Cisl Lombardia rilancia il suo impegno nelle “periferie”

Milano, 13.6.2019

“Noi Cisl siamo. Nelle periferie, con i giovani, per il lavoro” è lo slogan della conferenza regionale organizzativa della Cisl Lombardia, oggi riunita al Teatro Pime di Milano. Un appuntamento importante per il sindacato, che vede riuniti 250 dirigenti e delegati delle categorie, territori e servizi della Cisl lombarda, inserito nel percorso che porterà alla conferenza organizzativa nazionale del prossimo luglio a Roma.

Anche in Lombardia la Cisl punta a rilanciare il suo ruolo di sindacato di “prossimità”, in quelle periferie urbane, esistenziali e del lavoro che Papa Francesco ha indicato come le nuove frontiere della fraternità. Un rinnovato impegno che vedrà la Cisl lombarda in prima linea, forte dei suoi oltre 600 operatori dei servizi e delle associazioni, già oggi attivi su tutti i fronti: dalla tutela previdenziale all’assistenza fiscale, dalla difesa dei consumatori all’orientamento al lavoro, dalla formazione professionale alla cooperazione, dall’assistenza ai lavoratori stranieri alla tutela degli inquilini.

La giornata si è aperta con il focus “Umanesimo in periferia”, con testimonianze di chi opera “con e per” gli ultimi.

Giuseppe Guzzetti, per oltre vent’anni presidente della Fondazione Cariplo, ha ricordato l’impegno della Fondazione sul sociale e invitato tutta la Cisl della Lombardia a collaborare e a partecipare nel definire e realizzare i progetti. “Comunità è la parola strategica del futuro – ha detto Guzzetti -. La Fondazione Cariplo non è una realtà in cui progetti e interventi sono calati dall’altro. Partono dal territorio, dai bisogni”. “Tre sono per noi – ha aggiunto – le emergenze decisivi, risolvendo le quali si favorisce lo sviluppo: la povertà, in particolare infantile che a Milano è altissima e ogni giorno col Banco alimentare distribuiamo 10mila pasti ai bambini poveri, la disoccupazione giovanile e neet, lo svantaggio e fragilità sociali. Se non risolviamo queste tre emergenze compiamo una vana rincorsa verso le previsioni di sviluppo accettabile”.

Giacinto Siciliano, direttore del Carcere di S. Vittore, ha sottolineato il valore del lavoro nel costruire percorsi di recupero. “A San Vittore vivono persone con bisogni primari enormi, ma non dobbiamo accontentarci di pensare a come soddisfarli – ha detto -. Dobbiamo alzare l’asticella e guardare oltre, aiutarli ad avere una prospettiva positiva per quando usciranno o dare senso alla loro permanenza a lungo termine. In quest’ottica il lavoro gioca un ruolo importante: all’interno del carcere siamo impegnati a offrire lavoro e formazione di qualità, a livello degli standard esterni, perché una volta fuori sarà meno difficile essere autonomi, a costruirsi un futuro. Il sindacato ci può aiutare molto per costruire in carcere gli stessi criteri di formazione e reclutamento che ci sono all’esterno”. Siciliano ha concluso lanciando un appello: “Dobbiamo lavorare tutti per aumentare la sensibilità del contesto esterno – ha detto – se ogni azienda medio-grande assumesse un detenuto, la recidiva diminuirebbe del 50%”.

Alla periferia territoriali, esistenziali, del lavoro, si aggiunge “la famiglia”, ha sottolineato don Edoardo Algeri, presidente nazionale Felceaf, Confederazione italiana dei consultori familiari di ispirazione cristiana. “Una periferia della nostra società è ancora oggi la famiglia – ha detto –. E’ difficile diventare famiglia oggi, generare figli, a causa della precarietà del lavoro, della difficoltà di conciliare gli ambiti. Occorre impegnarsi tutti per riconnettere le diverse dimensioni”. “Il tasso di natalità italiano è uno dei più bassi d’Europa – ha ricordato – e se non riusciamo a invertire la tendenza tra qualche anno ne pagheremo il prezzo. D’altra parte, per la famiglia le risorse non ci sono mai e la popolazione italiana tre i 20 e i 40 anni, che ha più bisogno di lavoro e di strumenti per conciliare, sta pagando un prezzo molto alto dell’assenza di politiche e investimenti concreti dedicati alla famiglia”.

Dalle periferie esistenziali, si può uscire grazie all’accoglienza e all’integrazione. Lo ha raccontato Maurice Sawadogo, responsabile del Centro accoglienza richiedenti asilo di Como, ha portato testimonianza del proprio lavoro per l’integrazione, partendo dalla sua esperienza personale. “Quando sono arrivato dall’Africa non pensavo di venire in Italia, sono partito a caso – racconta -. Ovviamente non conoscevo nessuno, ma sono stato inserito in un percorso di accoglienza ed ho imparato che accogliere e integrare sono due parole che devono stare insieme. E che l’ascolto dell’altro è fondamentale per poter conoscere la persona e aiutarla”. “La religione, la cultura, non c’entra – ha detto – . C’entra l’umanesimo: accogliere la persona, farla partecipare alle attività del Paese, renderla attiva nel territorio. Oggi la sofferenza della lontananza dal mio paese è compensata dalla gioia di poter aiutare le persone e di collaborare con molte associazioni. Ognuno può fare qualcosa per l’accoglienza e l’integrazione ed è molto importante il ruolo del sindacato, del patronato, dell’Anolf Cisl nel dare dignità al lavoro”.