cinematografia la dedica anche al tema del lavoro globalmente inteso.
 
Iniziamo la nostra carrellata, come di consueto, dagli USA dove il regista  Kevin Smith gira il film Commessi, cronaca di una giornata di Dante, un commesso del minimarket dove passa una moltitudine di personaggi curiosi. Il film, girato con pochi mezzi, è la rivelazione del Sundance Film Festival.
Anchela fantascienza si presta a raccontare l’utopia di una comunità agricola nella foresta nel film di Martin Campbell Fuga da Absolom.
Dall’America poco altro se non un thriller aziendale come Sesso è potere che anticipa lo scandalo sexgate che colpirà il presidente Bill Clinton. Il film è diretto da Barry Levinson.
 
Maggior interesse suscitano invece i film che provengono dalle altre parti del mondo come il russo Asja e la gallina delle uova d’oro di Andrej Koncalovskij che riprende la vita del villaggio già descritto dal regista nel precedenteAsja Kljacina che amò senza sposarsi ma questa volta con tono di fiaba.
La vicenda di una madre proletaria alle prese con i servizi sociali è invece al centro del bel film dell’inglese  Ken Loach Ladybird Ladybird.
Dalla Germania arriva invece September Songs: La musica di Kurt Weill di Larry Weinstein che utilizza le musiche del grande compositore tedesco per ambientarle nel tempo in uno spazio che coincide con quello di una grande fabbrica metallurgica dismessa.
Dalla Francia invece si segnala un film che parla di immigrazione oltre che di lavoro. Si tratta della pellicola del regista del Burkina Faso Idrissa Ouedraogo Il grido del cuore che mette in scena sia un padre del Mali che è diventato proprietario di un’autofficina a Lione che il figlio alle prese con una crisi di identità e l’alienazione che nasce da una cultura diversa innestata nella realtà europea.
 
Veniamo infine nel nostro paese che produce alcuni film significativi a partire dall’opera di Gianni Amelio Lamerica, film sull’emigrazione di grande impatto che mette in scena l’importanza di un falso sogno come quello dell’Italia vista alla televisione da parte degli albanesi. Partendo da una truffa industriale che vede protagonista un italiano il film lo segue mostrando le condizioni di un paese in miseria fino alla costrizione del protagonista ad imbarcarsi su una nave strapiena di emigranti alla ricerca della terra promessa.
Partendo da un racconto di Buzzati invece Mario Brenta mette in scena Barnabo delle montagne, storia di un guardiaboschi che diventa contadino. Un film lento ma profondo che è un omaggio alla natura.
Ancora campagna, ma quella senese descritta da Federigo Tozzi, fa da sfondo alla vicenda di una coppia di giovani contadini alle prese con un padre-padrone nel film di Francesca Archibugi Con gli occhi chiusi.
 
 
 
Un ex sindacalista dell’Ansaldo ed il figlio che non accetta un “lavoro di merda” sono invece i personaggi di Padre e figlio del regista Pasquale Pozzessere, un film che ricorda un bel pezzo di storia del nostro paese e fa memoria delle ristrutturazioni industriali di 20 anni fa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sempre di cassa integrazione si parla anche nell’opera di Paolo Virzì La bella vita, bella analisi, sotto forma di commedia, del malessere sociale della classe operaia che ha perso la propria identità.
Protagonisti dei cassa integrati anche nel film Il toro di Carlo Mazzacurati, metafora del capitalismo vincente.
Film più debole è invece I pavoni per la regia di Luciano Manuzzi, ritratto di ragazzi che non studiano né lavorano cresciuti nella bambagia.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il 1994 nel complesso  si dimostra un anno produttivo per il cinema italiano che si occupa di lavoro, anche a causa dei cambiamenti che interrogano questo mondo.